Mondo prigione

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7. MONDO PRIGIONE

“Si ha un pensiero magico quando insistiamo a voler vedere un collegamento anche quando è dimostrato che non esiste.
(Henrik Fexeus)
 
Il giorno dopo
Klaus stava leggendo il giornale quando fu attratto da un rumore di passi. Seguì un odore di fiori di iris che impregnò l’aria. Pochi istanti dopo Artemis comparve in cucina con i capelli freschi di shampoo e l’espressione mezza assonnata.
“Nottata difficile?”
La ragazza mugugnò e si lasciò cadere sullo sgabello della penisola. Si prese la testa fra le mani e si massaggiò le tempie.
“Ho dormito scarso tre ore. Mi sento come uno zombie.”
“Allora ho fatto bene a comprarti una colazione sostanziosa.” Disse Klaus.
Artemis allungò le mani su una scatola bianca con il logo di Starbucks. Persino il cartone emanava un aroma dolciastro. Lo scartò e vide un bicchiere e un sacchetto di biscotti.
“Che cosa sono?”
“Cappuccino al latte di soia con aroma di cannella e biscotti a base di frutti rossi. E’ tutto vegano, però suppongo che vada bene anche per te che sei vegetariana.”
Artemis rimase a fissare la colazione con sguardo da pesce lesso. Era incredibile che un gesto semplice come quello nascondesse un’intimità tanto grande.
“E’ perfetto. Grazie, Klaus.”
“Prego.”
Klaus bevve sangue fresco dalla sua tazza mentre un sorriso soddisfatto si formava sulle sue labbra. Era meravigliosa l’espressione di gioia e stupore di Artemis, era l’indizio che aveva gradito il gesto.
“Tu che cosa bevi? Hai preso un caffè particolare?” chiese lei a bocca piena.
“E’ sangue, a dire il vero. Un B positivo fresco di frigorifero.”
“Buon per te, Dracula.”
La ragazza divorò un paio di biscotti in meno di un minuto, aveva fame e sperava che gli zuccheri addolcissero il malessere fisico.
La colazione proseguì in silenzio. Lei mangiava e beveva, lui leggeva il giornale e borbottava contro la corruzione dei mercati. Ogni tanto Klaus la guardava con la coda dell’occhio e sorrideva intenerito dal buffo modo in cui Artemis addentava i biscotti.
“Ti serve altro, milady?”
“Mi serve un favore. Mi accompagneresti a casa di Nathaniel? Sono giorni che provo a contattarlo ma non risponde. Mi sta evitando.”
“Non credo sia una buona idea. Sua zia vuole ucciderti.” Obiettò Klaus.
“Parecchie persone vogliono uccidermi.” Ribadì Artemis facendo spallucce.
La fronte di Klaus fu attraversata da una ruga quando sentì il cancello di ingresso che sbatteva. La proprietà del palazzo era intestata a Freya e solo lei poteva invitare qualcuno a entrare, perciò doveva essere un membro della famiglia.
Hayley irruppe in cucina ancora prima che Klaus potesse sbattere le ciglia.
“Elijah è qui?”
Artemis notò subito le guance arrossate della donna e il fiatone, doveva aver corso per arrivare nel Quartiere.
“No. Ieri sera è venuto da te al Bayou.”
“Non è mai arrivato. L’ho chiamato un centinaio di volte ma parte sempre la segreteria telefonica.”
Klaus si accorse che era appena entrato qualcun altro. A giudicare dal passo pesante, doveva essere Marcel.
“Klaus! Abbiamo un problema!”
Artemis, Klaus ed Hayley si precipitarono all’ingresso. Anche Freya si era affacciata dalla balconata interna.
“Che cosa ti disturba, Marcel?” domandò Klaus.
“Rebekah è sparita. Stamattina avevamo appuntamento in chiesa ma lei non si è presentata.”
“In chiesa?” ripeté Freya, perplessa.
Marcel sbarrò gli occhi, si era lasciato sfuggire quella informazione senza volerlo.
“Io e Rebekah abbiamo deciso di sposarci a maggio e lei vuole una classica cerimonia in chiesa.”
Klaus digrignò i denti. La sua famiglia perseverava in un circolo vizioso di segreti che venivano fuori nei momenti meno consoni.
“E quando volevate condividere con noi la gioia? Oppure avreste fatto tutto di nascosto come siete abituati?”
“Klaus, non è questo il punto.” Mormorò Artemis.
“Il punto è che Elijah e Rebekah sono scomparsi.” Disse Hayley.
Freya ebbe un brutto presentimento, ecco perché provò a chiamare Keelin almeno un paio di volte.
“Keelin non risponde. Forse anche lei è scomparsa.”
“E’ sicuramente scomparsa.” Disse una voce.
Tutti si voltarono verso il cancello e videro la figura di un uomo vestito di nero che sorrideva. Aveva i capelli rasati ai lati e un lungo ciuffo al centro che veniva tenuto all’indietro dal gel. I suoi occhi verdi brillavano alla luce del sole.
“Oh, guarda caso oggi sono dell’umore per uccidere.” Disse Klaus.
“Sta a cuccia, cagnolino. Sono qui per miss Dumont.”
“Chi sei e che cosa vuoi?” domandò Artemis.
L’uomo le scoccò un’occhiata maliziosa e fece un inchino malfermo.
“Mi chiamo Jean-Luc e sono un caro amico di Brenda Cooper. Lei vorrebbe vederti per discutere di affari.”
“Scommetto che Brenda ha rapito la nostra famiglia.” Disse Hayley.
“Bingo! Allora non siete stupidi come credevo.”
Klaus serrò le mani a pugno lungo i fianchi per non scagliarsi contro quello sciamano sconsiderato.
“Artemis non verrà con te. Sarà Brenda a venire qui, se ci tiene tanto.”
“Brenda ha la tua famiglia, si gioca secondo le sue regole. Scacco matto!” disse Jean-Luc.
Artemis prese il pugno di Klaus e lo obbligò a rilassare la mano per far incastrare le loro dita.
“Va bene, Klaus. Ci vado. Farò tornare la tua famiglia sana e salva.”
“Anche tu sei parte della famiglia.” Sussurrò Klaus.
“Allora tornerò anche io.”
L’ibrido annuì e con riluttanza la lasciò andare. Tentare di fermarla sarebbe stato controproducente. Amare significa anche mollare la presa.
“Ti aspetto.”
 
Artemis fu condotta in una ricca area residenziale della città. Tutto intorno si ergevano grandi case coloniali che contavano tre o quattro piani, con le colonne all’ingresso e i mattoni bianchi all’esterno. Era la parte di New Orleans edificata dai grandi proprietari che sfruttavano gli schiavi per lavorare i campi.
“Questo viale ti dice qualcosa?” domandò Jean-Luc.
“Dovrebbe?”
Conosceva solo il passato di quel viale, lo aveva studiato per l’esame di storia del colonialismo e si era soffermata con interesse sul capitolo che riguardava la Louisiana.
“Qui vivevano Mabel e Randall, i tuoi nonni materni.”
Artemis sapeva poco dei suoi nonni. Yvette era sempre stata evasiva circa la sua famiglia. Si era limitata a dire che Mabel e Randall erano venuti a mancare quando lei era molto giovane e che da allora aveva vissuto da sola grazia al negozio.
“Brenda è qui?”
“Ti aspetta dentro.” Rispose Jean-Luc.
Si fermarono davanti ad una delle case, era enorme e con un quadriportico dalle colonne ioniche sul fronte. I balconi erano bombati e laccati d’oro, anche se la ruggine stava consumando il poco di pittura che restava.
“E cos’altro mi aspetta dentro?”
“Questo ti toccherà scoprirlo da sola. Prego, entra pure.”
Artemis varcò il cancello mezzo rotto e si guardò indietro per non vedere niente. La città era svanita. Gli alberi, le auto, le case erano tutte svanite. Anche Jean-Luc non c’era più.
“Sono stata io. Ho isolato la casa perché potessimo avere privacy.”
Brenda Cooper era una macchia nera nel grigiore di febbraio. I capelli grigi sulle tempie venivano messi in risalto dal trucco nero che le ornava gli occhi. Anche lei aveva il naso all’insù come Oscar e Artemis.
“Privacy per uccidermi a casa dei miei nonni? Meschino anche per te.”
“Non voglio ucciderti. Voglio portarti in un posto.” Disse Brenda, stizzita.
“A Disneyland?”
“In un mondo prigione.”
Artemis ghiacciò sul posto. Hope le aveva parlato dei mondi prigione e di come avveniva il rituale per spedirvi le persone, ma non credeva che ne avrebbe mai visitato uno.
“Per accedere ad un mondo prigione c’è bisogno di un evento celeste e dell’ascendente.”
“L’evento celeste che sfruttiamo oggi è la costellazione di Orione.” Disse Nathaniel.
Nella mano del ragazzo scintillava un oggetto argentato simile ad un meccanismo da orologio. Su di esso erano incisi simboli magici e numeri.
“Non rispondi al telefono perché sei impegnato a confabulare con tua zia?”
“Non ho risposto perché ero in Corea in cerca dell’ascendente.” Disse Nathaniel.
“Lo stiamo cercando da quando Miriam è morta.” Aggiunse Brenda.
Artemis guardò prima il fratellastro e poi la donna, dopodiché scosse la testa con una risatina incredula.
“Volete imprigionarmi? Credete che sia io a uccidere streghe e sciamani, dunque volete punirmi.”
“Ti sbagli. Sappiamo che tu sei innocente.” Disse Brenda.
“Ma se fino alla settimana scorsa mi accusavi pubblicamente!”
“Le cose sono cambiate da allora. Artemis, devi ascoltarci.” La pregò Nathaniel.
Artemis mise le mani in tasca e sfiorò l’anello di sua madre in cerca di conforto.
“Vi concedo tre minuti solo se mi assicurate che i Mikaelson e Keelin stanno bene.”
Brenda fece una smorfia ma non si oppose. Mormorò alcune parole e una porta si spalancò rivelando una piccola sala da ballo. All’interno Rebekah, Elijah e Keelin giacevano addormentati.
“Si sveglieranno illesi fra poche ore, il tempo necessario ad andare e tornare.”
“Perché dovrei fidarmi di voi?” chiese Artemis.
“Non hai scelta. Il cacciatore è vicino. Ho letto il tuo taccuino.” Disse Brenda.
“Cacciatore? Sapete che è maschio?”
Nathaniel lasciò l’ascendente alla zia e si avvicinò alla ragazza per metterle una mano sulla spalla.
“Artemis, fidati di me. Non ti faremo del male. Vogliamo solo scoprire la vera identità del cacciatore.”
Artemis ripensò allo sguardo atterrito di Klaus mentre si preoccupava di Hope. Ripensò a Freya, a quanto avrebbe sofferto Keelin se le fosse successo qualcosa. E ripensò a Emilie che l’aveva fatta ridere mentre le tingeva i capelli. Lo doveva a tutti loro.
“Poche ore, non di più. E dopo libererete i Mikaelson.”
“Hai la nostra parola.” Giurò Nathaniel.
Brenda si bucò il dito con un coltellino e fece gocciolare il sangue sull’ascendente. Il meccanismo si mise subito in moto ronzando rumorosamente. Lanciò un’occhiata divertita ad Artemis.
“Togliti il cappotto, stiamo andando nell’estate del 1987.”
“Chi stiamo per incontrare?”
“Oh, lo scoprirai molto presto.”
Mentre Artemis si sfilava la sciarpa, una luce abbagliante avvolse il terzetto e si udì un cigolio simile ad una porta che si apre.
 
Artemis atterrò perfettamente in piedi nel giardino della stessa villa. Se prima era un edificio fatiscente, adesso era una dimora nel pieno della gloria. I mattoni bianchi brillavano e riflettevano i raggi del sole, i balconi sembravano scrigni dorati e l’erba era rigogliosa.
“Chi hai imprigionato qui?”
Brenda si spazzolò la polvere dai pantaloni e ripose l’ascendente della borsa, al sicuro da ogni tentativo di furto.
“Cosa ti fa pensare che sia stata io?”
“Per azionare l’ascendente hai usato il tuo sangue, ciò vuol dire che sei stata tu a imprigionare qualcuno qui. Ho studiato, sai.”
“Che brava!” la schernì Brenda.
“C’è una persona che non vede l’ora di conoscerti.” Disse Nathaniel.
Artemis si tirò su le maniche del maglione e si legò i capelli in una coda alta. Doveva per forza finire in un mondo magico durante l’estate?
“Ah, sì? Immagino ci sia la morte con la falce ad attendermi.”
Brenda si incamminò verso la grande casa, sembrava un corvo che ispeziona la zona di caccia. Si guardava attorno con fare guardingo, non si fidava neanche delle finte foglie che calpestava sotto gli stivali.
“E’ peggio della morte.”
Nathaniel mise un braccio intorno alle spalle di Artemis e la spinse dolcemente al seguito della zia. Artemis voleva svincolarsi, rubare l’ascendente e tornare subito a New Orleans, ma si costrinse a camminare verso l’ignoto in memoria delle persone morte.
“Ehi, siamo qui! Apri!” gridò Brenda battendo un pugno sul portone.
Artemis si sventolò una mano sul viso nel tentativo di trovare ristoro dal caldo, ma sembrava che l’afa aumentasse a dismisura. Trasalì quando il portone si aprì con un colpo secco.
“L’hai portata?” gridò di rimando una voce.
“Sì. E’ qui.” Rispose Brenda.
Pochi istanti dopo una donna sulla quarantina uscì sul portico. Indossava un abito azzurro a stampa floreale e un paio di sandali bianchi con la zeppa. I suoi boccoli dorati si abbinavano a due grandi occhi color nocciola.
“Tu devi essere Artemis.”
La ragazza inarcò il sopracciglio e squadrò la donna da capo a piedi. Aveva la sensazione di conoscerla.
“Sì. E tu saresti?”
“Io sono Mabel. Sono tua nonna.”
Artemis scoppiò a ridere spaventando Nathaniel al suo fianco. Era una risata isterica generata dal panico.
“Mia nonna? E’ questo il teatrino che vi siete inventati?”
“Sono davvero tua nonna. O meglio, fra una decina di anni tu nascerai ma io già sarò imprigionata qui.”
In effetti, il biondo grano dei capelli era identico a quello di Yvette. Anche i boccoli perfetti erano identici.
“Perché sei stata imprigionata?”
“Perché ho salvato New Orleans ma nessuno mi ha ringraziata.” Replicò Mabel.
“Non è andata proprio così.” Precisò Brenda.
Artemis si appoggiò a una delle colonne del portico e si passò una mano sul viso. Ragionando con lucidità, Yvette non aveva mai detto nulla sulla nonna materna e questo era dovuto al fatto che fosse in un carcere sovrannaturale.
“Che cosa hai fatto? Perché sono qui? Come fai a conoscermi?”
Mabel ridacchiò e sollevò le mani, la fede luccicava ancora all’anulare.
“Sei qui perché so contro chi state combattendo. So chi è il cacciatore di streghe. Per favore, entrate a bere qualcosa.”
 
Artemis rimase sorpresa dal buon sapore del succo di mirtilli che Mabel aveva offerto loro. Per essere un mondo prigione, non era niente male. L’interno della casa era immutato, l’arredamento era quello del 1987 con tanto di piante annaffiate e mobili spolverati.
“Dunque, Brenda mi ha detto che sono morte già parecchie persone. Tre streghe e uno sciamano sono abbastanza per destare sospetti.”
“Sei già informata?” fece Artemis.
“Sono venuta da Mabel dopo la morte di Simon.” Spiegò Brenda.
Mabel bevve un altro sorso di succo e mangiò un pasticcino alle mandorle. Sembrava la prigioniera più felice dell’universo.
“Anche nell’estate del 1987 New Orleans fu presa di mira dal cacciatore. Credevo che quella storia fosse acqua passata, invece quel demonio è tornato.”
“Raccontaci come sono andate le cose.” La invitò Nathaniel.
Mabel rivolse lo sguardo alla finestra come se la sua mente si stesse smarrendo nei ricordi.
“Nell’estate del 1987 nel Quartiere Francese sono morte tre streghe che appartenevano alle congreghe di Algiers, Gentilly e Ninth Ward. Sapevo che la prossima vittima sarebbe stato qualcuno della Congrega Corvi, dunque ho studiato i cadaveri e ho scoperto che sul polso era inciso il Trishula.”
“Il simbolo di distruzione. Anche adesso è apparso.” Disse Nathaniel.
Le mani di Mabel tremarono attorno al bicchiere, la sua allegria era stata sbiadita dai ricordi dolorosi del passato.
“Ma non è stato quel simbolo a mostrarmi la via, bensì un ragazzo della mia congrega. Si chiamava Joaquin, possedeva il dono della preveggenza. Lui mi recitò una profezia e io la cercai fino a trovarla.”
“La danza delle streghe intorno al fuoco, la conosciamo.” Intervenne Artemis.
“Deduco che tu abbia scoperto qualcosa.”
Artemis sentì addosso gli sguardi indagatori di Nathaniel, mentre Brenda già sapeva quanto aveva scoperto dopo che Gabriel le aveva consegnato il taccuino rubato.
“La profezia è comparsa tre volte nella storia legata a tre streghe bruciate sul rogo: Ginevra Beccarini ne 1457 in Italia, Viveka Schulz nel 1591 in Germania e Mary Walcott nel 1692 a Salem. Pochi giorni fa la profezia è comparsa anche a New Orleans ma non riesco a individuare a quale strega possa essere collegata.”
“Non è la prima volta che la profezia si verifica a New Orleans. Si stava per verificare anche nel 1987 ed era collegata a me.”
“A te?” le fece eco Brenda.
Mabel le riservò uno sguardo torvo, lo stesso che Yvette assumeva per rimproverare Artemis da bambina.
“Viveka e Mary erano le discendenti di Ginevra Beccarini. Anche io sono una sua discendente.”
“Quindi lo è anche Artemis.” Disse Nathaniel.
“Esatto.” Confermò Mabel.
Artemis sentì lo stomaco in subbuglio. Avrebbe voluto che Klaus fosse lì, le sarebbe stato una sola occhiata per sentirsi più a suo agio.
“La Congrega Corvi è nata in Italia con Ginevra?”
“Sì, poi la congrega si è spostata a New Orleans nel Settecento perché il Quartiere Francese è il posto adatto alle comunità soprannaturali.”
“Ginevra ha avuto molte discendenti prima di Viveva, di Mary e di te. Perché ha scelto voi?”
Mabel si guardò le mani, la fede era il dolce ricordo di Randall, e strinse forte le dita fino a far sbiancare la pelle.
“Perché noi possediamo il potere del trasferimento empatico.”
Artemis avvertì subito gli occhi scioccati di Brenda e Nathaniel, però non ebbe il coraggio di voltarsi. Continuò a guardare dritto con espressione impassibile.
“E’ questo il tuo potere: manipolare le emozioni. Eccezionale!” esclamò Nathaniel.
“Subdolo.” Chiosò Brenda a bassa voce.
“Non è bello come sembra, vero?” disse Mabel dolcemente.
Artemis deglutì, sentiva la bile che le risaliva lungo la gola e trattenne un conato di vomito.
“E’ orribile. Non riesco a gestirlo.”
“Ci vogliono tempo e pazienza. Io avevo quindici anni quando mia madre mi confidò quale fosse il mio potere speciale, ho avuto anni di duro addestramento per gestire il mio tocco.”
“Tua madre era un’altra serpe velenosa.” Commentò Brenda.
Nathaniel diede un colpetto al gomito della zia per ammonirla di quel comportamento maleducato.
“Perdonate mia zia, spesso non sa quel che dice.”
Artemis inarcò le sopracciglia perché Brenda non parlava mai a sproposito.
“Mia madre apparteneva alla congrega Corvi e mio padre era uno sciamo Tremé.” Disse Mabel.
“Figlia di due congreghe diverse.” Mormorò Nathaniel.
“Lo erano anche Ginevra, Viveka e Mary. Anche Artemis.”
Brenda si versò altro succo di mirtilli e lo bevve immaginando che fosse un Martini.
“Ma se il cacciatore dà la caccia alle streghe che hanno questo particolare potere, perché non è menzionata la profezia del 1987?”
“Perché io ho cancellato ogni traccia di quella estate.” Disse Mabel.
“Come?” domandò Nathaniel.
“Ho cancellato la morte di quelle streghe dagli annali e poi ho costretto tutti a dimenticare ciò che era successo. Nessuno sapeva e quindi nessuno ha registrato la profezia.”
Un senso di vertigine colse Artemis, che serrò le dita all’anello di Klaus che portava al collo come amuleto.
“Questo significa che noi possiamo cancellare la memoria delle persone?”
Mabel sorrise sorniona, aspettava quella domanda come se fosse il vero fulcro di quella visita.
“Non proprio cancellare. Possiamo modificare i loro ricordi manipolando le loro emozioni. Mi è bastato trasformare la loro rabbia e il loro dolore in un ricordo lontano e sfocato. Se chiedi a qualcuno cosa ricorda di quella estate, ti diranno che ha i ricordi confusi.”
“Perciò il cacciatore adesso è tornato per Artemis.” Disse Brenda.
“Sì. Anzi, dipende da dove vive Artemis.”
“Abito a Chicago, eppure le streghe sono morte a New Orleans.” Disse Artemis.
Mabel si agitò sulla sedia come se fosse stata colpita da un fulmine. Afferrò le mani di Artemis fra le proprie e la fissò negli occhi.
“Allora il cacciatore era a Chicago. Magari è il tuo vicino di casa, il postino, il giardiniere. Magari ha un carretto di hot dog! Oppure è…”
E all’improvviso Artemis capì. C’era un solo ragazzo che era entrato nella sua vita nell’ultimo anno: Noah. Il gentile Noah che le portava sempre il caffè a lezione, che le procurava i libri per gli esami, che stava scrivendo una tesi sui processi di Salem.
“Oppure un amico.”
“Sai chi è?” si affrettò a chiedere Brenda.
“E’ Noah, un mio compagno di università. Sta casualmente scrivendo una tesi su Salem.”
“Folti ricci rossi, immensi occhi luminosi e sorriso tenero.” Sussurrò Mabel.
“Sì, sì, è proprio lui.” Asserì Artemis.
“Come lo hai ucciso?” volle sapere Nathaniel.
“Ucciso? Il cacciatore non può essere ucciso. Io l’ho solo relegato nelle paludi di Bayou.”
“Tutti possono essere uccisi, persino gli Originali!” sbottò il ragazzo.
Mabel lo guardò con altezzosità, come se solo lei fosse a conoscenza del grande segreto che avvolge questa misteriosa figura.
“Il cacciatore non è un uomo fatto di carne e ossa. E’ uno spirito antico che viene richiamato quando qualcuno ha bisogno di un sicario.”
Artemis strabuzzò gli occhi, la sua bocca si piegò in una linea dura e tesa.
“Oltre al cacciatore c’è il suo padrone? Grandioso!”
“Il cacciatore è uno spirito vendicativo, risorge solo se ha un compito da svolgere. I suoi padroni lo invocano e gli chiedono di uccidere qualcuno. E’ così che funziona.”
“Qual è l’origine del suo potere? Com’è morto?” chiese Brenda.
Mabel sospirò e tornò a sedersi sulla poltrona in vimini del giardino. Sembrava più vecchia di prima, le rughe che rovinavano la sua bella fronte.
“Non l’ho mai saputo purtroppo. All’epoca scrissi un incantesimo che lo confinasse nelle acque della palude perché non avevo tempo. Stavano morendo troppe streghe e sapevo che sarebbe arrivato a me per rubare il mio potere.”
“Lui cerca Artemis per rubarle il potere?” domandò Nathaniel.
“Sì, ma non so perché. Tocca a voi scoprirlo. Io sono stata imprigionata qui perché il mio incantesimo era ritenuto poco ortodosso.”
Uno scossone fece tremare la casa e il succo di mirtilli si rovesciò sul patio. Artemis si avvinghiò ai braccioli della poltrona per reggersi.
“Che diavolo è stato?”
“Gli ospiti non possono restare troppo a lungo nei mondi prigione. Avete pochi minuti prima di essere risucchiati qui per sempre. Dovete andare e fermare il cacciatore.”
Brenda e Nathaniel furono i primi ad alzarsi e a dirigersi verso la porta, mentre Artemis rimase con sua nonna ancora un momento.
“Puoi aiutarmi col mio potere, Mabel? Posso bloccarlo in qualche modo?”
Mabel si sfilò un bracciale, un sottile cerchio d’oro con una runa incisa, e glielo allacciò al polso.
“Questo bracciale bloccherà il trasferimento empatico solo per due giorni. Capito, Artemis? Due giorni.”
“Ho capito.”
Artemis tentò di seguire Nathaniel ma Mabel la trattenne fra le braccia. L’abbracciò e le accarezzò i capelli come avrebbe fatto una qualsiasi nonna con la nipote.
“So che Yvette è morta. Mi dispiace così tanto, bambina mia.”
Un’altra scossa fece vacillare la villetta. Un lampadario del corridoio si schiantò a terra spaccandosi in mille pezzi di vetro.
“Artemis, dobbiamo andare!” gridò Brenda.
“Devi andare, piccola. Uccidi il cacciatore e salva la tua vita.” disse Mabel.
“Nonna…”
Artemis si sentì risucchiare in un turbine di luce bianca e sua nonna svanì in pochi secondi. Atterrò sull’erba secca con le ginocchia e le mani ancora piegate a stringere Mabel che non c’era più.
“Quanto tempo siamo stati via?” stava dicendo Nathaniel.
Brenda si pulì le maniche della giacca dalla terra e si pettinò i capelli alla bell’e meglio.
“Il tempo scorre in maniera diversa nel mondo prigione, è tutto più lento e veloce insieme.”
Artemis si mise in piedi e si accorse che era diventata sera. Il tramonto era rosso come una lingua di fuoco e stava per inabissarsi nella notte nera. Era stata con Mabel per ore ma lì erano parse a stento due ore.
“Adesso libera i Mikaelson e Keelin.”
Brenda entrò in casa – che ora era tornata cadente come prima – e risvegliò i tre con la magia.
“Dobbiamo collaborare per annientare il cacciatore.” Disse Nathaniel.
Artemis stava controllando il cellulare, lasciò perdere i messaggi di Lauren e di Klaus, e si concentrò sulle chiamate perse di Noah.
“Il bastardo mi sta cercando. Credo che sia vicino.”
“Non essere avventata, Artemis. Dobbiamo prima conoscere il suo passato, la sua storia, per poterlo sconfiggere.”
“Hai ragione.”
Artemis lasciò cadere il discorso, non era dell’umore per essere gentile con il fratellastro. Si abbandonò ad un sorriso solo quando vide che Rebekah, Elijah e Keelin stavano bene e camminavano verso di lei.
 
Marcel abbracciò Rebekah così forte che le mozzò il respiro. Anche Elijah ed Hayley parlavano fitto e si sorridevano. Freya, ansiosa quale era, controllava ogni centimetro del viso di Keelin in cerca di eventuali ferite.
Artemis osservava tutto dalla balaustra. Non era in vena di sorridere e di gioire, preferiva quell’angolo buio per starsene da sola. Odiava le folle.
“Ecco l’eroina che guardava alla sua epica impressa con il distacco che appartiene solo ai grandi guerrieri.”
Klaus si sporse per adocchiare la sua famiglia riunita. Era felice quando loro erano felici.
“Non sono una eroina. E non ho nemmeno il distacco dei grandi guerrieri.”
“Ma hai un nuovo bracciale. Regalo di uno spasimante?”
L’ibrido non riuscì a nascondere la gelosia. L’idea che lei indossasse il regalo di un altro era intollerabile.
“Sei patetico.”
“Sono geloso, è diverso.” Ribatté lui.
“Allora sei un geloso patetico perché me lo ha dato Mabel.”
Artemis aveva raccontato tutto per filo e per segno del mondo prigione, di Mabel e del cacciatore. Aveva tenuto per sé solo due dettagli: il bracciale e lo scadere del tempo.
“A che serve il bracciale?”
“Blocca il trasferimento empatico per quarantotto ore.”
Klaus si accigliò, non capiva la ragione di quel monile inibitore.
“Perché Mabel te lo ha donato? Non vedo il motivo per cui dovresti frenare il tuo potere.”
Artemis prese le distanze, lo faceva ogni volta che stava per dire qualcosa di tragico.
“Per degli eventuali addii.”
“Addii? Non capisco.”
“Klaus, ascoltami bene. Se non trovo una soluzione per uccidere il cacciatore, allora io morirò perché lui prenderà la mia magia e di me non resterà nulla.”
“Artemis…”
Artemis lo afferrò per i polsi senza preoccuparsi di lasciare segni, tanto la pelle dell’ibrido guariva già mentre lo stringeva.
“Se non lo uccido, io e te avremo poco tempo a disposizione e non voglio sprecare neanche un minuto.”
Klaus ebbe un sussulto. Il suo cuore, di solito tumultuoso come quello di un lupo, perse alcuni battiti.
“Ma tu meriti di vivere, Artemis.”
Artemis gli accarezzò la guancia mentre con l’altra mano gli scostava un ricciolo biondo dalla fronte. Con gli occhi lucidi e la bocca schiusa somigliava al bellissimo ed eterno angelo dipinto da Leonardo da Vinci.
“Farò il possibile per restare in vita, ma questa è una promessa che non posso farti.”
“Dovrai fare il massimo per mantenerla.”
Klaus a quel punto la avvolse in un abbraccio che sapeva di bourbon, pittura e sangue; il tipico odore di Klaus, quello che lei aveva imparato ad apprezzare.
Artemis si staccò con un sorriso appena accennato, il malumore appannava ogni suo pensiero.
“Ti va una birra al Rousseau, Mikaelson?”
“Certo.”
 

Salve a tutti! 🥰💕
Che ne dite di Mabel e del mondo prigione? Vi aspettavate che fosse Noah il nemico?
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

BLOODY WAR 2 || Klaus Mikaelson Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora