Elma e la Sempiterna

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ELMA E LA SEMPITERNA

Tempo fa, si raccontava che nella foresta Inquieta abitasse una Fata con immensi e prestigiosi poteri magici. Qualcosa di terribile le era capitato, qualcosa di così brutto che ella aveva chiuso il portone del suo palazzo e da lì non era più uscita, e poiché le Fate vivono molto più degli uomini, trecento anni passarono. Il tempo inaridì il cuore che ella aveva già rinchiuso, i ricordi sfumarono come il profumo dei fiori, e la Fata mutò, divenne un'altra persona, forse neanche una persona, qualcosa di diverso...

Il suo nome venne dimenticato, ma chi di lei parlava usava chiamarla Sempiterna.

Non troppo distante dalla foresta Inquieta sorgeva un villaggio di contadini e pastori, fra loro viveva una giovane pastorella devota al suo lavoro. Per aiutare la madre rimasta vedova, Elma (questo il suo nome), portava ogni mattina le capre sulla collina, nel punto esatto dove l'erba era più verde e dove i venti soffiavano briosi.

Mangiava pane e formaggio e scendeva dalla collina assieme al gregge poco prima del tramonto.

Era una ragazza graziosa, con lunghi capelli neri raccolti in una treccia e guance rosa. La sua vita insieme alla madre trascorreva tranquilla e la giovane pastorella vedeva un futuro prospero avanti a sé. Una mattina, all'alba, Elma si svegliò per il freddo che c'era in casa. In punta di piedi si alzò dal letto e gettò della legna nel caminetto per ravvivarne il fuoco. Udì mugugnare e si volse verso la madre. La donna dormiva sotto una coltre di lana ma il suo sonno sembrava agitato da un incubo. Elma tentò di destarla ma non vi riuscì in alcun modo. La madre aveva i bollori alti, gocce di sudore le imperlavano la fronte. La ragazza uscì di corsa, chiese aiuto al capovillaggio affinché col suo calesse si recasse nella città più vicina e chiamasse un medico. Il capovillaggio, vedendo la giovane disperata, acconsentì a partire, la moglie di lui, intanto, si recò a casa della pastorella per accudirne la madre malata.

Il capovillaggio e il medico arrivarono quando fu sera. Il medico visitò la madre di Elma ma non capì cosa avesse. La donna non si svegliava malgrado continuasse a dimenarsi nel sonno, sulle braccia presentava delle strane macchie viola. Le stesse macchie sembravano espandersi e già sul viso e sul collo ne stavano comparendo altre.

Il medico si allontanò scuotendo la testa.

«Davvero non so di cosa si tratti...» disse. «La febbre porterebbe a pensare a un'infezione, datele spesso da bere e tenetela al caldo con tutte le coperte che avete. In fine, pregate che Dio non la porti con sé.»

Dopo avere udito le parole del medico, Elma sentì il bisogno di uscire fuori di casa il prima possibile. Ogni cosa nella casa sembrava essere diventata più piccola e stretta, anche il tetto appariva più basso di com'era sempre stato.

«Vado a fare addormentare le capre» dichiarò.

Si coprì con una mantella e, dopo avere acceso una lanterna, uscì.

La stalla non era molto grande, vi stavano all'interno sette capre e un vitello. Quando Elma entrò, spingendo la porticina in legno, gli animali le si avvicinarono riconoscendola. Il vitello le tirò la gonna chiedendo le sue attenzioni. Elma si accovacciò sulla paglia e strinse fra le braccia il cucciolo. Solo allora, rimasta sola, si concesse di piangere, sfogando la paura che aveva di perdere la madre. Tornò lentamente verso casa. Lo sguardo della ragazza si arrampicò sulla vetta del monte. Nel villaggio si raccontava che sulla cima vi abitasse una fattucchiera capace di creare filtri d'amore e maledizioni. Elma afferrò il suo vincastro e s'incamminò su per la schiena ripida della montagna.

Proprio sul cucuzzolo, c'era una casetta di legno, dalle cui finestre si scorgeva una luce. La casa, bassa e dismessa, aveva alle spalle il cielo nero e nient'altro.

Fiabe mai scritteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora