4. Quadrifoglio

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Dicono che io possa portare fortuna. Non ho mai capito come, e sinceramente non credo lo capirò mai. La prima a notarmi fu una bambina durante una bella giornata di primavera. Capelli rossi, occhi verdi e vispi, lentiggini ovunque: un musetto da volpe, insomma. Mi colse con estrema delicatezza, portandomi via dal campo di trifogli. Teneva lo stelo tra le dita come fosse stato la cosa più preziosa del mondo: mi lasciò tra le pagine di un libro, avvolto nelle parole. Sentii la linfa asciugarsi lentamente, tingendo la carta. Quando le mie foglie, da carnose e vellutate, divennero sottili e fragili per fortuna trovai rifugio sicuro in un medaglione.
Così passai anni sereni al collo della madre della bambina, poco sopra il suo cuore. Quando raccontava storie era come essere accarezzati dalla rugiada mattutina, che preannuncia il calore del sole. E come il sole, sprigionava una vitalità gioiosa e rincuorante, che le faceva attraversare le peggiori tempeste col sorriso.
Purtroppo il tempo iniziò a segnare il suo corpo, e non potei fare nulla per impedire che un terribile morbo la facesse appassire.
La bambina, ormai una giovane donna mi chiuse in una scatolina, ancora sigillato nel ciondolo, e mi vendette, non volendo più avere a che fare con me.
Sapevo di non aver protetto sua madre, ma era forse colpa mia se mi erano state attribuite doti che non avevo mai dimostrato di possedere?
Da lì ho incontrato le persone più disparate: un ubriacone che mi perse a carte, una poetessa che sospirava per un amore impossibile carezzando una delle mie foglie, una nonnina che preparava torte gustose per i suoi adorati nipoti, un pittore mi portava sempre sotto la camicia ogni volta che allestiva una mostra d'arte, una mistica leggeva il futuro nelle mie venature, trovandovi chissà così sempre nuove interpretazioni. Ho accompagnato un bambino dai suoi primi giorni in culla fino all'infarto che ne ha reciso la risata e la tenerezza. Il figlio mi separò dal medaglione, che lasciò alla sorella in ricordo del genitore. Mi ripose invece tra le pieghe di cuoio del suo portafogli. Ora vengo cullato dalla sua andatura decisa e regolare.
Non so se ho davvero portato fortuna a tutte quelle persone, anche solo una volta nella loro vita.
Ho solo fatto loro da compagno, da silenzioso ricettacolo delle loro storie, delle loro anime. Ho ascoltato le loro preghiere e ho sperato si avverassero, ho accolto i sogni e la disperazione, i sorrisi e le lacrime. Sono rimasto con loro anche quando mi dimenticavano sul comodino o in un cassetto.
Forse questa è la vera fortuna.

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