Prologo

34 5 0
                                        

la sveglia delle 06:00 a.m. rimbombava nella mia camera, facendomi così, svegliare. Ancora del tutto assonnato e intontito, sfregavo i miei occhi, stropicciandoli del tutto. Passarono dei minuti e decisi di alzarmi, anche perché se non mi fossi sbrigato, avrei fatto tardi alle prime lezioni scolastiche. A dire il vero, avrei preferito starmene a casa, piuttosto che sopportare un'altra giornata con Ryan, il ragazzo per cui tutti perderebbero la stabilità mentale e in quei tutti, vi ero anche io. Avrei fatto qualsiasi cosa per lui, eppure, continuavo a starne alla larga. Dopo lunghi pensieri, mi alzai, giungendo così ai piedi del letto, dove mi chinai, per aprire il comò e prendere l'intimo, accompagnato dai calzini. Avanzai poi verso l'armadio e lì, le mie mani andarono a posarsi, dopo aver aperto una delle ante, su un maglione nero e un pantalone del medesimo colore. Vedendo l'orario mi affrettai a raggiungere il bagno, per fare una doccia rinsanente. In quel frangente passarono circa dieci minuti, così, indossai le mie vesti e calzai delle converse chiare, abbinate al mio colore di capelli, quasi color ghiaccio, a causa delle troppe tinte. Finalmente, dopo essere sceso al piano di sotto, presi lo zaino e potei avviarmi all'edificio scolastico. Passò circa una mezz'ora, quando sentii qualcuno spingermi verso il cancello del college. Erano i soliti: Ryan con il suo gruppetto.

«ehi faccia di merda, attento.»

esclamò uno di loro, mentre gli altri dedicarono una sonora risata. Io mi alzai e come mio solito, preferii non esordire, ma bensì, concordai con me stesso di restare in silenzio. Sistemai il maglione sgualcito, quando vidi Ryan osservarmi. I suoi occhi color ambra continuavano a mandarmi in estasi, abbinati a quei capelli color pece, che tanto gli donavano. Poteva sembrare etereo, se non fosse stato per il suo carattere di merda, eppure, era proprio questo a mandare fuori di testa tutti, mentre io, ero affascinato dal suo modo di fare, non in presenza dei suoi subdoli amici.

Io e Ryan frequentavamo lo stesso club: il nuoto e proprio in quella fascia oraria, vi era una lezione della disciplina nominata. Nonostante fosse ancora del tutto fuori orario, io mi incamminai, come mio solito fare, da solo, verso la piscina, posta nel retro dell'edificio. Vi era infatti prima un lungo giardino, ornato di fantastichi fiori, i quali, arredavano perfettamente l'isolato. Una volta giunto all'entrata, mi spogliai e sistemai i miei vestiti all'interno dell'armadietto, dove presi il costume. Dopo averlo indossato, finalmente biascicai ai piedi della piscina. Amavo essere lì, perché non vi era nessuno a interrompere il mio lesto contatto con l'acqua, una materia che amo, o almeno, pensavo non vi fossero persone oltre me. Lasciai che i miei piedi oscillassero nella limpida acqua, mentre i miei pensieri erano sempre fissi sulla stessa persona.

«disturbo?»

chiese qualcuno. Una voce familiare, ed era proprio Ryan. Non sapevo se provare timore verso lui o semplicemente pensare a cosa volesse da me in quel momento. Il nostro rapporto non era uno dei migliori, anche perché sapeva cosa io provassi per lui e da quel giorno, divenne la spina nel mio fianco.

«no Ryan, stavo andando via, figurati.»

bisbigliai, con voce afflitta e così, mi misi in piedi, avanzando negli spogliatoi, ancora una volta, ma fui fermato.

«sei così cotto di me da voler scappare anche dopo una semplice domanda?»

disse, sogghignando, ed io, cercai di mantenere la calma, anche se sentivo gli occhi pizzicare. Ciò nonostante, mi voltai verso lui. Voleva punzecchiarmi? Vi ci era riuscito.

«innanzitutto, è stato un errore dirti ciò che provo, ma ero ubriaco. Preferivo mille volte trafiggermi la pelle piuttosto che confessare ciò che provo ad un essere cattivo come te!»

esclamai, serrando gli arti in un pugno. L'altro, però, con aria tranquilla, continuava ad avvicinarsi, ed io ad indietreggiare, fino a quando, il muro giunse ad ostacolarmi. Ero ormai bloccato tra il suo corpo caldo e la parete fredda.

«se ti proponessi una cosa?»

mi chiese, poco distante dalle mie labbra e spontaneamente, inarcai il capo verso la sua sinistra, non capendo quale fosse il suo stratagemma.

«c...c-che?»

continuai, deglutendo più volte.

«diventa il mio compagno di stanza»

La sua proposta mi fece rimanere del tutto instabile. Non capivo perché proprio io e neanche capivo cosa ci fosse dietro tutto quello.

«così... all'improvviso?»

e lui annuì.

«vieni a vivere con me e la tua vita cambierà del tutto, in modo positivo.»

continuò, quando poi la sua mano, andava a carezzare la mia gote, ormai del tutto arrossata e come un'idiota, a mia volta, annuii.

«Leo, ti aspetto da me dopo la lezione di nuoto, salta le altre. Odio le persone che vengono in ritardo, quindi sii puntuale.»

Ed io, continuai ad accennare dei "si", come un emerito stupido. Volevo dirgli che non ricordavo dove abitasse, ma avrei mentito a me stesso. Volevo ricordargli di quanto fosse stronzo, ma avrei comunque mentito a me stesso, anzi, ancora una volta, stetti nuovamente in silenzio.

Quei pensieri, continuavano a far vagare la mia mente, ed ecco che il suono della campanella mi fece ritornare in me, poiché ebbe inizio la lezione di nuoto, ed io sperai che non giungesse mai la fine di quell'ora.

hai paura dell'amore?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora