La foresta non era avvolta dalla solita quiete di ogni tardo pomeriggio, quando tutti gli animali iniziano ad assopirsi per il prossimo arrivo della notte. I giovani abitanti di quel luogo selvaggio erano in subbuglio: alcuni trasportavano legna, altri intrecciavano corde, altri si calavano in un sotterraneo, altri ancora si limitavano a gridare e a saltare in estasi per ciò che sarebbe accaduto all'alba.

In tutto quel clamore, nessuno sarebbe stato in grado di udire il flebile pianto di una piccola creatura dall'umano sembiante e i vani rimproveri della sua compagna.

«Mai avrei pensato di poter soffrire così tanto in vita mia! Una sciagura così grande...» singhiozzava, volando per la selva. «Perché a me?! Non ho fatto nulla di male, se non qualche sgarretto condonabile!»
«Piantala, Elvira: è solo un mortale» sbuffava la compagna, più insofferente a ogni attimo che passava.

«Ma, Elpenore, non capisci!» continuò a piangere la prima: Elpenore non capiva, non ne sarebbe mai stata in grado se non avesse provato la stessa esperienza che era capitata a lei. «Io lo amo!»
«Sei solo attratta dal fatto che sia un bell'uomo».

«Non è vero! Non è solo questo!» affermò con forza. «Anche...» fu costretta a mormorare, non potendo mentire alla compagna, nascondendole che il primo impulso era scattato per quell'elemento fisico. «Ma non solo! Altrimenti non avrei deciso di continuare a seguirlo, pur sapendo che Zarkros odia lui e il suo clan e potrebbe iniziare ad adirarsi anche con me».
«Be', in ogni caso te lo dovrai scordare».
«Non posso! Non posso scordare colui che amo!»

A quell'ultima esclamazione, la compagna non si contenne più. Volò fin davanti a lei, stringendola per le spalle e scuotendola con veemenza.
«Elvira! Sei dura a comprendere, ma non tanto da capire la cosa fondamentale, che tutti sanno: le fate non provano sentimenti. E, se anche tu davvero lo amassi,» concluse, arricciando il naso al pronunciare quella parola, «non potresti mai averlo».

«Lo so» sospirò la fata dei fiori, ma senza scoraggiarsi. «Ma non è questo che mi importa: mi basterebbe poterlo contemplare da lontano, senza nemmeno farmi notare, come ho fatto in questi ultimi tempi. E potrei anche accettare di non vederlo mai più, pur sapendolo in vita».

«Bene, in ogni caso, prima o poi, diventerà vecchio e brutto: lo amerai ancora?»
«Sì».
La fata degli alberi si voltò, con la chiara intenzione di abbandonarla. «Sei proprio bugiarda» continuava a borbottare, allontanandosi.

Elvira non poteva trattenerla con sé: capiva lei stessa che ciò che le stava chiedendo era una pazzia. Voleva salvare il suo mortale ma per farlo dovevano esporsi a un grandissimo rischio: se i daimona le avessero notate, o se fossero venuti a saperlo, nulla le avrebbe risparmiate. Poteva passare seguirlo tacitamente, parlare con lui, rivelargli qualche informazione in merito a loro creature; persino far crescere una radice in mezzo alla gola dell'isola delle maghe poteva essere accettabile, perché avevano un salva-esistenza abbastanza valido da mostrare davanti alla boulé. Ma quale motivazione potevano addurre davanti all'esplicito salvataggio di due mortali?

Ma la fata non si sarebbe rassegnata.
«Forse,» iniziò a dire, richiamando l'attenzione dell'altra, che, benché giunta al livello minimo di sopportazione, si girò, «quando iniziai a provare questo sentimento, forse allora la sua bellezza era essenziale. Poi però ho sentito i suoi discorsi, quelli che faceva, tutto adirato, mentre tornava nei territori del clan che lo ospitava, oppure quelli che rivolgeva alla sua compagna là sotto. Ho sempre considerato noiosi i discorsi dei mortali, ma, per una volta, siccome era lui a parlare, ho deciso di ascoltare. Sai di cosa parlava, Elpenore? Certo che no, eri occupata a ridere per gli insulsi racconti dei folletti. Tra le tante cose grazie alle quali ho compreso quanto i mortali siano in realtà interessanti, parlava della vita, quella che è l'ultima delle nostre preoccupazioni, a cui non dobbiamo nemmeno dare un senso, visto che c'è sempre e non sparisce mai. Per loro non è così: devono trovare un senso, altrimenti, sul punto di morte, pensano di aver vissuto a vuoto. Quindi cercano la felicità. Sai, però, lui non l'ha mai trovata. Per questo dico che non può morire così, non può morire ora: prima deve dare uno scopo alla sua vita, deve essere felice, e io voglio aiutarlo in questo» concluse, più determinata che mai: si sarebbe persino sacrificata per lui, se fosse stato necessario.

Il mare dell'eternità || L'arrivo dei neoteroiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora