Bulletproof heart.

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  • Dedicata a tu-sai-chi
                                    

Una volta tornati alla base, non fu facile fare il resoconto agli altri di ciò che avevano visto.

Fun Ghoul non riusciva a parlare, teneva la testa bassa e tremava vistosamente. Un sottile velo di sudore freddo gli imperlava la pelle chiara, e più volte aveva sentito dal fondo della gola un'irresistibile voglia di urlare. Si limitava a fissare Poison che parlava piano, anche lui pallido e provato.

Ad ascoltare c'erano tutti, compreso Dr. Death che, per la prima volta da quando Ghoul l'aveva conosciuto, sembrava preoccupato.

«Questo è quanto» concluse Poison, passandosi nervosamente una mano nei capelli rosso fuoco.

Seguì un silenzio pesante, scandito soltanto dai loro respiri tesi. Un avvenimento del genere era piuttosto raro anche per loro che svolgevano quell'attività da tempo.

«Korse che rapisce una bambina. Ridicolo.» Dr. Death scoppiò in una risata amara, secondo Poison totalmente fuori luogo.

«A giudicare dai fatti, una bambina che Korse voleva a tutti i costi» osservò Kobra Kid, il fratello di Poison.

«Finiamola qui. Non ha senso continuare a discutere su qualcosa di cui non sappiamo assolutamente niente. Domani ne riparleremo. Avete bisogno di riposo» Dr. Death si rivolse a Poison e a Ghoul, che annuirono con scarsa convinzione.

Si era fatto davvero tardi, avevano parlato per tutto il giorno e quasi nessuno di loro aveva toccato cibo. La gravità della situazione era tutt'altro che passabile.

Si alzarono lentamente e si diressero in corridoio, andando ognuno nei propri alloggi.

Fun Ghoul entrò nella sua piccola camera già con le lacrime agli occhi. Era stata una giornata estenuante, la peggiore in tutta la sua vita, e come se non bastasse aveva costantemente voglia di vomitare. Si lavò in fretta, si gettò sul letto ancora sfatto e affondò la testa nel cuscino piangendo sommessamente.

Un malessere interiore aveva divorato una parte della sua anima, fino a poco tempo prima ancora allegra e spensierata.

La cruda realtà di una vita da ribelle gli era apparsa davanti agli occhi quella stessa mattina, spazzando via definitivamente ogni traccia di speranza.

Si addormentò, o almeno finse di farlo, pensando con angoscia a quel maledetto luogo che andava in fiamme.

Poison, invece, una volta chiusa la porta alle spalle, si spogliò e si infilò sotto una gelida doccia. I killjoys non potevano avere acqua calda, le caldaie erano fuori uso in quel luogo ed era già un miracolo riuscire ad avere acqua corrente.

Lasciò che il freddo gli penetrasse nei muscoli fino a perdere sensibilità. Si sentiva davvero stanco, mai come prima; tutta quella storia doveva ancora concludersi e già lo aveva stremato.

L'odore di bruciato non andava via, e dovette strofinarsi la pelle a lungo per riuscire ad attutirlo almeno un po'. Sentiva una forte nausea attanagliargli la gola.

Uscì e si asciugò, godendo della sensazione di gelo che lo scosse da capo a piedi. Il bagno era attiguo alla stanza, così raggiunse il letto e indossò solo la biancheria. Lo sguardo gli cadde sulla giacca blu gettata a terra, spiegazzata e sporca ancora di sangue rappreso.

Rabbrividì e si stese sul letto, fissando vacuo il soffitto ammuffito e crepato. Lentamente chiuse gli occhi, tormentato dal volto implorante e sofferente di quell'uomo.

Fun Ghoul si svegliò di soprassalto, ansimando con affanno. La prima cosa che percepì fu una pioggia battente sfrigolare contro il tetto, producendo un'eco inquietante. Poi affiorarono i ricordi di un orribile incubo che aveva appena visitato i suoi sogni. Stessi corpi bruciati, stessi arti strappati, stesso panorama desolante.

Giorni pericolosi: i favolosi killjoys.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora