3 - L'incoscienza dell'essere

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Spazzatura, roba vecchia, buttata via perchè inutile. Questo è ciò che ero.

In che modo avrei potuto rimediare al mio insuccesso, quando a deciderlo non ero stata io? Avevo un solo scopo nella vita e ho fallito. Rumori di rotto e malfunzionante mi passavano per tutto il corpo. Non avrei neanche saputo dire chi ero. Non avevo un nome, le persone non danno nomi alle cose che usano, a quelle che buttano.
Chi ero? Un maghetto che viene ammesso in una scuola di magia che gli cambierà la vita? Una principessa dai capelli magici e infiniti, sottratta alla propria famiglia alla nascita? Un detective infallibile e sociopatico? Un robottino su una Terra distopica e desolata? Un dittatore dai baffi improbabili con il sogno di un grande impero? Una ragazza francese dissociata che decide di aiutare gli altri in incognito?
Non avrei saputo dire se ero più chi trasmettevo o chi riflettevo. Famiglie unite su un divano, anziani soli che si addormentano sulle poltrone perchè non hanno nessuno che li accompagni a letto per rimboccargli le coperte, gruppi di amici che occupano qualunque oggetto che possa fungere da sedile ed esultano quando la palla finisce nella rete, bambini con gli occhi pieni di sogni.
Chi sono? Io, loro, chi siamo? Il corpo cubico e la faccia nera e impassibile, controllata da un pezzo altrettanto plastico e nero, lungo pochi centimetri.
Faccio tutto ciò che mi dice di fare, lui fa tutto ciò che gli viene imposto di fare.

Se mi dicesse buttati al fiume, io lo farei, come una misera marionetta alza le braccia quando i sui fili vengono tirati. E infatti l'ho fatto. Ho alzato le braccia, mi sono buttata al fiume. Ed è così che mi sono trovata qui, alla deriva, in questa palude viscida e soffocante.

L'acqua lurida non permetteva neanche di scorgere il fondo, che per quel che ne sapevo poteva essere alto metri e metri o pochi centimetri.
Gli alberi scuri si ergevano come tetri lampioni su isole deserte e i fiori bianchi sembravano essere lì come su delle lapidi, a proteggere i morti.

Il cielo quasi violaceo portava a pensare al crepuscolo romantico osservato da una coppia di innamorati o all'alba della vigilia di un'apocalisse su un pianeta radioattivo.
Tutto era doppio, speculare, come un doppio mondo. Uno vero, e uno sommerso nell'acqua, dove le fronde degli alberi si trovavano sul fondo. Peccato che in entrambi ero un rifiuto smarrito.
Le radici dell'albero più grande salivano dall'acqua come avidi serpenti prima di incontrarsi con il tronco striato di nero. C'era qualcosa di blu sul tronco. Come un grosso cuscino peloso. Mi piacevano i cuscini, i bambini se li abbracciavano sempre quando la mia faccia sfigurava in qualche scena spaventosa. Ma quel cuscino... si muoveva. E aveva degli occhiali scuri e quattro braccia. Ora che lo vedevo meglio non avrei saputo dire se assomigliasse di più al cuscino o al bambino che stringeva il cuscino.

Quando le immagini che trasmettevo si bloccavano, ogni tanto qualcuno mi dava qualche colpetto sulla testa per farmi funzionare. Per questo gradii, in nostalgia dei vecchi tempi, quando un altro bambino-cuscino mi colpì ripetutamente con un bastone.
Emisi qualche strano ronzio.
《Chi... che cos'è?》chiese il primo essere blu.
I miei ronzii si fecero più lunghi, come un pianto dirotto. Quella domanda. Chi ero? Che ero? Una scatola di plastica o gli occhi sognanti dei bambini?
Il bambino-cuscino che mi stava colpendo col bastone interruppe il mio flusso di coscienza sollevandomi dall'acqua con le sue enormi mani primitive. Un'alga color castagna era rimasta attaccata al mio cavo. L'essere la rimosse, con premura. I miei ronzii si fecero intermittenti. Premura. Cura. Amore. Ciò che nessuno mi aveva mai dato. D'un tratto il mio schermo riprese a funzionare, illuminandosi in modo ruffiano proprio mentre l'animale mi osservava. Sorrise e mi sentii gratificata come mai prima di allora. Mi sentii importante.
《È una televisione》 rispose finalmente il bambino-cuscino. Poi mi strinse con un braccio preparandosi a una corsa attraverso quella foresta incantata.
《Portiamola a casa》disse.
Casa. Avrei avuto una nuova casa. Ora che funzionavo, mi avrebbero voluto bene. Veramente, non come tutti gli altri. Non mi avrebbero buttato via. Mi avrebbero voluto bene. Davvero.

*717 parole*
Per il concorso Tela Bianca.
sailor-viv
l-lovely-
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-crushcvlture

𝚁𝚊𝚌𝚌𝚘𝚕𝚝𝚊 𝚍𝚒 Oᑎᗴ-ՏᕼOTՏDove le storie prendono vita. Scoprilo ora