Capitolo VII- Giovedì pomeriggio

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Attenzione: a causa di un bug che non riesco a risolvere il capitolo sei si è spostato dopo l'ottavo.
Andate a leggere quello e poi tornate indietro.
Mi dispiace per il disagio.

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Langa's pov

Stavo seduto sul muretto della piazzetta con una lattina di té verde aromatizzato al miele al mio fianco. Non ero riuscito a trattenere Reki dall'andare da Joe a chiedere consigli, e probabilmente poi avrebbe cercato un qualche tipo di aiuto anche a Cherry.

Bevvi un sorso del mio tè, annegando il dispiacere nella dolcezza di quella bevanda.

Io non volevo che Reki, quel giorno, se ne andasse via. Non avevo davvero bisogno dei loro consigli; ne avrei fatto volentieri a meno.
A dir la verità, devo ammetterlo, avevo imparato a fare l'Impossibile mercoledì durante la pausa pranzo. Lui ed il suo ciuffo rosso erano andati in bagno ed io, semplicemente, ce l'avevo fatta.

Sì, esatto. Là, nel cortile della scuola, senza farmi vedere da nessuno. Dopo l'ennesimo tentativo, l'Impossible riuscì con una certa naturalezza. Imparato il meccanismo, non fu neanche così difficile ripeterlo.

L'avevo riprovato qualche decina di volte anche quel giorno, giusto per verificare che non fosse stato un caso e che lo sapessi effettivamente fare. Avevo così potuto constatare di averlo imparato. Non avevo bisogno di provare ancora, né tantomeno di consigli che mi dicessero come fare qualcosa che ormai sapevo. Riusciva da solo, era perfetto così.

A Reki, però, avevo preferito non dirlo. Grazie alla sfida di Miya, avevamo passato insieme ancora più tempo del solito. Eravamo stati insieme dalla mattina fino a notte fonda, ed anche dalla mattina alla mattina del giorno dopo. Ero stato felice, insieme a lui, tentando l'Impossibile; era per questo che non gli avevo detto di avercela fatta.

Non volevo che Reki mi lasciasse solo, dopo averlo avuto intorno tutta la settimana. Per risparmiare tempo avevamo anche fatto i compiti insieme, cosa che prima non era ancora mai capitata. Era stato a casa mia, io a casa sua. Non volevo interrompere questo ritmo, anzi. Avrei voluto stringerlo ancora di più, renderlo più abitudinario e serrato. Volevo essere sempre con lui. Lo volevo accanto, e sentivo che anche lui volesse me.

Mandai giù un altro sorso di tè. Il sapore era molto buono; l'avevo quasi finito.

E invece, continuai a pensare, tenendogli nascosto quel particolare avevo ottenuto esattamente l'effetto contrario. Per non aver parlato, lui era andato in giro a elemosinare consigli per me mentre io, in teoria, avrei dovuto continuare ad allenarmi. Se non l'avessi imparato mi avrebbe fatto un favore, ma così aveva solo rovinato il mio piano per passare un'altra giornata tutta insieme a lui.

Suppongo che questo sia il gō, ovvero il karma. Qui in Giappone lo chiamano così.

Sospirai. Quando sarebbe tornato da me a mani vuote, gli avrei detto che ce l'avevo fatta. L'indomani sarebbe stato diverso, ma quantomeno gli avrei detto la verità. Penso che lo preferirebbe.

D'altronde, l'unico motivo che mi aveva spinto ad impegnati tanto per quel trick era proprio Reki. Volevo i soldi di Miya per invitarlo a uscire a cena e tirarlo su di morale. Pensavo di portarlo fuori la domenica sera, ma giunti a quel punto saremmo anche potuti uscire venerdì o sabato. Forse sarebbe stato anche meglio. Volevo proprio vederlo sorridere con la stessa allegria di quando l'avevo appena incontrato.

L'avevo visto troppo giù nell'ultimo periodo, dopo la fine della S, e sapevo bene essere solo colpa mia. Ero troppo bravo. Ero così bravo che se anche provavo a lasciar vincere qualcun altro chi vinceva ero comunque io. Anche se volevo perdere, io vincevo. E se perdevo Reki mi chiedeva perché mi fossi trattenuto, si sentiva inferiore e ci restava pure peggio. La situazione stava diventando troppo difficile da gestire.

Non potevo renderlo felice vincendo o perdendo una gara di skateboard, quindi avevo deciso di puntare su qualcos'altro. E ora che Miya mi aveva offerto la giusta occasione ed un ragionevole quantitativo di soldi, ero pronto a farlo. Serviva solo il momento giusto ed un pizzico di coraggio.

Finii di bere l'ultimo goccio di tè e gettai la bottiglietta in un cestino dell'immondizia. Presi allora il telefono dalla tasca dei pantaloni, lo sbloccai e cercai il numero di Reki fra i contatti. Gli telefonai fingendo un po' di entusiasmo e affanno, come se fossi appena riuscito a fare quel trick. Il mio amico rispose una manciata di secondi dopo.

<<Pronto?>> disse. <<Che succede?>>

Presi un respiro e sputai il rospo. <<Ce l'ho fatta.>> ammisi. <<Puoi tornare.>>

Ci fu qualche attimo di silenzio.

<<Ce l'hai fatta?>> ripeté, stranito e probabilmente così sorpreso da non riuscire ad esserne felice. <<Davvero?>>

Anche se non poteva vedermi, annuii. <<Sì.>> confermai.

Avvertii un po' di confusione dall'altra parte. Qualcuno si fece passare il telefono da Reki, e poi mi parlò.

<<𝒞𝑜𝓈𝒶 𝓋𝓊𝑜𝓁 𝒹𝒾 𝒸𝒽𝑒 𝒸𝑒 𝓁'𝒽𝒶𝒾 𝒻𝒶𝓉𝓉𝒶?!>> esclamò quella che riconobbi essere la voce di Cherry. Parlava troppo in corsivo per  <<𝒞𝒾𝑜𝑒'.. 𝒹𝒶 𝓆𝓊𝒶𝓃𝒹𝑜 𝓉𝒾 𝒶𝓁𝓁𝑒𝓃𝒾?>>

<<Emh...>> ragionai. <<Dall'altro ieri?>> tentai, contando i giorni sulle dita della mano libera. <<Giorno più, giorno meno..?>>

<<E ci sei riuscito?!>> un'altra voce, femminile, era sconvolta. <<In tre giorni?! Ma sei serio?!>>
Mi sorpresi nel notare che questa fosse Carla. Come mai una macchina stava sclerando tanto? Non dovrebbe non avere emozioni?
Mi grattai il capo. <<Già. Non va bene>>
<<𝓝𝓸, 𝓪𝓵𝓵𝓸𝓻𝓪...>> Cherry, sconvolto, continuò a parlare dal cellulare di Reki. <<𝓝𝓸𝓷 𝓮' 𝓬𝓱𝓮 𝓷𝓸𝓷 𝓿𝓪 𝓫𝓮𝓷𝓮, 𝓮' 𝓬𝓱𝓮 𝓷𝓸𝓷 𝓮' 𝓹𝓸𝓼𝓼𝓲𝓫𝓲𝓵𝓮. 𝓞𝓴𝓪𝔂 𝓬𝓱𝓮 𝓽𝓾 𝓼𝓮𝓲 𝓾𝓷 𝓽𝓪𝓵𝓮𝓷𝓽𝓸 𝓷𝓪𝓽𝓾𝓻𝓪𝓵𝓮, 𝓶𝓪 𝓷𝓸𝓷 𝓬𝓲 𝓬𝓻𝓮𝓭𝓸.>>
<<Che c'è di naturale in quindici anni di snowboard?>> commentò la voce di Carla, dubbiosa. Non aveva nemmeno torto. Tutti continuavano a ripetermi che avevo talento, ma ero letteralmente cresciuto sulle tavole. L'unica cosa che avevo fatto era stata passare dalla neve alle ruote.
Sentii un colpo, come se Cherry avesse dato uno schiaffo alla propria assistente virtuale.
<<Ma... Cherry, sei impazzito?!>> quasi urlò Reki.

Effettivamente se aveva davvero colpito la sua preziosissima macchina, allora o era uscito fuori di testa o era ubriaco. E, dato che ubriaco non poteva esserlo, la prima opzione mi parve l'unica plausibile e/o accettabile al momento. Doveva aver perso il senno, scoprendo che ero riuscito a fare una cosa simile nel giro di... beh, forse venti ore di allenamento in totale.
<<Ti denuncio!>> disse invece la macchina. Poi sentii il rumore di una sedia che veniva strisciata sul pavimento, poi il rumore di qualche passo frettoloso.
<<Cherry, il mio cellula-...>> la voce di Reki mi giunse sempre più lontana. <<Cherry! CHERRY IL TELEFONO! CHERRYYYYY CHEEEEE-..!>>
<<Oi, oi... mettimi giù, tu!>> aggiunse Carla, sempre da lontano. <<Solo lui mi può toccare, brutto pervertito!>>

Il calligrafo dovette ignorarli entrambi e, con una certa urgenza, si rivolse di nuovo a me. <<𝓓𝓸𝓿𝓮 𝓼𝓮𝓲?>> chiese. <<𝓓𝓲𝓶𝓶𝓲 𝓭𝓸𝓿𝓮 𝓪𝓷𝓭𝓪𝓻𝓮, 𝓪𝓻𝓻𝓲𝓿𝓸 𝓼𝓾𝓫𝓲𝓽𝓸>>

Glielo spiegai con una certa difficoltà, non essendomi ancora ambientato perfettamente ad Okinawa. Per fortuna Reki, che l'aveva raggiunto, seppe spiegargli dove fosse la piazza in cui erano soliti allenarci.
<<𝓝𝓸𝓷 𝓶𝓾𝓸𝓿𝓮𝓻𝓽𝓲>> mi disse allora. <<𝓥𝓸𝓰𝓵𝓲𝓸 𝓿𝓮𝓭𝓮𝓻𝓽𝓲 𝓬𝓸𝓷 𝓲 𝓶𝓲𝓮𝓲 𝓸𝓬𝓬𝓱𝓲. 𝓝𝓸𝓷 𝓻𝓲𝓮𝓼𝓬𝓸 𝓪 𝓬𝓻𝓮𝓭𝓮𝓻𝓮 𝓬𝓱𝓮 𝓽𝓾 𝓬𝓮 𝓵'𝓪𝓫𝓫𝓲𝓪 𝓭𝓪𝓿𝓿𝓮𝓻𝓸 𝓯𝓪𝓽𝓽𝓪, 𝓛𝓪𝓷𝓰𝓪.>>
<<Okay, ma perché parli in corsivo?>> domandai, senza però ottenere risposta. 

Impossibile ~LangaxRekiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora