jay - money

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richiesta: //
personaggi: jay x lettrice di genere femminile
genere: fluff, leggero angst
tw: menzione di alcool, linguaggio scurrile
disclaimer: //
buona lettura!

Jay si era messo a sedere con un nodo allo stomaco, aspettando il suo turno. I suoi colleghi erano tutti più grandi di lui e si sforzava di non apparire agitato — ciò che non sapeva, era che ci riusciva benissimo. Letteralmente chiunque si voltava a bisbigliare qualcosa all'orecchio di chi aveva accanto, su quanto fosse composto e calmo.
Ogni volta che il signore quarantenne di turno diceva qualcosa che poteva essere oggetto di dibattito, tutti si voltavano discretamente verso Jay. Qualche volta alzava un sopracciglio, altre allungava un lato delle sue labbra.
«Qualcosa da dire?» domandava poi l'uomo, osservandolo con aria sprezzante.
«Non oserei interrompere» sorrideva il ragazzo, con un'espressione educata.
Jay riuscì a presentare con pochi intoppi, tutti riguardanti il rancore di chi era stato corretto da lui stesso. Cercavano il pelo nell'uovo, di fare cadere le fondamenta dei suoi studi, che erano decisamente troppo solide per essere anche solo scalfite di poco. Come ogni volta, il ragazzo si dimostrò di cemento armato.
Uscì dall'ascensore allentando la sua odiosa cravatta e sospirando rumorosamente.
Tornò a casa per cambiarsi i vestiti, e filò dritto all'università.
Infatti Jay, ancora doveva averla la laurea in economia e commercio; per questo quei signori lo sprezzavano tanto, si sentivano minacciati ed umiliati da lui.
Era sempre stato trasparente al riguardo: avrebbero dovuto avere fiducia in lui, non aveva altro modo di dimostrare che era capace di fare il suo lavoro e gestire degli affari.
«Jay! Grandissimo pezzo di merda» urlò forte il suo collega di corso Seongwoo. «Controlla le tue entrate passive. Stronzo. Odioso bastardo» continuò ad insultarlo sottovoce. «Ho visto. E non sono uno stronzo, odioso bastardo. So quello che faccio» rispose, già stanco. I suoi occhi volevano chiudersi da soli. «Ah, sei arrabbiato oggi? Compra meno azioni e trovati una ragazza!» lo prese in giro Seongwoo, ma poteva sentire già la risata degli altri ragazzi scoppiare. Lui non aveva né il cervello per gestire le azioni, né una ragazza. «Che poi, Jay ce l'ha la ragazza» disse Jeongho, dando una pacca sulla spalla a Jay. «Ah, sì?» rise Seongwoo. «Io, ti ho visto diverse volte, in macchina con una ragazza» rispose con un lamento Jeongho. Jay non arrivò neanche a rispondere. «Sarà stata sempre una diversa. Se le compra, le ragazze» rise Sangwon, aggiungendosi alla conversazione.
Jay neanche rispose più, camminò dritto verso l'aula. Non gli piacevano i suoi colleghi di università, avevano questo modo di trattarlo, come se fosse sempre oggetto di scherno. Non gli importava di loro, ma trovavano sempre modo di iniziare una conversazione. Si credevano suoi amici, ma non sapevano niente di lui, neanche dove lavorasse, l'unico dettaglio che sembrava importare era quanti soldi guadagnasse.

Jay tornò a casa la sera, dentro trovò te seduta sul suo divano, al contrario. La testa sul sedile, le gambe alzate che dondolavano per aria. Stavi leggendo un libro.
Sorrise mentre metteva giù lo zaino.
«Ti ho pagato la benzina della scorsa settimana» gli dicesti, allontanando il libro dal tuo viso. «Non voglio parlare di soldi per oggi» sbuffò con una sottile risata, mentre veniva a sedersi accanto a te. «E che ne capisco io, di soldi» ridesti. «Tutto bene?» gli domandasti, poggiando la schiena alle sue gambe e la testa al braccio del divano. Lui affondò allo schienale. «Sì, anzi» rispose. «Tantissime entrate passive» continuò. «Non mi interessa. I tuoi colleghi ti hanno stressato?» lo interrompesti. «Come sempre» inclinò la testa verso di te, fino ad appoggiarsi alla tua spalla. «Vai più tardi, così non ci parli» gli proponesti, cominciando ad accarezzargli i capelli sopra la nuca. «Così mi licenziano» rise. «Sei comunque troppo giovane per stare con quelli» gli dicesti, riportando il libro vicino a te. «Tu invece stai bene?» ti domandò dopo, chiudendo gli occhi quando avvicinasti la tua guancia alla sua fronte. «Sì. Mi piace invadere i tuoi spazi la sera» ridesti, per poi baciare casualmente il punto più vicino a te del suo viso, il ponte del suo naso. Cercò di leggere dal libro che reggevi su una sola mano, ma le frasi erano ovviamente senza contesto per lui, in quanto non aveva la minima idea di che romanzo fosse. Lasciò perdere, sistemandosi comodo.

Stare con te era come avere questa cupola attorno. Non c'erano affari, grafici, statistiche. C'eri tu che leggevi, che gli raccontavi teorie filosofiche assolutamente idiote e ti lamentavi dei clienti fuori di testa a lavoro. «Oggi all'università uno ha detto che secondo lui mi compro le ragazze» rise. «Sei così insopportabile che non basterebbero tutti i soldi al mondo per pagarle» borbottasti, con un sorriso tra le labbra. «Menomale che ci sei tu a farmi da badante gratis» ti seguì lui. «Solo perché sei pieno di soldi» lo prendesti in giro. «Infatti ho preparato una cena a base di frutti di mare, ed ho preso il vino francese più costoso che c'è in commercio» continuasti. «Che significa?» rise Jay. «Pollo fritto, e se ti sbrighi forse la birra nel congelatore non scoppia» rispondesti, posando il libro ed alzandoti in piedi. Jay ti seguì, sentendosi il cuore pieno.

Tirasti fuori la birra dal freezer, e con il cavatappi in mano, non ti diede nemmeno il tempo di stappare la bottiglia.
Poggiò le mani attorno al tuo viso e sorridesti.
Dopo avere lasciato un breve bacio sulle tue labbra, non si allontanò. «Grazie» mormorò.

Di certo, i soldi non potevano sostituire tutto questo.

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