23. Scalare la montagna.

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ROXIE

Tra il dire e il fare c'era di mezzo il mare, diceva così il proverbio. Quanto lo ritenevo veritiero in quel momento...

Perché il solo essere a pochi centimetri da Laurel mi faceva provare una voglia matta di staccarle i capelli uno ad uno. E la visione di Wallace piegato all'altezza di Liam mentre giocavano con le macchinine in casa loro, non mi aiutava a rilassarmi.

Ero egoista e una pessima persona molto probabilmente, ma dannazione, non riuscivo ad accettare quella situazione. Era scomoda e non la volevo.

Avevo finalmente accettato di avere Wallace tutto per me e una futura famiglia con lui, e ora mi trovavo in piedi e guardare Wallace con una famiglia che non centrava nulla con me.

E avevo appurato che, un conto era sapere che Wallace avesse qualcun altro, e un conto era vedere con i propri occhi l'altra famiglia di Wallace. Così diversa da me. La mia casa era un casino, quella di Laurel era tutta in ordine ed equilibrata, proprio come quella di Wallace.

Io portavo i capelli lunghi e stirati, lei una crocchia perfetta con tanto di forcine.

Io indossavo un top nero e una gonna bianca che mi copriva a stento il sedere, lei un tailleur dai colori tenui.

Non ci azzeccavamo nulla l'una con l'altra e dovetti deglutire il groppone più volte, perché lei era esattamente il tipo ideale per Wallace. Mi sentivo sbagliata e fuori posto.

Io così instabile, lei così equilibrata.

Io un caos vivente, lei la calma piatta.

Odiavo trovarmi lì. Odiavo il fatto che fosse riuscita a farmi sentire inferiore – cosa che non capitava da anni. Odiavo il fatto che Wallace fosse contento, perché io non lo ero. Odiavo il sorriso orgoglioso di Laurel perché io stavo morendo dentro. Odiavo quella situazione perché non la volevo e non potevo controllarla. Non potevo farci nulla. E odiavo le sensazioni e i pensieri che mi vorticavano in testa.

Volevo scappare con tutta me stessa, allontanarmi e correre finché non avessi dimenticato i loro nomi, ma non potevo fare neanche questo. Dovevo affrontarlo, ma accettarlo era tutta un'altra storia.

Liam sghignazzò e gli occhi di Wallace si illuminarono. Odiai la fitta al cuore che provai nel vederli felici.

Liam era un bambino dolcissimo, ma non era il nostro. Gli occhi azzurri di Liam erano della donna che mi era accanto.

Una donna che detestavo. Non solo aveva scelto di nascondere questa notizia bomba per sette anni a Wallace, ma aveva deciso di rispuntare dal nulla e distruggere la mia felicità così all'improvviso.

E poi odiavo il modo in cui parlava e guardava Wallace, era chiaro ci tenesse ancora. Lui era il suo rimpianto, il suo più grande "E se...?"

La mia presenza era come un callo fastidioso nella pianta del piede. Ero la donna che la ostacolava dall'ottenere quel lieto fine che i suoi genitori le avevano privato già una volta.

«Wallace sembra portato per stare con Liam.»

Contai fino a dieci prima di rispondere a Laurel. «Wallace ha un ottimo istinto paterno.»

Lei annuì. «Lo sai che ha cresciuto Sybil come se fosse sua figlia?»

Contai di nuovo fino a dieci. Cercava di provocarmi? «Lo so.»

«Wallace aveva paura che sentisse la mancanza del loro padre.»

Questa volta la guardai e non fu un'occhiata decorosa. «Lo so.» Ripetei stizzita.

Mostrami la fiducia (#3 Nightmares Series)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora