3. I Potter

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Piton portò una mano nella tasca dei pantaloni, con la speranza di prendere la bacchetta, ma non la trovò. Si domandò dove potesse essere. Nella sua veste alla rimessa delle barche? Non gli era molto utile lì, così lontana. Scese le scale, sulle spine, gli occhi puntati verso la porta d'ingresso. Aveva un brutto presentimento. E quando vide Lily avvicinarsi alla porta, per un momento la rivide morta davanti a sé.

«Aspetta!» esclamò, affrettandosi a scendere le scale, ma ormai la donna daicapelli rossi aveva spalancato la porta. Piton ebbe paura per i bambini e Lily, e impiegò qualche secondo a metabolizzare ciò che si trovò davanti.

«Ciao mamma.» salutò Harry Potter, sorridendo alla vista di Lily.

«Oh, Harry!» esclamò lei, abbracciandolo. Indossava ancora il grembiule bianco sul vestito a fiori, ma era sempre stupenda. «Sei cresciuto così tanto dall'ultima volta che ti ho visto! Dov'è tuo padre?»

«Si smaterializzerà qui tra un po'.» disse Harry, ricambiando l'abbraccio e provando ad arruffarle i capelli.

«E...»

«Abbiamo preso il Nottetempo.» spiegò Harry, entrando e sfilandosi la sciarpa Grifondoro che portava al collo. «Volevo Smateriallizzarmi, ma ho pensato che non fosse il caso di lasciare Horace indietro.»

«Perché poi mi sarei arrabbiata con te?» domandò Lily, osservando il figlio maggiore.

«O perché io mi sarei arrabbiato con te?» borbottò un ragazzo alto, dai capelli rossi, entrando in casa. Per un attimo Piton pensò di trovarsi di fronte Ronald Weasley, ma quando il ragazzo incrociò il suo sguardo, capì di essersi sbagliato. Il nuovo arrivato aveva gli stessi occhi verdi di Lily, come i capelli rossi, ma i tratti del viso gli ricordarono James Potter.

«Ti ho offerto un passaggio.» gli fece notare Harry, calmo, appendendo il giubbotto mentre la madre chiudeva la porta scuotendo la testa.

«Lo sai che non mi piace Smaterializzarmi!» esclamò il ragazzo, abbracciando Lily.

«Be', siamo in due, Horace.» sbuffò Harry, e il suo sguardo si posò su di lui. «Ehm...professor Piton, salve.» aggiunse, imbarazzato.

Piton non replicò. Harry era proprio come se lo ricordava, con i capelli sempre arruffati e gli occhi di sua madre nascosti dagli spessio cchiali rotondi. Ma quando il giovane si portò indietro i capelli ribelli, mostrò una fronte liscia, priva di cicatrice a forma di saetta.

«Potter.» salutò Piton, rigido. Prima di morire, aveva visto gli occhi di Lily, ma sul volto di Harry Potter. Lui per caso lo ricordava?

Ma com'era possibile? Quella non era la stessa vita che aveva lasciato. Era una strana forma di paradiso, inferno o purgatorio, o qualsiasi altra cosa esistesse dopo la morte. Era morto, ne era certo, aveva provato un dolore inimmaginabile. Ed Harry Potter davanti a sé, con i genitori vivi, senza cicatrice sulla fronte, ne era la prova.

«Non siate così rigidi.» disse Lily, osservandoli. «Non siete a scuola.»

«Per me sarà sempre il professor Piton, mamma.» sbuffò Harry.

«Per me no.» sorrise Horace, guardandoli. «Ciao, Sev.»

Senza volerlo, Piton lo fulminò con lo sguardo. Horace avvampò e allungò le braccia in direzione del piccolo Alan.

«Posso, professore..?» borbottò, suscitando una risata da parte della madre. Piton fu tentato di scuotere la testa, ma ormai Alan allungava le mani in direzione del fratello, felice di vederlo.

Non c'erano dubbi che Horace fosse figlio di Lily e James, proprio come Harry. Entrambi avevano preso molto dal padre, sebbene i lineamenti di Harry erano dolci come quelli di Lily e Horace avesse preso i suoi colori. Harry doveva avere diciassette anni e Horace, forse, quattordici.

La vita alternativa di Severus PitonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora