Un Incontro Ravvicinato

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ELLIE:

Era calato il buio in città, le strade erano illuminate dai lampioni e dalle luce colorate delle insegne dei negozi. Dal finestrino dell'autobus sembrava tutto così vivo. Il freddo di quella sera era spezzato dal calore della gente, quel sabato stava regalando gioia a molte persone, ai ragazzi in comitiva che scherzavano e ridevano fra di loro, alle coppie di anziani che passeggiavano lungo i marciapiedi mano nella mano, ai bambini che si fermavano davanti alle vetrine dei negozi di giocattoli implorando i genitori a portarsene a casa qualcuno. I locali che avevano a palla la musica, le risate, il rumore delle auto rendevano ancora più movimentata la città. Tutto quella felicità era filtrata dal vetro che mi separava da tutto quello. Quella realtà mi piaceva, mi rilassava. L'autobus era quasi vuoto, io ero raggomitolata sul mio sedile a causa del freddo, l'aria era gelata. Ero molto stanca, avevo bisogno di andare a casa, di prepararmi una buona cioccolata calda e mettermi sotto le coperte.

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ECO:

Era buio, avevo molta paura dell'oscurità, ogni volta suscitava in me una strana sensazione.

Camminai lungo la strada fino ad arrivare alla sua casa, che era un po' distante dalle altre.

Vidi in lontananza il cancello, feci una corsetta per arrivarci il prima possibile. Suonai al citofono e sentii la sua voce.

«Chi è?» mi domandò.

«Eco» risposi.

«Ti apro subito» mi rispose, subito dopo sentii il suono che aprii il cancello.

Mi spostai e spinsi il cancello per aprirlo, entrai e lo chiusi alle mie spalle.

Andai verso il portone d'ingresso ed entrai nel condominio, salii gli scalini e lo vidi sull'uscio di casa.

«Ei, accomodati» mi disse prima di baciarmi.

Quel bacio lento e delicato era diverso di quando scopavamo, che era invece più selvaggio ed avventato.

«Grazie» gli dissi a bassa voce, lo guardai e lui guardò me, amavo quello sguardo.

Poi si spostò lentamente per poi entrare.

Salutai suo fratello Alessandro, che stava sul divano, ed insieme andammo in camera.

Mi fece accomodare sul letto, poi lui dopo aver chiuso la porta mi raggiunse.

«Allora, di che volevi parlare?» mi chiese sistemandosi il ciuffo. Cazzo, quanto era bello quando lo faceva.

«Di noi, di cosa siamo» gli dissi, lui mi guardò con uno sguardo interrogativo e confuso sul volto.

«Cosa intendi Eco? Non capisco, spiegati meglio.» mi invitò ad essere più chiara, anche se lo ero già stata.

«Tra noi due non va qualcosa, Matteo» gli iniziai a dire.

«Mi stai lasciando?» mi chiese arrivando al punto, mi guardò con aria triste.

«Non credo che siamo mai stati insieme» cazzo quanto sono stronza, stavo iniziando a provare qualcosa di forte per lui, ma so che non era lo stesso dalla sua parte. Crede di essere interessato a me, ma io gli piaccio solo fisicamente e prova solo affetto nei miei confronti. Credo che lui confonda l'amare una persona con il volerle bene.

«Non so cosa dire» mi disse cercando nei miei occhi una spiegazione più dettagliata a tutto ciò.

Anche io lo stavo guardando, sentivo che i miei occhi si stavano riempiendo di lacrime, lui però spostò lo sguardo in basso.

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