CAPITOLO I: RITORNO ALLE ORIGINI

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Una nebbia fitta e soffocante ricopriva da giorni le strade della grande metropoli di Chicago. L'autunno era giunto oramai da un paio di giorni, le temperature calavano inesorabilmente man mano che si raggiungeva la fine del mese di ottobre. Una sottile pioggia inumidiva i tetti di case e grattacieli ed il tacchettio di un paio di alti stivali risuonava lungo il dissestato marciapiede.
Una giovane donna camminava a passo spedito, il suo lungo cappotto nero la riscaldava da quel debole, ma gelido, vento autunnale. Il suo ritorno in città non fu uno dei migliori. Tra voli e treni cancellati ed un falso allarme bomba tra le gallerie della metropolitana, la donna iniziò a pensare che il destino proprio non volesse permetterle di tornare a Chicago. La suoneria acuta del proprio telefono le fece storcere le labbra.

"Ed ora si può sapere chi diavolo è?"

Stando ben attenta a svoltare a sinistra una volta superato l'ennesimo negozio di alimentari, sia mai che sbagliasse come l'ultima volta, la giovane donna prese il telefono dalla tasca del cappotto.
«Che cosa c'è?», domandò fredda la giovane, iniziando a rallentare il passo in corrispondenza delle strisce pedonali.

«Di pessimo umore già dalle prime luci dell'alba? Una camomilla o una tisana rilassante alla sera hai mai pensato di prenderla?». Per poco la donna dai corti capelli grigi non andò a sbattere contro un passante che andava in direzione opposta alla sua.
«Jane? Che cosa diavolo ci fai con il telefono di Drake?», chiese allibita la ragazza affrettando il passo. Il rosso del semaforo era passato già da un pezzo e ci mancò veramente poco prima che una macchina la prendesse sotto.

"E' ufficiale. Qualcuno da lassù mi vuole seriamente morta".

«Lunga storia. Comunque, hai sentito le notizie degli ultimi giorni?».
«La ragazza assassinata al Millennium Park? Sì, ho sentito», rispose pacatamente la donna mettendo la mano libera nella tasca dei jeans scuri. Si fermò un attimo, proprio nei pressi del parco e lì soffermò lo sguardo verso il punto in cui, stando a quanto detto dai suoi colleghi, fu rinvenuto il corpo di Melissa Hemingway. Stuprata ed uccisa da un uomo che avrebbe dovuto trovarsi dietro le sbarre e non in libertà vigilata. Lei e la sua squadra avevano denunciato l'individuo ai loro superiori, più volte, ma da parte loro avevano sempre trovato un muro invalicabile. Ed ora, quegli stessi capitani e sergenti, avrebbero dovuto fare i conti con una stampa che mai taceva e poco perdonava.
«Hey, Reghen, ci sei ancora?».
«Oh, ehm, sì Jane. Ci sono. Stavi dicendo?».

«Volevo sapere se avessi delle novità, un qualcosa in più rispetto a quello che dicono i giornali», ripetè la voce dall'altro capo del telefono. La donna sentì chiaramente il rumore di una macchinetta del caffè ed una voce maschile impastata dal sonno in sottofondo.
«No, non ho sentito nulla a riguardo. E comunque, anche se fosse, non posso riferire nulla, lo sai».
«Lo so, lo so, ma speravo potessi fare uno strappo alla regola».
«Non in questo caso, non con le indagini ancora in corso», proseguì Reghen spalancando la grande porta in vetro dell'alto grattacielo bianco, per poi salire velocemente le poche scale che l'avrebbero condotta nella spaziosa hall della struttura. Una scrivania, del medesimo colore dell'esterno dell'edificio, occupava buona parte del lato sinistro dell'ingresso. La nuova segretaria vestita in abiti scuri osservò indispettita la giovane dai capelli grigi, ma bastò uno sguardo da parte di quest'ultima per metterla a tacere e farle abbassare lo sguardo sui fogli ordinatamente riposti davanti a lei.

«In che senso le indagini sono ancora in corso? Cos'è, gli agenti del tredicesimo non si ricordano chi hanno arrestato appena due mesi fa?», ribatté allibita Jane quasi soffocandosi con un pezzetto di pane integrale.
«No, però sono stati talmente stupidi da farselo scappare da sotto il naso. Letteralmente», continuò Reghen salendo in ascensore e premendo il pulsante del 17esimo piano.
«Non ci voglio credere. Oh, cazzo!», esclamò la rossa alzandosi velocemente dal divano in pelle. Non si era accorta dell'orario. Era in ritardo e proprio quel giorno il capitano del suo dipartimento sarebbe venuto a "porgere i suoi saluti" agli agenti del distretto, «tesoro, devo riattaccare e scappare! Sono in mega ritardo! Ci risentiamo questa sera, ok?». La donna dai capelli grigi rise appena. Dopo un semplice "A dopo!", la donna chiuse definitivamente la chiamata poco prima che le porte dell'ascensore si aprissero. Un corridoio dalle bianche pareti si presentò davanti ai suoi occhi. Alla giovane pareva di essere appena entrata in un ospedale, e non in una delle principali sedi della Anderson Corporation.

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