Hai paura dell'amore?

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L'ora era giunta al termine, ed io vagai verso gli spogliatoi, ricordando le parole di Ryan. Mi affrettai a rivestirmi e nonostante fossi ancora non del tutto asciutto, mi avviai verso il maestoso giardino, ornato da quei fiori colorati, che tanto amavo. Lì notai una figura, seduta penzolante su un motociclo, intento nell'osservare i miei passi.

«allora, ti muovi?»
urlò, schiarendo la voce. Si, era Ryan.
«pensavo dovessi venire io da te...»

bisbigliai, con un tremolio in gola sempre più vacillante. L'altro continuava a guardarmi in silenzio, in attesa che io salissi sul mezzo di trasporto con lui. Al che, pensai che fosse uno dei suoi altri scherzi, eppure, qualcosa mi spingeva a seguire i suoi passi e così fu. Salii sul mezzo e il rombo di accensione della moto del ragazzo ruppe la quiete del quartiere scolastico. Dopo aver sistemato il casco e dopo essermi sistemato anche io, egli sfrecciò via per raggiungere la sua destinazione. Io avevo una certa passione per le moto e seppi riconoscere che era una Kawasaki Ninja 1000 a carburatore, con i suoi famosi terminali di scarico Akrapovic. Una moto appartenente ad un'epoca abbastanza remota, ed ero fiero ed onorato di poter stare in sella su quel prezioso gioiello. Ormai giunti a destinazione, scesi dalla moto, proprio come fece il giovane dinanzi a me. Il vento autunnale riempiva il silenzio mattutino che c'era nei dintorni dell'appartamento del ragazzo, e le foglie variopinte degli alberi lungo la strada volteggiavano come farfalle nell'aria. Non ricordavo fosse così bello quel quartiere, ma al momento i miei pensieri girovagavano in cerca di risposte.
«posso sapere perché vuoi che io sia il tuo compagno di stanza?»
gli chiesi, quando ci incamminammo entrambi verso la casa del ragazzo dai capelli pece, ma nonostante la mia domanda, continuava ad esservi un silenzio assordante. Giungemmo in casa e pareva davvero accogliente. Ben illuminata, con le tante finestre che ornavano l'ampio salone che sembrava essere vintage.
«accomodati.»
reclamò, ed io mi misi a sedere su una delle due poltrone, le quali si trovavano ai lati di un piccolo tavolo, proprio come fece l'altro.
«allora?»
ripetei, giocherellando con le mie dita, in cerca di non torturare il mio labbro inferiore.
«Hai paura dell'amore, Leo?»
mi chiese, ed io rimasi stupito da quella sua domanda. Non sapevo bene cosa rispondere. Si? No...? O un forse? In fondo l'amore farebbe paura a chiunque, o sbaglio?
«non ho paura dell'amore, ma sono deluso da questo sentimento.»
ammisi, più che a lui, a me stesso. Ed era proprio così. Ricordo ancora il momento in cui mi dichiarai a Ryan. Sapevo quanto fosse sbagliato amarlo, eppure continuavo a farlo. Sapevo quanto mi trafiggesse il cuore ad ogni sua orrenda parola, ma ciò nonostante, continuavo a provare qualcosa per lui, perché la verità è che non avrei mai respinto Ryan.
«e rischieresti per amore?»
continuò, bloccando i miei pensieri che andavano ad arretrarsi. Avvampai in viso, poiché notai il giovane fissarmi e ancora una volta, non avevo una vera e propria risposta a quella domanda. Non so se avessi mai potuto rischiare per amore, ma per lui si, avrei rischiato.
«si...»
bisbigliai, e una sua mano si allungava sotto il mio mento. Il mio viso fu lentamente alzato verso il suo e i miei occhi si incanalarono nei suoi, così glaciali da farmi rabbrividire. Non riuscii ad essere lucido in quel momento e iniziavo a maledire me stesso mentalmente. I nostri visi giunsero ad un palmo l'uno dall'atro, ed io socchiusi gli occhi spontaneamente.
«rischia la tua vita per me, allora.»
aggiunse, con un tono di voce diverso dalle altre volte. Riaprii gli occhi, ed il suo sguardo parve dominante, più di quanto già lo fosse.
«cosa...?»
deglutii e mi si accapponò la pelle, per quanto il suo sguardo fosse freddo, apatico ed insensibile.
«farai tutto ciò che ti dico, ed io ti donerò il mio amore.»
farfugliava, ed io ribattei.
«dovrei essere il tuo schiavo?»
gli domandai, alquanto imbarazzato.
«oh no, che brutta parola, "schiavo"»
recitò, imitando una tonalità aulica alquanto irritante - «sarai il mio giocattolo sessuale.» , aggiunse, solo pochi attimi dopo. Credo che, se fosse stato qualcun altro non avrei esitato a donargli un ceffone, eppure, credevo fosse la cosa giusta da fare per guadagnarmi il suo amore. Ero innamorato e come un po' tutti, avrei fatto qualsiasi cosa pur di ricevere attenzioni da lui.
«accetto.»
dichiarai, senza esitare. Il suo sguardo si illuminò del tutto, ed un piccolo ghigno andava a formarsi sul suo viso, mentre io, pensavo solo ad essere amato. Probabilmente Ryan non si sarebbe mai aspettato un "si" da parte mia, o almeno, in quel momento, senza neanche pensare alle possibili conseguenze.
«saresti davvero capace di fare qualsiasi cosa?»
mi ripeteva, ed io imperterrito, continuai ad annuire.
«essere amato da te...è l'unica cosa che desidero al momento»
esclamai, quando il ragazzo, alzandosi dalla poltrona, si avvicinò maggiormente al mio corpo minuto, ancora inerme su quel sofà.
«ehm... capisco, piccolo.»
pronunciò. Ed in quel momento, udii un fremito, il quale fuoriusciva dalle mie labbra, in modo del tutto spontaneo. Aveva appena lacerato il mio cuore, che inconsapevolmente, ardeva solo per quel nomignolo inaspettato: "piccolo". In quel preciso instante, non riuscivo a controllare me stesso. Avvampai tanto in viso e le mie gote divennero così rosacee, che nonostante non potessi specchiarmi, immaginai il mio sguardo fiammeggiante dinanzi al suo, che invece, in modo differente, pareva essere folgorante.
«p...p-piccolo?»
chiesi, in modo retorico. Io cercavo di rannicchiarmi in me stesso, su quella poltrona, ma invano, in quanto il moro, si abbassò a livello della mia altezza da seduto e, continuava ad avvicinarsi, fino a quando, non si ritrovò ad un palmo di distanza dal mio volto. Ero in pieno panico. Non pensavo realmente che lui fosse preso da quella situazione. Immaginavo che provasse odio verso la mia persona, eppure, in quell'istante, nonostante tutto, ero io ad essere lì con lui e nessun altro. Quei miei pensieri sfumarono, quando i boccioli rosacei e carnosi di Ryan andarono a pararsi sulle mie soffici labbra, le quali, erano ancora vergini. Si, non avevo mai baciato qualcuno prima di quella situazione. Aspettavo solo lui e forse avrei continuato ad attenderlo. Quel bacio per me racchiudeva tutte le emozioni che rilasciano tutti quando sono innamorati: a partire dall'agitazione e terminando con l'eccitazione. E per quanto fossi inesperto, istintivamente, andai a schiudere le labbra, dal momento che sentii la sua lingua battere sull'estremità inferiore della bocca. Quell'atto compiuto dal fanciullo, mi fece rabbrividire e altre emozioni si palesavano sulla mia pelle. La sua lingua padroneggiava nella mia apertura, ed io in modo maldestro, inseguivo quel muscolo caldo, cosicché, le due punte, potessero intrecciarsi. Quel bacio, da parte mia, fu desiderato, completamente. Non avrei mai smesso di donargli affetto, ma ancora, quelle concezioni, vennero meno in seguito alle sue parole.
«ciò significa che sei mio.»
Sussurrava, con un sorrisetto malizioso sul volto. Scrutò poi con dedizione il mio corpo, per poi leccarsi le labbra, ma io non badavo a ciò, piuttosto... io ero s...suo? Rimasi di stucco. Sentivo le labbra gonfie, nonostante fosse stato un bacio poco duraturo, e d'impulso, andai a tastare le medesime, provocando così, una risatina da parte del più grande.
«sei mio, Leo?»
mi domandava, anche se sembrava fosse convinto della mia risposta. Ryan era letteralmente un subdolo stronzo, ma ciò nonostante, in quel momento...ero felice.
«si...sono tuo.»
esclamai e il giovane mi tese la mano. Non cosciente, feci lo stesso, così, mi attirò a se. Mi ritrovai in piedi, tra le sue braccia e mentre una sua mano cingeva il mio fianco, io assaporavo il suo profumo che, all'apparenza, sembrava vaniglia. I nostri sguardi erano nuovamente ad una distanza ristretta, ed io, ogni qualvolta, perdevo il controllo di me stesso.
«che carini»
Disse, facendomi credere che fosse tutto così dolce. Il suo modo di carezzare il mio fianco, il suo sorriso ammiccante, la sua voce cauta e angelica. Tutto di lui figurava la dolcezza, ma non immaginavo sarebbe durato poco. Non ebbi neanche il tempo di immagazzinare nella mia psiche quel momento, che subito ebbe un cambiamento.
«ma adesso spogliati, Leo.»
annunciava, portandomi a realizzare quanti cambiamenti potesse avere in pochi minuti. Sgranai gli occhi, incredulo, e Ryan, si spostò. Egli si mise a sedere sulla poltrona, scostando anche il piccolo tavolo che era d'intralcio. Io ero di fronte a lui, mi tremavano le mani e l'ansia mi pervase, così, feci un lungo sospiro e misi una mano sulla mia giacca scolastica. In quel frangente pensai: Ryan voleva fossi il suo giocattolo? Lo sarei stato, ma in qualche modo, lo avrei fatto innamorare di me. Mille pensieri vacillavano nel mio animo, ma iniziai a sbottonare la giacca e lasciai che essa cadesse sul pavimento. Il giovane sembrava bearsi nel notare con quanta fermezza seguissi i suoi ordini. Inizialmente, a dire il vero, mi sentii già stimolato da lui, al che, con fare del tutto imbarazzato, poggiai il tallone verso il membro, coperto dal tessuto dei pantaloni. Egli sogghignò silenziosamente, ed io persi il controllo della situazione, nuovamente. I suoi occhi glaciali e di un colore fin troppo raro, bloccarono del tutto il mio corpo e sussultai quando mosse il bacino, per provocarmi.
«Penso che, sia un onore per te, essere qui, con me.»
parlò poi, non interrompendo il contatto visivo. Però, improvvisamente, scostò il mio piede e si alzò, giungendo da me a passi lenti, per azzerare quasi del tutto le distanze e restando così ad un palmo di mano dal mio viso. Io, del tutto spontaneo, morsicchiai il mio stesso labbro, quasi torturandolo. Osservai quegli occhi che parvero saper dire tutto e il metallo posto sul sopracciglio, colpì la mia persona, come d'altronde, i due labret posizionati sul labbro sinistro. Labbra che richiamavano il bisogno e il desiderio di sesso.
«O sei tu a desiderare me?»
risposi alla sua provocazione, ma non ebbi risposta, bensì, le sue dita slanciate, si posarono sul mio collo e ancora, il maggiore si avventò sul mio collo, propenso nel macchiare il medesimo. Io mi sentii morire. Delle morse allo stomaco si fecero presenti. La mia pelle ardeva al contatto con il corvino e, alzai il capo, prontamente, senza neppur pensarci, ma quanto era ridicolo? Io avrei dovuto odiare Ryan, eppure provavo così tanta attrazione, da non poter fare a meno di quel contatto.
«E...e-...ehm»
mugugnai, senza vergognarmi di tali ansiti. Allacciai poi le gambe verso il bacino dell'altro, ma così facendo, il moro, ricadde sulla poltrona, ed io mi ritrovai a cavalcioni su di lui. Le dita flebili del giovane, si posizionarono all'interno del mio maglione nero. Io, a mia volta, adagiai la piccola mano sul tessuto del ragazzo, mentre iniziai ad accarezzare in modo circonciso la parte del pacco.
«Potrei fare qualcosa...»
sussurrai. Allentai la sua cinta e gli abbassandogli la zip, così, di conseguenza, feci leva per calare, seppur di poco, i pantaloni e i boxer. Vidi l'erezione poco pronunciata, ma decidi di provocarlo e nonostante fosse inesperto, pensai in che modo potessi eccitarlo, ma come ogni giovane, nonostante l'essere maldestro, sapevo come fare, o meglio, lo immaginavo. Iniziai così a stuzzicargli il glande, portando le dita flebili a carezzare con lentezza la punta arrossata.
«o forse potrei farti urlare io, pivello.»
disse poi, sicuro di se stesso. Nonostante il suo fare apatico, i miei movimenti, gli fecero esalare dei gemiti, ed io, ammiccai un piccolo sorriso, ispezionando con gli arti superiori la cappella del ragazzo dai capelli pece.
«Che piccolo sei...Leo»
espresse. Il suo sguardo cambiò nuovamente, ed io mi beavo nel vedere il moro ansimare. Delle gocce si formarono tra i capelli del più grande ed esse scivolarono lascive sul mio collo.
«il t...t-tuo»
bisbigliai, intimorito e mi scostai fra le sue braccia, poiché mi andai ad inginocchiare. Una volta posizionato in quel determinato modo, poggiai le mie labbra sull'apparato e, leccai il glande bagnato del maggiore. Era chiaro che Ryan era uno dei pochi, se non il solo, in grado di tenermi testa. Certo, non era facile, ma c'era quel qualcosa in lui che continua a colpirmi. È vero, ho sempre pensato che le persone possono essere assai imprevedibili, e l'egoismo umano di ogni soggetto fa si che ognuno tenda a soddisfare solo ed esclusivamente se stesso. Un messaggio complesso. Complesso, tanto quanto il rapporto nostro rapporto. Era strano vedere come l'odio tra noi stesse sfociando nella lussuria più sfrenata, nata dalla pura curiosità di entrare maggiormente l'uno nell'essere dell'altro. Quella lascivia era guidata da un qualcosa di indescrivibile, ma l'irresponsabilità continuava a dominare quelle ore trascorse nella casa di Ryan. Ma il bello della follia più pura è proprio il brivido della ribellione alle proibizioni. Ed ecco, era proprio quella follia ad unirmi a lui, inconscio di quello che si sarebbe sviluppato a partire da quel giorno.

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