CAPITOLO IV: SCONTRI E RIVELAZIONI

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La musica a tutto volume rimbombava all'interno del "The red lion pub", un locale situato nel pieni centro del quartiere di Lincoln Park. Quella sera aveva deciso di viaggiare un po', di cambiare aria. Il suo fisico snello, ma allenato, attirò l'attenzione di giovani uomini ed universitari. Per essere giovedì sera, c'era un'insolita e numerosa clientela. Accavallando le lunghe gambe, la donna afferrò il bicchiere di vetro davanti a lei e prese un lungo sorso di quel liquido scuro tendente quasi al nero. Le sue papille gustative entrarono dapprima in contatto con la vodka, poi con la kahlua ed infine con il dolce gusto del liquore al caffè.

«Anche tu qui, a quanto vedo», disse la giovane con fare disinvolto appoggiando il bicchiere al bancone in pietra nera, «non credevo ti piacessero questo tipo di locali, Liam», continuò senza voltarsi verso il collega.
«Non farti strane idee. Mi hanno costretto a venire qui», ribatté il biondo ordinando un bel bicchiere di whiskey .
«Costretto?», chiese la donna curiosa rivolgendo finalmente la sua attenzione verso l'uomo seduto al suo fianco. Liam, con un cenno del capo, indicò un tavolo alle loro spalle. La giovane seguì le indicazione del collega e le sue iridi scure si soffermarono verso un gruppo ristretto di ragazzi intento a ridere e scherzare.
«Oh, Cristo Santo. Ed io che speravo di passare una serata decente», esordì lei con tono falsamente infastidito. Intuendo le intenzioni della collega alla sua sinistra, Liam distese le labbra in un sorriso sornione.

«La nostra presenza ti infastidisce, Reghen?», rimbeccò il biondo assottigliando gli occhi azzurri e bevendo un piccolo sorso di quel liquido ambrato. Erin si leccò le labbra con fare divertito.
«Non immagini quanto, Warren».

Bevendo l'ultimo sorso del suo Black Russian, Erin si alzò e si avvicinò con passo lento ad un tavolino in vetro chiaro. Poggiò i palmi delle mani sopra di esso e sorrise provocatoria ai tre giovani seduti sul divanetto ad angolo un pelle nera.
«¿Estás buscando hombres, Reghen? (Sei a caccia di uomini, Reghen?)», domandò divertito Ramon posando i suoi occhi marrone scuro sul fisico perfetto della collega. Un vestito nero dalle lunghe maniche fasciava il corpo atletico della donna, la gonna le arrivava fino alle ginocchia, ma quella lunghezza bastava a mettere in risalto le gambe allenate di lei. Un filo di eyeliner rendeva il suo sguardo ancora più tagliente e penetrante.

«Mis ojos están aquí, Torres. (I miei occhi sono qui, Torres)», rabatté Erin indicando con indice e medio della mano destra il proprio viso. Le labbra colorate di viola scuro si distesero in un sorriso provocatorio e quasi lascivo. Le guance dello spagnolo assunsero una colorazione rosata.

«Chi non muore si rivede, eh?».
«Porca puttana Jane, sei peggio dei funghi», disse sconcertata la donna dai capelli grigi posando gli occhi blu sulla figura slanciata dell'amica.
«Lo prendo come un complimento», ribatté la rossa avvolgendo un braccio attorno alle spalle di Erin, «Allora, che si racconta in giro?», continuò scrutando attenta i compagni di squadra di Reghen.

«Che siamo ancora tutti vivi e, per chissà quale miracolo divino, la nostra Reghen è riuscita a frenare la sua linguaccia velenosa evitando di farci saltare in aria!», esclamò Leo Price alzando il boccale di birra come ad incitare un brindisi.
«Leo, vaffanculo», replicò Erin con una leggera risata. Kevin e Torres scoppiarono a ridere e Liam, che da poco aveva raggiunto i colleghi, scosse il capo esasperato.

«Tutto bene, Torres?». La voce di Jane fece sussultare lo spagnolo.
«Oh, ehm...sì, sì, tutto bene», rispose distrattamente il ragazzo scuotendo il capo come a scacciare chissà quali pensieri. La rossa osservò indagatrice il compagno di squadra dell'amica, come se tali parole le suscitarono un'insolito senso di allerta. Jane alla fine sbuffò, decidendo si seppellire quel sentimento nato dal nulla e ritornando a porre la sua attenzione sulla conversazione tenuta da Reghen e Leo.

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