Cinque - Proposte allettanti

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Non vedevo Louis da parecchio tempo, forse addirittura due settimane - il che era un record - e trascorrere del tempo insieme a lui era stata un'idea a dir poco eccezionale. Stare lontana da casa per un po', che equivaleva a non avere Harry fra i piedi tutto il santo giorno, si stava rivelando un'ottima soluzione per il mio costante nervosismo.

La sera precedente in realtà, non avevamo organizzato la giornata. Non avevo idea dell'ora in cui mi sarei dovuta presentare da Louis, o se magari lui aveva in mente di venirmi a prendere, magari per farmi un favore risparmiandomi il tragitto in autobus. Avevo sperato vivamente nella seconda ipotesi, e nel dubbio non mi ero mossa dalla mia stanza. Alle dieci inoltrate di mattina mi ritrovavo in camera mia a smanettare col telefono nella speranza di riuscire a mettermi in contatto con lui. Tartassarlo di messaggi e chiamarlo ogni due minuti non sembrava servire a molto. Conoscendolo, si sarebbe benissimo potuto trovare nel mondo dei sogni mentre io lo chiamavo, invano.

Nel frattempo, il suono frastornante di un clacson proveniva dalla strada davanti casa. Mi frenai da uscire fuori e urlare contro al responsabile e continuai a scrivere a Louis. Nel caso stesse dormendo, dovevo pur svegliarlo.

«Che cazzo!» sentii Harry imprecare dalla sua camera. Avevo fatto così tanto per non svegliarlo, per evitare di dover rispondere alle sue domande che sapevo sarebbero arrivate tra poco e non me la sarei cavata con un post-it attaccato sul frigo in cui spiegavo il motivo della mia assenza.

Si affacciò alla mia camera e mi guardò interrogativa quando vide il piccolo zainetto accanto a me.

«Ti trovi in una profonda crisi adolescenziale e hai intenzione di scappare di casa seguendo il tuo istinto ribelle?» si spettinò i capelli, «Be', mi dispiace dirtelo, ma il tipo della macchina ha involontariamente rovinato il tuo piano, spero che tu non ne abbia uno di emergenza.»

«Non vorrei far crollare le tue teorie su una mia possibile fuga, ma sto aspettando un mio amico, credo» spiegai mentre pregavo Louis mentalmente di sbrigarsi a rispondere per salvarmi da quella situazione.

«Oh, fantastico» distese le braccia, per poi sbadigliare. «Ora dovrei iniziare a esporre una lista in cui elenco cose che non dovrai fare, ma non ne ho voglia e non ho ancora fatto colazione» si grattò la pancia.

«Cerca solo di non morire, non voglio averti sulla coscienza per il resto della mia vita» con questo si congedò e tirai un sospiro di sollievo.

Mi alzai dal letto, infastidita dal fracasso che proveniva dalla strada. Aprii la finestra e vidi Louis accanto dalla sua auto. Il finestrino era abbassato e con un braccio premeva ripetutamente il clacson. Quando mi vide, mi guardò scazzato. Ah, lui.

«Sono tre ore che sto qua!» urlò. Chiusi velocemente la finestra e presi il mio zaino. Non capivo il motivo, insomma, non credo fosse tanto difficile suonare il campanello.

Inutile dire che quando lo avevo raggiunto, non era poca la gente a guardarci male per il trambusto che lui aveva causato.

A parte la figuraccia fatta quella mattina, la giornata era trascorsa piacevolmente in sua compagnia, anche se passata più in fretta di quanto aspettassi e volessi. Avevamo fatto la spesa, dato che avevamo trovato il frigorifero vuoto da qualsiasi cosa che avrebbe potuto essere il nostro pranzo, e poi ci eravamo goduti al meglio il pomeriggio, giocando alla play station e cazzeggiando, come era nostro solito fare. Per cena avevo proposto di ordinare la pizza, e anche questa era stata un'ottima idea, modestamente parlando.

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