Parte 8

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Molti anni prima

Era una gelida notte invernale. Un Dicembre così freddo non lo si percepiva da tempo. Ma forse era solo lui a sentirlo così: dopotutto un guscio vuoto congela in fretta.

Il caldo tepore di un tempo, quello che sentiva dentro, quello che lo avvolgeva come un abbraccio quando tornava a casa e lì c'era un burbero biondo ad attenderlo, ecco, quel tepore, ormai era solo un vago ricordo sbiadito che non poteva tornare più.

Si sentiva spento e vuoto. Derubato di qualsiasi forma di energia o calore.

I giorni si susseguivano tutti uguali, mai diversi, accomunati soltanto dal forte senso di privazione che un tempo neanche conosceva.

E a niente servivano le luci di Natale che incorniciavano la città. Un tempo lo avrebbero fatto sorridere.

Un tempo avrebbero sciolto il suo cuore e intenerito il suo animo leggero.

Un tempo di molti anni prima, avrebbe accolto quel periodo festoso dell'anno con gioia e felicità. Avrebbe addobbato casa, scelto l'albero, decorato e sarebbe andato a comprare i regali per i parenti e gli amici.

Avrebbe speso tempo dinanzi ad un sacco  di cartoline cercando le parole giuste per augurare ad ognuno delle buone feste.

Invece era lì. Da solo. A New York. Senza una faccia amica, senza il suo vero grande amore.

Senza nessuno a confortarlo, senza nessuno che volesse offrirgli un po' di calore umano.

Senza Kacchan.

Anche le lacrime che aveva versato a migliaia ormai erano asciutte ed insipide. Avevano lo stesso sapore dei ricordi felici ai quali non sarebbe mai tornato ma nei quali continuava a vivere.

Dai quali continuava a trarre energia per tirare avanti quel guscio vuoto rinsecchito che era.

E dopo un po', semplicemente quando tutto sembrava troppo e la solitudine si faceva insopportabile, trascinava le sue membra stanche alla ricerca di un po' di calore umano. E alcolico.

Era in quel periodo, che aveva iniziato a tornare nel suo appartamento solo ed esclusivamente in compagnia. Di chi si trattasse, poco importava. Bastava che gli aprisse le cosce e lo lasciasse perdersi in piccoli momenti estatici durante i quali ricordava, dolorosamente, chi fosse.

Erano sempre persone diverse. Mai gli stessi. Non perché amasse cambiare, ma bensì perché non voleva che si affezionassero. Lui non li voleva. Izuku non voleva nessuno che non fosse Katsuki. Il suo Kacchan.

Non voleva condividere con perfetti sconosciuti ciò che aveva diviso con lui per anni interi. Non voleva che s'instaurasse un'abitudine, una sorta di quotidianità fatta di riti canonici al quale poi forse si sarebbe affezionato.

Anche perché, in un certo senso, sarebbe stato come andare avanti e dimenticarlo. E Izuku non voleva farlo. Non aveva assolutamente intenzione di trovare una nuova felicità che non fosse quella che aveva assaporato prima della cancellazione della memoria di Katsuki.

Si sarebbe aggrappato a quei ricordi per sempre, ne avrebbe fatto tesoro e tratto l'energia sufficiente per tirare avanti giorno dopo giorno. Ma non li avrebbe abbandonati mai.

Piuttosto avrebbe sacrificato il suo futuro. Di nuovo. Come già aveva fatto quando gli aveva fatto cancellare la memoria.

(508 parole)

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