Capitolo 17

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Ho le mani che mi tremano e ho l'impressione di stare per vomitare, ma cerco comunque di comportarmi con tutta la nonchalance di questo mondo, quando apro l'acqua fredda nel lavandino del bagno e mi lavo la faccia sotto lo sguardo insistente di Si...

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Ho le mani che mi tremano e ho l'impressione di stare per vomitare, ma cerco comunque di comportarmi con tutta la nonchalance di questo mondo, quando apro l'acqua fredda nel lavandino del bagno e mi lavo la faccia sotto lo sguardo insistente di Simone Santoro.

Fino a qualche minuto fa sembrava sul punto di urlare, mentre ora se ne sta in un preoccupante silenzio con le spalle contro la porta chiusa e le labbra screpolate serrate tra di loro, fissandomi.

Penso a come mi ha tenuto la mano. Rabbrividisco.

- Sto...sto meglio-, biascico, cercando di concentrarmi sulle gocce di acqua gelida che corrono lungo le guance fino al mento, per poi finire ai miei piedi. Focalizzarsi su qualcosa di preciso di solito mi aiuta a non impazzire definitivamente.

- Non sembra-

Non voglio dirgli che ha ragione.

La sua voce ferma ed eccessivamente seria graffia l'aria intorno a noi. Annaspo.

E' qualcosa come a un metro da me, non sta muovendo un muscolo, ma è come se ce lo avessi a pochi centimetri dalla mia faccia, come se sentissi il suo fiato sul collo.

Sono confusa e non penso di riuscire a pensare in maniera decente. Le mie mani non smettono di tremare.

- Passerà...prima o..o po..poi-

- Prima o poi?-

- Di..dipende-, stringo l'asciugamano bagnato tra le mani, distogliendo lo sguardo, -mi...mi stai mettendo a..ansia-

Simone aggrotta le sopracciglia, per poi incrociare le braccia al petto e storcere la bocca in una smorfia. -Scusa-

Rimaniamo così per un po' di tempo, io che mi sciacquo più volte il volto nella speranza che il freddo mi plachi qualunque cosa mi stia mandando in trip il mio sistema nervoso senza i farmaci e lui che se ne sta lì muto come un pesce senza proferire parola.

Perché sei qui?

Prima mi è sembrato più spaventato di me. Non capisco. Potrebbe semplicemente andarsene e basta, senza mettersi qui a studiare ogni mio movimento, in cerca della più piccola sfumatura di malessere.

Ma non lo fa.

Non lo fa e io non so come comportarmi. E' abbastanza imbarazzante.

- E' la prima volta che ti succede?- , la sua domanda mi prende contromano.

- No, mi amm...ammalo spesso quindi è...è abbastanza no..normale-, rispondo a bassa voce, quasi sperando che lui non mi senta. Ho un corpo cagionevole sotto tutti i punti di vista e lo odio. Mi sento impotente, come una bambola di porcellana rotta.

- Normale?-

Dalle sue labbra sfugge una risata amara, sarcastica, ed è come se il ragazzo premuroso e spaventato non fosse mai esistito.

- Pe...per me lo..lo è-

Non riesco a capire che cosa stia pensando in questo momento, ma il suo viso è attraversato da un'ombra cupa. Credo di essermi ormai abituata vedere sconosciuti provare una certa compassione per me, e sinceramente non ci faccio nemmeno più caso, ma il fatto che anche lui si stia aggiungendo a questa massa...non mi piace.

Non voglio.

- Sme...smettila di gua..guardami così-

- Così come?-

- Lo sai-, sbotto stringendo la mascella, -co..come se ti fa..facessi pena. Come se ci te..tenessi-

Simone boccheggia, prima di richiudere la bocca con uno scatto veloce. Ci fissiamo a lungo, io aggrappata all'orlo del lavandino e lui che stringe i pugni.

Mi aspetto che parli lui, perché se io ci provassi potrei scoppiare a piangere.

Alla fine è lui il primo a distogliere lo sguardo, mentre appoggia una mano sul pomello di ottone. -Meglio che stia fuori. Se hai bisogno di qualcosa chiamami-

Ed esce, lasciandomi da sola.


***


Credeteci o no, ma ho passato Natali ben peggiori di questo nella mia vita. Anzi, devo proprio dire che questo non è affatto male, se confrontato con tutti gli altri diciassette che ho passato.

- Guarda, questa è Livia alla sua prima partita di tennis! Non è carinissima? Com'è cresciuta la mia bambina...sembra ieri...-, Luisa accarezza teneramente con la punta dell'indice i contorni della foto, lasciando sulla sua superficie un'impronta unta quasi impercettibile. Siamo sedute nel salotto, con la stufetta elettrica accesa ai nostri piedi e una serie di enormi album fotografici aperti sulle gambe. E' sembrata entusiasta all'idea di mostrarmi almeno due decenni di momenti rubati in fotografie, e adesso sono bloccata qui con lei, con la schiena sprofondata nei cuscini e un plaid di Barbie a coprirmi le spalle.

Non che la cosa mi dispiaccia, in realtà: le foto del primo bagnetto di Simone Santoro sono una visione che non ho intenzione di dimenticare.

Se ve lo state chiedendo: sì, anche quando era un neonato aveva la faccia di uno che è stato costretto a mangiarsi un limone intero. Schifato e disgustato.

Non ne sono rimasta sorpresa.

- Questa invece è stata scattata l'ultimo giorno alle elementari di Simone alle elementari...era una piccola peste...-, la donna accanto a me sospira, indicandomi la fotografia che ritrae suo figlio intento nella nobile azione del tirare i capelli a un altro bambino con estrema concentrazione. Scoppio a ridere e mi sento un po' in colpa verso il povero malcapitato nel farlo.

Mi chiedo cosa avrà mai fatto per attirare la sua ira funesta da bambino di dieci anni.

- Un vero fraffùse!-, esclama Livia dall'altra parte della stanza, lanciando un'occhiata diabolica a suo fratello.

La testa di Simone scatta verso di lei, le sopracciglia aggrottate quasi fino al punto di toccarsi e la bocca storta in una smorfia. -Fraffùse a chi?-

- A te, e chi sennò?-

Luisa socchiude gli occhi, esasperata.

- Ragazzi...-

- Ah, davvero?-

- Simone e Livia Santoro...-

- Ma mamma!-

La scena mi fa sorridere, scaldandomi fino in fondo le ossa. Ho sempre voluto qualcosa del genere, un fratello o una sorella con il quale battibeccare, con il quale fare alla fine pace architettando qualche idiozia.

Una casa che sa di casa. Piccole cose che rendono speciale una giornata di pioggia. Sguardi complici e risatine soffocate.

Ho sempre voluto sentirmi parte di una famiglia e non riesco nemmeno a descrivere quanto sia...sia percepirlo anche solo per un attimo.

Simone incrocia il mio sguardo di sottecchi, cauto, e io ricambio l'occhiata, sentendo come il mio sorriso mi cade dalle labbra. Ci siamo ignorati dopo l'episodio di prima, anche se è rimasto sul serio fuori ad aspettarmi.

Ora mi sta scrutando come se fossi un animale ferito pronto ad attaccare. Forse lo sono.

Continuiamo a guardarci e basta, senza accennare a voler solo aprire bocca. Ha un neo sotto l'occhio destro che non avevo mai notato prima di adesso. Gli dona.

Simone è strano, bipolare e stronzo.

Mi irrita.

Mi incuriosisce.

Mi osserva e le mani non mi tremano più.

Punte, sigarette e cuori spezzatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora