CAPITOLO VI: POSSO FIDARMI DI TE?

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Aveva sempre provato un malsano piacere nello stare oltre quel vetro ma, ora come ora, quel nefasto appagamento si era tramutato in un qualcosa di diverso, di ben peggiore. Socchiuse gli occhi e si leccò le labbra con fare quasi lascivo. 

Tenendo le braccia incrociate al petto, Erin pregustava il momento in cui il suo sergente sarebbe entrato nella sala interrogatori, dando l'inizio ufficiale ad un tormento al quale Antoine De Lacroix avrebbe tanto voluto non essere partecipe. 

Teneva il capo chino, le dita delle mani intrecciate, i polsi stretti nella morsa delle manette ancorate saldamente al tavolo.

La porta della sala interrogatori si aprì; il sergente Hank Voight fece il suo ingresso, un fascicolo dalle pagine ingiallite stretto tra le mani. L'uomo dalla grigia capigliatura si avvicinò con passo deciso al tavolo in metallo, scostò appena la sedia del medesimo materiale e si sedette. I suoi occhi chiari osservarono indagatori il povero Antoine.
«Ebbene?», iniziò il capo della polizia dell'Intelligence di Chicago incrociando le dita delle mani sopra al tavolo. Il moro non accennava segni di vita. Restava lì, immobile, come una statua di sale. 

«Non hai nulla da dire?», incalzò il sergente, ma ottenne solo altro silenzio come risposta alle sue domande.

«Sai, Reghen è dall'altra parte del vetro, vuoi che la faccio entrare, così vi fate una bella chiacchierata voi due?». Antoine si irrigidì nel sentir nominare la donna. Reghen dall'altro lato del vetro esultò mentalmente. Si sarebbe trattenuta, quella volta, ma nulla le avrebbe impedito di mettere sotto torchio quel pover'uomo.

«Reghen, il sergente Moore mi ha mandato a chiamarti. Dice che hai una visita», esordì Kevin facendo capolino oltre lo stipite della porta. La giovane schioccò la lingua sul palato. Il suo attimo di divertimento era terminato troppo presto. Senza allontanare le braccia dal petto e lo sguardo da Antoine ed il suo superiore, la donna iniziò ad allontanarsi a piccoli passi.
«Sai di chi si tratta?», domandò Erin uscendo definitivamente dalla piccola stanzetta buia.
«Il capitano», dichiarò l'uomo dalla scura carnagione con un lieve accenno di preoccupazione nella voce. 

«Cazzo», sussurrò la collega iniziando a ripercorrere tutti i possibili scenari per cui quel maledetto l'avrebbe potuta convocare.
«Che hai fatto questa volta?», chiese Kevin iniziando a scendere le scale.
«Oltre alla piccola chiacchierata con Antoine, nulla. Andiamo, siamo appena tornati operativi! Cosa mai potremmo aver fatto in neanche una settimana?». 

«Tu saresti in grado di generare un'escalation di portata Nazionale in appena 24 ore, perciò da te mi posso aspettare di tutto», la schernì il collega. Un sorrisetto divertito si formò sulle labbra carnose e rosee dell'uomo.
«Kevin».
«Sì?». 
«Ti ha mandato qualcuno a fanculo quest'oggi?». 

«Agente Reghen», salutò un uomo sulla cinquantina. La bianca camicia, a cui era affissa il distintivo che segnava il grado dell'uomo all'interno della polizia di Chicago, era perfettamente liscia, priva di pieghe e grinze. La giacca nera che completava il completo della divisa, invece, era completamente rovinata dagli anni e dalle intemperie.
«Capitano McKinley», salutò a sua volta la donna stringendo la mano dell'uomo davanti a lei, «Sono forse nei guai?», domandò sarcasticamente Erin sfoderando un sorriso beffardo.
«Affatto, agente, ma vorrei discutere di una cosa con voi», affermò il capitano, aprendo la porta di un piccolo studio in disuso oramai da parecchio tempo. Veniva principalmente utilizzata come una sorta di minuscola sala d'attesa o, come in quel caso, come una specie di stanza privata ove discutere tranquillamente questioni più o meno importanti, lunghe o rapide. 

«Ditemi, cosa volevate sapere?», incalzò la giovane una volta entrata nella piccola stanza. Il capitano si chiuse la porta alle spalle, un sospiro lasciò le sue labbra screpolate.
«Conosci per caso un certo Xavier?», domandò l'uomo voltandosi verso il suo sottoposto, senza però lasciare la presa sul pomello della porta.
«Ne conosco parecchi, capitano. Dovrete essere più specifico di così».
«Non conosco il suo cognome, al momento, ma so della sua ultima residenza: N 1St Avenue, West Village, New York», precisò il capitano McKenley allontanandosi dall'uscio ed avvicinandosi successivamente all'agente.
«Non conosco nessun Xavier di New York, mi spiace», ribadì freddamente la donna senza annullare il contatto visivo tra lei ed il suo superiore.
«Ok, va bene. Scusate la mia insistenza, agente Reghen, solo...il suo nome mi ricordava quello di suo frat - ».
«Non si azzardi a nominarlo, non davanti a me!», proruppe la donna dai corti capelli grigi puntando minacciosa il dito indice contro il petto del suo superiore.
«Pessimi rapporti, agente? Forse nell'ultimo periodo il vostro legame ha finito per deteriorarsi?». 

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 30 ⏰

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