Capitolo 9

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Doppio aggiornamento con capitolo cortissimo, ma fondamentale:))


Quella notte non sono riuscita a dormire per molti motivi

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Quella notte non sono riuscita a dormire per molti motivi.

Il primo tra tutti era perché non avevo preso alcune pasticche prima di coricarmi, e quindi la mia mente era un subbuglio di pensieri densi che sciamavano dalla parte all'altra del cervelletto come indemoniati.

Il secondo motivo erano gli effettivi e concreti pensieri che affollavano la mia materia grigia. Pensieri sulle parole che Simone Santoro si era sfuggito in vino veritas. Il nome.

Giada.

G-i-a-d-a.

Avevo scandito quella parola nella testa un milione di volte quella notte, gli occhi aperti a fissare il soffitto grigio a causa dell'oscurità e quell'unica linea di luce che si stagliava nella stanza, filtrata attraverso la tenda.

Non ero in grado di dormire e quindi pensavo. E l'unica cosa che mi veniva in mente era l'espressione di Simone mentre pronunciava quel nome, il modo in cui la sua fronte si era aggrottata, il modo in cui la sua bocca si era storta in una smorfia impercettibile. Chiunque lei fosse, lo aveva scolpito profondamente.

Chi era stata per lui? Un'amica? La sua ragazza, forse? L'incrinatura nella sua voce diceva che c'era stato un tempo in cui lui l'aveva amata profondamente, che si era sentito capito da lei. E poi era tutto cessato.

Cos'era successo di così grave da strapparli gli uni dagli altri?

Era un sentimento corrisposto, il suo?

Angelica aveva detto che Simone era sempre stato così. Qualcosa mi diceva invece che non lo era, qualcosa mi diceva che con Giada non lo era.

Come ho già detto prima, è facile per me immaginarmi nei panni delle altre persone e fare finta di essere qualcun altro, possedere un'altra identità. In quegli istanti stavo impersonando qualcuno di cui non conoscevo assolutamente nulla.

Te ne sei andata. Sapevi di essere importante per lui.

C'erano molte cose che avrei voluto sapere. Ero sempre stata una bambina curiosa, e credo che questo tratto sia rimasto parzialmente in me anche dopo anni.

Ma se c'è una cosa che ho capito nella vita, è che spesso le persone nascondono parti di sé perché non vogliono essere compatite. Alcune persone nascondono parti di sé perché pensano che, celate da tutti, quelle sfumature di cui hanno tanto paura smetteranno semplicemente di esistere, un giorno. Questo lo so perché io stessa lo spero, di volta in volta. Premo e spingo le sfumature più in profondità che posso, lontano dagli sguardi degli altri. Lontano dal mio.

Ai miei occhi, Simone Santoro non era niente di più che una ciminiera su due piedi dai mille problemi.

Ma c'è sempre qualcosa di più. Deve esserci.

E' così che gira il mondo.


***


La mattina seguente agli avvenimenti alla discoteca, mi sveglio prima per non far notare a nessuno che ho "dormito" sul divano. Non mi sono nemmeno cambiata. Il vestito ora è stropicciato e necessita di una bella lavata. Io stessa penso di necessitarne una.

Quando entro nella stanza di Simone, dopo aver bussato leggermente, trovo il ragazzo in piedi di fronte all'armadio. La sua testa scatta verso di me, e come sempre la sua espressione è una maschera indecifrabile. E' bravo a farlo, è bravo a schiacciare e spingere in fondo.

- Hai dormito sul divano-, la sua non è una domanda, non ne ha la più minima intenzione di esserlo. E' una constatazione, più che una semplice osservazione.

- Sì-

Non ho idea di come il monosillabo mi sia uscito fermo, senza il solito balbettio.

Simone ficca le mani nelle tasche dei pantaloni della tuta. Si è cambiato, e non c'è più traccia di quel ragazzo barcollante che se ne usciva con dialoghi che parevano proibiti. Era come se la notte prima non fosse mai esistita.

- Quando ero ubriaco-, comincia, la voce bassa. Il tono è quello di un uomo che cerca di avvicinare un animale ferito: cauto. Come se si trovasse su un campo minato e dovesse fare un passo. -...ho detto qualcosa-

Anche questa non è una domanda. 

Mi osserva, quasi con interesse. Ma non credo sia quello. Sta calcolando cosa gli dirò, sta pensando cosa dire dopo. O forse no. Forse ha pensato a lungo a questa conversazione, forse l'ha già studiata in anticipo. 

- Sì-, ripeto per la seconda volta.

- Qualunque cosa fosse, non ci pensare. Nulla di ciò che ho detto aveva senso-, conclude alla fine.

Mi stai mentendo, ma prima di tutti menti a te stesso.

Quando si gira di nuovo verso l'armadio, aprendolo e pigramente cercando qualcosa, io mi allontano verso la mia valigia, per recuperare dei vestiti puliti. Il silenzio che cade mi fa deglutire, quando torno ad alzarmi con il cambio stretto al petto.

Quello che mi ha detto, il suo amore per Roma, la sua città, quello che aveva lasciato trasparire sul suo viso, quando mi aveva chiesto scusa...era tutto troppo vero per non avere senso.

- Giada-

E' la prima volta che pronuncio ad alta voce questo nome, e lo faccio senza nemmeno pensarci. Ogni singolo muscolo nel corpo di Simone si tende. Non osa girarsi.

- Quando...quando eri ubriaco hai...hai detto che ti mancava una persona.-, ogni mia parola sembra colpirlo come uno schiaffo in pieno viso. Non dovrei farlo, non dovrei forzare le sue barriere, barriere che ha tanto cercato di celare.

Ma lo faccio lo stesso, perché voglio capire cosa lo ha reso quello che è. Chi lo ha reso quello che è.

- Giada-, ripeto.

Mi aspetto che urli, che chiuda con violenza l'anta dell'armadio, che mi dica qualcosa che mi ferisca. Aspetto, consapevole di aver esagerato, ma non arriva niente.

Simone socchiude per un secondo gli occhi, massaggiandosi le tempie ed evita il mio sguardo.

Ha l'emicrania dopo ieri. Forse è per questo che era così cauto. Forse no. Non ne ho idea.

- Tutti siamo rotti, chi più chi meno. C'è sempre la goccia che fa traboccare il vaso-, mormora a un certo punto, senza mai incrociare i miei occhi, nemmeno per un attimo. -Lei è stata la mia-

Tira fuori una sigaretta, se la infila tra le labbra leggermente socchiuse. La accende. Movimenti meccanici, movimenti che ha ripetuto fin troppe volte.

Simone Santoro è un libro difficile da leggere, e io sono analfabeta.

Punte, sigarette e cuori spezzatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora