L'inizio di una nuova vita - Capitolo 2

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City of Monza - The Westin Palace

L'aria italiana è impagabile... Il paesaggio mozzafiato, la gentilezza e l'amore degli italiani erano un qualcosa che manca sempre negli altri Gran Premi e che rende questa tappa importante.

Appena fuori dall'hotel una marea di tifosi investe i miei genitori, chiedendogli un sacco di autografi e di fotografie... Mi ricordano i comportamenti della me piccolina all'interno del paddock con importanti piloti. Ero solita inseguirli finché non si fossero fermati a causadella mia insistenza e mi lasciassero quella che, per loro, era una semplice firma su un foglio di carta, mentre per me era un oggetto da incorniciare e ammirare ogni giorno. 

Anche a me succedeva, e succede spesso tutt'ora, tant'é che sento una vocina chiamarmi alla mia destra: <<Emma, Emma... Per favore facciamo una foto. Una foto!>>

Mi voltai e vidi un bellissimo bambino, biondo, con due occhioni azzurri che avrebbero fatto invidia anche al colore del mare dei Caraibi per quanto fossero limpidi. Mi continuava a scrutare, con quasi le lacrime agli occhi e io non potei resistere. 

Un'altra mia caratteristica è proprio questa, il non voler sembrare superiore solamente perché sono riuscita a costruirmi una carriera che molti ambiscono. Per questo cerco sempre di accontentare i tifosi, come meglio posso...

<<Hey piccolino, certo che la facciamo una foto, se vuoi anche un autografo, magari sulla maglietta!>> risposi al piccolino.

<<Grazie mille! Sei il mio pilota preferito... Anche io voglio diventare come te un giorno!>> disse il bambino gonfiando il piccolo petto ricoperto dalla maglia con sopra stampato il mio numero. 

<<Sono sicura ci riuscirai benissimo e se avessi bisogno di una tifosa in più, chiamami e io ci sarò!>> gli sorrisi amabilmente, mentre lui mi guardò con occhi sognanti.

Dopo la foto e l'autografo al centro della maglia, proprio come aveva espressamente dichiarato di volerlo, gli diedi un bacio sulla guancia augurandogli buona fortuna per la sua carriera.

Mi stavo rialzando, dopo essermi piegata sulle ginocchia per raggiungere la sua altezza ed essere successivamente richiamata dai miei genitori per raggiungere il circuito, quando sentii quelle due paroline flebili: <<Torna a lambire il limite Emma>>

Non mi fermai, perché non volevo dare spettacolo o avere i giornali addosso, ma una lacrima scese sulla mia guancia e raggiunse le labbra dove potei assaporarne il gusto. Abbassai i Ray-Ban sul volto ed entrai nella Mercedes che ci avrebbe portati al circuito.

Appoggiai la testa al sedile e chiusi gli occhi sotto lo sguardo attento dei miei genitori che si stringevano le mani...

<<Hey amore. Siamo arrivati. Sai che per qualsiasi cosa io e la mamma ci siamo. E quando vorrai andartene potrai farlo senza dover spiegare niente a nessuno>> disse papà stringendomi la mano.

<<Grazie papà, ti voglio bene...>> gli risposi. E per quanto io fossi stata di poche parole, lui sapeva benissimo che erano tutto ciò che in quel momento potevo dire prima di scoppiare in un possibile ed imminente pianto.

Odiavo la debolezza, ma il passato che ho trascorso era un mostro più grande di me.

Scesi dall'auto e raggiunsi i controlli prima di entrare di nuovo nel mio mondo, in ciò che mi permetteva di dimostrare chi fossi veramente, il mondo che mi dava più soddisfazioni.

L'aria elettrizzata si fece sentire fin da subito, con i meccanici che correvano da una parte all'altra della pista per parlare con gli ingegneri e mettere a posto le ultime modifiche sulla vettura prima delle prove libere, i media e i giornalisti che cercavano di fermare qualsiasi pilota o Team principal per avere l'esclusiva e andare in onda... Mi era mancato tutto questo, ma non non l'avrei ammesso ad alta voce fino alla fine della giornata.

Entrammo nei box Mercedes sotto lo sguardo sbalordito di tutti e le urla emozionate di Lewis, sapeva che non avrei mai potuto non lottare per una sfida che mi ero lanciata, ma soprattutto sapeva che questo mi avrebbe permesso di rimettermi definitivamente in gioco e far capire agli altri che la "piccola Wolff" era tornata.

Corsi ad abbracciarlo prima di salutare tutti i meccanici che, prima del mio incidente, lavorano sodo giorno e notte per sistemare i danni che creavo alla monoposto per spingerla al massimo ogni weekend... E da un lato penso proprio che questo mio aspetto non gli sia mancato.

Ma tornando alle cose serie, sono estasiata di poter rivivere tutto questo e l'adrenalina della Formula 1 era riniziata a scorrere nelle vene più forte di prima. Infatti fu ciò che mi portò a fare una richiesta avventata a mio padre:  <<Papà, posso vedere la mia auto?>>

Si girò lentamente per guardarmi negli occhi con un espressione esterrefatta, ma sapeva benissimo che non l'avrei ripetuto perché a voce alta faceva più paura di un semplice pensiero.

Chiamò un tecnico e mi fece portare dietro al paddock dove c'era tutto ciò che era la mia vita due anni fa... Era bellissima e proprio come l'avevo lasciata, era rovinata sulla fiancata e l'ala anteriore era completamente distrutta.

Il meccanico mi mi diede una pacca sulla spalla e mi lasciò sola... L'ennesima lacrima della giornata scese sul mio viso e non potei controllare quelle che seguirono.

Chiusi gli occhi per calmarmi, ma una morsa al petto mi stava opprimendo. Stava succedendo di nuovo, ma questa volta l'attacco di panico era molto più potente in confronto a quello di poche ore prima. 

Non riuscivo più a respirare, stavo iniziando a tremare e non c'era nessuno che potesse aiutarmi. Le mani non rispondevano ai miei input e non riuscivo a premere sul torace per alienare quello stato di annebbiamento...

Poi la sentii, la sua mano calda sul mio volto e la sua voce ovattata che diceva <<Hey, hey. Calmati, respira. Non sei sola, ci sono qui io. Respira con me. Hey, guardami, non chiudere gli occhi. Prendi per mano quel mostro e accompagnalo all'uscita ...>>

E quella frase, quella dannata e magnifica frase mi fece tornare alla realtà. Ascoltai il mio battito e insieme al suo aiuto tornai ad avere il controllo sui miei respiri.

Quando mi ricomposi, vidi due occhioni verdi con pagliuzze azzurre che mi scrutavano attentamente, come se fossi la cosa più fragile che avesse mai visto.

La sua mano era sulla mia guancia destra, mentre la sinistra continuava a creare cerchi sul mio dorso per tranquillizzarmi.

Una scarica mi percorse la spina dorsale e inevitabilmente arrossii; che dannato effetto mi stava facendo...


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