Capitolo III - Mercoledì, prime ore del mattino

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Langa's pov

Ci voleva coraggio per addormentarsi su di una panchina in un parco deserto durante una notte come quella, eppure Reki aveva così sonno da esserci riuscito. Secondo me non faceva per nulla freddo -abituato alle rigide temperature del Canada, il "fresco" di Okinawa non mi dava alcun fastidio-, ma per lui era diverso. Si era imbacuccato sotto una felpa ed una giacca pesante, e nonostante ciò tremava nel sonno.

Mi resi conto che stesse dormendo solo quando smise di parlare. Avevo ascoltato ogni singola parola di quanto avesse detto senza rispondergli per un motivo preciso: all'inizio, onestamente, non capii cosa stesse dicendo. Ero ancora con il cervello settato sulla lingua inglese, quella che parlava il tizio del video da cui stavo cercando di apprendere l'Impossible, e ho ancora grosse difficoltà a passare immediatamente da una lingua all'altra, specialmente col giapponese. Non l'ho parlato abbastanza per essere così abile. 

Reki aveva così iniziato a sfogare i suoi problemi e parlare col palo della luce, ed io iniziai ad afferrare qualche concetto dopo che avesse rivelato che i suoi capelli non fossero rossi naturali. Da allora, non aveva fatto altro che dirmi quanto fossi bello e intelligente. Ad un certo punto, ascoltandolo, il mio cuore fece un balzo. Sapevo che Reki mi ammirasse come amico e come skater, ma non pensavo che i suoi sentimenti fossero così tanto profondi. Tuttavia, quando pronunciò la frase "Hai un bel sorriso, una bella voce... poi quando ridi sembra si aprano le porte del Nirvana" mi resi conto di qualcosa. Non era una frase da rivolgere ad un amico, nonostante poi dicesse proprio questo. Era troppo bella. Troppo poetica. Troppo sincera. 

Non era affatto una frase da rivolgere ad un semplice amico. Era semplicemente troppo: dirla ad un amico sarebbe stato uno spreco, o almeno così pensavo io. 

Scesi dallo skateboard e mi voltai verso di lui, intenzionato a dire qualche cosa, ma mi bloccai ancora una volta. Non volevo interrompere il flusso del discorso e magari metterlo in imbarazzo. E poi, cosa avrei dovuto dirgli? "Reki, bella la frase di prima. Ma dimmi, per caso ti piaccio?"? Non avevo abbastanza coraggio per andare così schietto e diretto, anche se più che probabilmete la risposta si sarebbe rivelata essere un sì. 

<<Reki...>> mormorai, ma lui non mi sentì. Forse fu un bene; non avrei saputo cosa dire dopo il suo nome. 

Attesi che si addormentasse. A giudicare dal tono della sua voce non ci avrebbe messo molto. 

<<Sono felice, comunque>> lo sentii dire, seppur fingendo di non star prestandogli attenzione alcuna. <<Sono felice di averti incontrato, e sono ancora più felice sapendo che ora fai parte della mia vita.>>

Poi cacciò uno sbadiglio e si stropicciò gli occhi. Si rigirò dall'altro lato, forse per evitare che la luce della lampada gli arrivasse dritta negli occhi. <<Grazie, Langa>> concluse, poi ebbi l'impressione che si addormentò.  

Intanto, nel mio stomaco, uno sciame di farfalle ubriache doveva essersi riunito per fare le montagne russe con i miei organi interni. Si mossero così freneticamente che non soltanto le sentii muoversi e scatenarsi, ma mi venne pure la nausea. Una nausea fortissima, che mi costrinse a prendere un sacco di respiri profondi prima di poter camminare senza avere senso di vomito. Avevo bisogno di andare a parlare con Reki, o se non parlare, almeno di stargli accanto. Avrei dovuto svegliarlo? Dirgli che avevo sentito tutto? Provare a baciarlo come fosse la bella addormentata nella piazzetta di Okinawa? 

Non lo sapevo, ed ogni possibile opzione mi parve esageratamente avventata o inadatta. In Canada non mi era mai capitato che mi facessero un discorso simile -il massimo era stato il classico bigliettino delle elementari da parte di una bambina a cui piacevano i miei capelli-, e nemmeno avevo esperienze di miei amici o familiari da cui poter prendere ispirazione. 

Avrei voluto andare da lui, abbracciarlo, chiedergli se potevo baciarlo. Era almeno da un mese che avrei voluto farlo, ma non pensavo che i miei sentimenti fossero ricambiati. A me Reki era piaciuto sin da subito, sin da quando mi aveva detto che forse poteva trovarmi un lavoro. In lui scorsi qualcosa di speciale. All'inizio non sapevo cosa fosse, ma più passava il tempo più riuscii a mettere a fuoco la situazione. Reki mi piaceva. Era molto facile capirlo, in fondo, ma lui non se n'era reso conto o, se anche l'avesse capito, aveva fatto finta di niente. 

Mi voltai verso la panchina dove si era sdraiato, lottando al contempo con le farfalle ubriache. D'altro canto, nemmeno io m'ero ancora mai accorto di lui e dei suoi sentimenti. Pensavo fosse semplicemente attratto dal mio modo di andare in skateboard, e probabilmente se non avessi ascoltato il suo monologo non avrei mai considerato tutto il resto.  

Trattenni un mezzo sorriso con difficoltà; penso di non essere mai stato più felice di come ero in quel momento. Ora che sapevo che le cose stavano così, avrei trovato un modo per dichiararmi e chiedergli un appuntamento più romantico di "Oi bro, ce lo facciamo un giro in skate?". Dato che la mia risata l'avrebbe portato nel Nirvana, probabilmente avrebbe accettato. Ora il problema stava semplicemente nel trovare un modo per dirglielo. Una volta fatto quello, con un po' di fortuna ci saremmo anche potuti mettere insieme. Forse. Sempre che non se ne fosse uscito con un "non voglio rovinare la nostra amicizia". E se, dopo averlo chiesto l'avessi messo imbarazzo e non avrebbe più avuto voglia di parlarmi..? 

Facciamo che escludiamo tale possibilità. Non considerandola a priori, mi sentirò un po' più motivato e sicuro a continuare. A meno che, certo, non...  Ah, cavolo, mi sto perdendo da solo! Che le farfalle ubriache siano arrivate fin dentro il cervello e stiano ora giocando a palla con i miei neuroni? 

Dato come mi sentivo, lasciatemelo dire, non l'avrei ritenuto nemmeno così tanto improbabile. 

Mi riscossi, tornando alla realtà. Ero ancora in quella piazzetta alle fin-troppo-presto del mattino con la mia crush addormentata su una panchina come un barbone e la voce di un americano che spiegava come fare l'Impossible nelle orecchie. Decisamente non il momento adatto a programmare un appuntamento che, effettivamente, al momento non avrei neanche potuto pagare. Tornai al presente e mi dissi che fosse meglio pensare a cosa dovessi fare adesso.

Andando con ordine, la prima cosa era assolutamente riportare Reki a casa sano e salvo, ma mi spiaceva svegliarlo. Tuttavia, non potevo assolutamente lasciarlo lì a dormire. 

Gli andai vicino e me la presi comoda, pensando. Rimasi un attimo ad osservare il suo volto addormentato, il sorriso ancora sulle labbra. Era adorabile. 

<<Non sei solo un amico, Reki.>> sussurrai, per poi fare una cosa molto molto semplice e del tutto istintiva; quasi non me ne accorsi. Gli spostai qualche ciocca di capelli dalla fronte, poi mi feci coraggio e me lo caricai delicatamente sulle spalle. Era così stanco che non si svegliò. Gli skateboard li lasciai in piazza, sicuro che nessuno sarebbe passato a rubarceli, e piano piano, un passo dopo l'altro, accompagnai Reki fino a casa sua.  

Impossibile ~LangaxRekiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora