2. THE WINGS

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Paul McCartney aveva creato gli Wings dopo mesi e mesi di riflessione, quando già padroneggiava perfettamente la chitarra e stava muovendo i primi passi col basso, poi divenuto il suo strumento prediletto.

Un giorno, dopo una serata particolarmente interessante trascorsa al Cavern, aveva chiamato il suo miglior amico.

"Formiamo una band?" aveva chiesto, semplicemente.

Suonava più come una supplica che come una domanda, e quello aveva riso.

"Diamine, sì! Era ora"

"Allora sarà meglio che ci mettiamo al lavoro. Abbiamo molto da imparare"

"Parla per te, Macca" aveva commentato George, "Io al massimo sono quello da cui imparare"

Aveva riattaccato, senza lasciargli l'ultima parola.

Discutere con George, d'altronde, richiedeva un tipo di masochismo che Paul non aveva mai dimostrato.

Gli Wings erano nati così, in risposta alla nottata fortunata di un sedicenne, e nessuno si sarebbe aspettato tutta quella intraprendenza da parte del fondatore: lui era ruscello di montagna, mai marea.

Sei anni dopo, tuttavia, quel ruscello non ha ancora smesso di erodere ogni ostacolo che si pone sulla sua strada.

Sono sei anni che George ride, prima di salire sul palco.

Lo fa di nascosto, guardando Paul saltellare sul posto nel tentativo di scaricare l'adrenalina, e poi gli urla di smettere di fare il grillo e di non deludere le sue aspettative.

Se c'è un pensiero che George Harrison ha caro, e profondamente, è la certezza che Paul McCartney non le deluderà mai.

Ivan Vaughan, seconda chitarra e amico di entrambi, riconduce la devozione del chitarrista al fatto che Paul abbia praticamente adottato George, nel perfetto cliché tra introverso e estroverso.

E George, borbottando, gli dà piena ragione.

Loro due sono amici da così tanto tempo che, a volte, dimentica quanto effettivamente sia passato.

Ha voluto bene a Paul McCartney fin dal primo istante, fin da quando si era buttato sul sedile dell'autobus accanto al suo. Non si era neanche presentato: aveva detto di aver sentito i Nickelback fuoriuscire dalle cuffiette ben calcate di George, e aveva attaccato a parlare di musica.

Il fatto è che tutti, prima o poi, finiscono per voler bene a Paul.

Lui è solo più reticente nell'ammetterlo.

Colin Hanton, alla batteria, è pronto ad alzare gli occhi al cielo: conosce da poco sia Paul che George, ma quei due sono quanto di più simile a una coppia sposata lui abbia mai visto, compresi i propri genitori.

Davanti a Paul, a suo dire, chiunque si sente come di fronte alla propria anima gemella. Lui, in particolare, si è ritrovato a raccontargli la storia della propria vita nei primi cinque minuti di conversazione che hanno avuto, e questo senza che gli venisse posta la minima domanda.

Da lui emana una sorta di calore che fa sentire la gente a proprio agio e libera di dire qualsiasi cosa, il tipo di carisma che finisce per logorare chi lo ha ma che tiene insieme una band.

Sa anche essere un tipo difficile, ammette, ma tutti i grandi artisti devono essere un po' maniaci della perfezione, per farsi prendere sul serio.

Paul ascolta quel che si dice su di lui con una sigaretta che rotola avanti e indietro tra le dita, e ride nel portasela alla bocca.

𝐒𝐓𝐀𝐑𝐕𝐈𝐍𝐆 - mclennonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora