9. 【第九章】

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Finiti gli esami, le vacanze estive stavano quasi giungendo al termine e il tempo scorreva così in fretta che la ragazza si accorse a malapena che a breve sarebbe iniziato il nuovo semestre.

Seduta sul letto di camera sua - sempre quell'umida camera del dormitorio - Yoora continuò a fissare il foglio che aveva tra le mani. Qualcuno aveva fatto passare sotto la porta porta la busta che conteneva quel foglio. Quando l'aveva aperto aveva avuto la pelle d'oca per tutto il tempo.

Documento di licenziamento - continuò a rileggere la prima riga, come per cercare di realizzare. Sapeva che la situazione era diventata strana dopo quella sera maledetta in cui lei aveva scoperto tutto su di lui, quella sera in cui poi lui l'aveva baciata, toccata, maneggiata quasi come fosse un burattino, mentre lei era rimasta inerme sotto il suo tocco.

Dopo quella sera il capo del locale l'aveva chiamata per dirle di prendersi del riposo, di restare a casa, senza dargli alcuna spiegazione. Adesso, invece, quasi una settimana dopo, aveva trovato questo documento. Sapeva fosse opera sua, di lui - mentre lo pensò disse così, cercando di non pronunciare il suo nome nemmeno quando parlava tra sé e sé - tanto era il fremito che gli procurava anche solo pensare alle lettere del suo nome.

Che poi, era legale una cosa del genere? Licenziare qualcuno per iscritto, senza avvisare, senza dire nulla, da un giorno all'altro? Quel lavoro le serviva, era l'unico che aveva trovato in zona con degli orari che si incastravano perfettamente con le lezioni e che le lasciava del tempo per studiare.

Adesso avrebbe dovuto ricominciare nuovamente a mandare curriculum, trovare qualcosa che non avrebbe tolto troppo tempo allo studio, iniziare a risparmiare il più possibile per timore di non riuscire a pagare più nulla: un ciclo continuo e tortuoso. Yoora ripiegò il foglio e lo posò sul comodino. Trattenne il pianto isterico che la collera stava causando dentro di sé.

Prese il telefono e rispose al messaggio che le era arrivato prima. Si truccò per bene -cosa che faceva raramente - e si mise il suo vestitino nero preferito. La sua natura introversa aveva fatto sì che non avesse molte amicizie all'università, ma a lei stava bene così e lo preferiva: amici pochi e essenziali. Hina, un'amica conosciuta all'università, l'aveva invitata all'ennesimo gokon, quella sorta di famosi "appuntamenti al buio" che tanto andavano di moda in Giappone. La divertivano un sacco, ogni volta riusciva ad incontrare fenomeni da baraccone di tutti i tipi, dai più belli ma psicopatici ai più timidi.

Non cercava relazioni, il suo cuore apparteneva soltanto a Namjoon. Si maledisse per essersi innamorata di un professore che, come se non bastasse, era pure un boss mafioso. Questo amore la stava lentamente consumando.

L'unica cosa che la consolò era la speranza che forse un giorno il tempo avrebbe posto fine al suo amore platonico. Con lui sapeva non sarebbe stato possibile niente di tutto quello che poteva definirsi un'ordinaria relazione, anzi, forse la loro non si poteva nemmeno definire una vera e propria relazione. Forse sarebbe stato meglio custodire gelosamente il suo amore per lui, lasciarlo segreto. Lui sapeva che lei era pazza di lui, l'ha sempre saputo, e lei era stata troppo stupida da averglielo fatto capire.

La ragazza uscì di casa, dirigendosi verso la fermata del tram. Nonostante il locale in cui doveva andare non distava molto, si scocciava a fare la strada a piedi sui tacchi. Hina salì sul tram appena due fermate dopo. Appena le due ragazze si guardarono, scoppiarono a ridere, abbracciandosi.

«Non sono abituata a vederti così agghindata, oggi ti sei sistemata più del solito. Non che tu non sia bella comunque, eh - Hina ridacchiava mentre pronunciò quelle parole, poi continuò» I due ragazzi ci stanno già aspettando lì, spero siano carini.

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