Planetary (Go!).

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Piccole, tonde gocce cristalline andavano a colpirgli con leggerezza il viso, scorrendo perpendicolarmente lungo la fronte, poi le guance ed infine il collo.

Una doccia gelida era tutto quello di cui Poison aveva bisogno in quel preciso momento.

Gli allenamenti con Ghoul si erano intensificati, e in un giro di due settimane l'addestramento si era fatto davvero estenuante e a ritmi serrati.

Ma Poison sapeva che di tempo non ce n'era molto; era come se avvertisse un presagio incombente, un presagio di morte.

Ma con le previsioni non era molto pratico, così si limitava ad accettare le cose così come il destino voleva che si compissero.

Portò le mani al collo e strofinò piano, socchiudendo gli occhi per rilassarsi.

Le gocce andavano così ad impigliarsi nelle lunghe ciglia del killjoy per poi cadere pesantemente verso il basso.

Prima o poi dovrò morire, pensò senza alcun tipo di angoscia o preoccupazione; solo rassegnazione. Che ne sarà del mondo?

Non lo sapeva, e dopotutto non voleva nemmeno saperlo.
Non lo riguardava, punto.

Chiuse l'acqua e rimase in piedi, i pugni serrati, ad ascoltare il sottilissimo rumore dell'acqua residua che gli scivolava addosso sottoforma di tante minuscole gocce.

Sospirò e uscì dalla doccia, afferrando un telo di lino grezzo dal lavandino e cominciando a strofinarsi i capelli rossi.

Molta tintura venne via, ma era normale.

Ormai non sapeva neanche più di che colore fossero i suoi capelli. Neri? Castani? Biondi? Non ne aveva la minima idea.

Si strinse il telo contro la vita e lo attaccò a un fianco, crollando seduto ai piedi del letto e affondando la testa fra le mani.

Tutto a un tratto voleva ricominciare a vivere.

Però non sapeva da dove iniziare.

Non sapeva come.

E soprattutto non sapeva perché.

*

Ghoul era del tutto stremato, quella sera.

Le ossa erano a pezzi, i muscoli pure, la testa gli pulsava in un modo assurdo e aveva le nocche di entrambe le mani sanguinanti.

Non badò nemmeno a lavarsi come si deve.

Si vestì con abiti vecchi e logori, indossando sempre la giacca da killjoy, e non aspettò altro per recarsi da Poison.

Ultimamente voleva passare con lui più tempo possibile.

Gli sembrava strano, ma quell'uomo sapeva affascinarlo in un modo particolare.

Anche se il killjoy si mostrava freddo e distaccato nei confronti del ragazzo, quest'ultimo non faceva altro che pendere dalle sue labbra.

Quella sera quasi tutta la base era stata convogliata in una spedizione di emergenza in Costa Rica.

Poison era rimasto a presidiare la base in California, accompagnato naturalmente da Ghoul.

Al ragazzo ci volle meno di un minuto per raggiungere la porta della stanza di Poison e bussare con moderazione.

Si udì uno stentato "avanti" accompagnato da alcuni tonfi e movimenti rapidi.

Quando Ghoul aprì, trovò l'altro intento a raccattare alcuna robaccia dal pavimento polveroso.

«Sei pallido» constatò Poison alzando lo sguardo da ciò che stava facendo e osservandolo meglio.

Giorni pericolosi: i favolosi killjoys.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora