essere

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Siamo nel ventunesimo secolo e la voglia di costruire una macchina del tempo per poter tornare indietro a quando bastava chiudere le porte di casa per non sentirsi giudicati o visti è irrefrenabile, tornare a quando non bastava aprire un social per vedere stralci d vita altrui e poi commentarli, tornare indietro a quando si ascoltava musica ed il futuro era tutto da immaginare, alla mia età qualcuno già lavorava e studiare era un privilegio riservato a pochi che ad oggi quasi vediamo come un obbligo. Nell'ultimo decennio c'è stata la scalata dei social network, inizialmente presi come mezzo di comunicazione per avvicinare chi fosse distante, ad oggi allontana anche chi è vicino. 

Mi rendo conto che ci si preoccupa più di come ci si appare sui social che agli occhi degli amici vicini, per avere la sensazione di essere come quelle star belle, ma inarrivabili, ci preoccupiamo di essere approvati da tutti, perché i giudizi fanno male e ci vuole tanta forza per esporsi esattamente come si è, perché fa più comodo pensare che se non ci si piace, ci si può mostrare sempre in modo diverso, non piacere in rete fa soprattutto più male perché reso pubblico, ma mi chiedo, non fa più male essere apprezzati per quel che fingiamo di essere, non sarebbe più appagante non piacere in virtù di quel che si è, senza filtri. 

Mi rendo conto di quanto noi adolescenti ci sentiamo in competizione e potrebbe anche essere positiva e stimolante come cosa, se non fosse che i soggetti di tale competizione, sono rappresentati da dei canoni e stereotipi innaturali, personaggi creati ad hoc per poter attirare attenzione e consensi, solo che questa competizione non ha ne vincitori ne vinti e finisce per farci sentire soli e non accettati, ma soli e con se stessi, con chi si è senza dover indossare una maschera, perché ad indossare maschere ogni giorno, Pirandello ci ricorda, si rischia solo d'impazzire.

Per essere noi stessi pero c'è bisogno di evadere e allora che un'evasione sia, a discapito di tutto ciò che questa società ci chiede di essere, vorrei che tutti mostrassimo la fame che abbiamo negli occhi, insofferenti di vedere attraverso un muro ampio di emozioni che aspetta di poter esplodere, vorrei che tutti ci lasciassimo un pò andare alla nostra singolare natura, ai nostri desideri e passioni e che tutto ciò che non fosse frenato dall'essere le copie di chi ci sembra "okay", che non fosse frenato da un commento che magari ci ritiene strani, vorrei che soprattutto noi adolescenti non fossimo così facili da frenare davanti a ciò che amiamo fare, invece succede, basta un non consenso e ci si perde tutta la fantasia o la reprimiamo nelle mura della nostra mente, dove non rischia di uscire o di farci vedere per quel che siamo davvero, che magari non è cool, non rende famosi. 

Proprio per questo ho scelto di analizzare questa traccia, perché è un dubbio che mi pongo sempre, quanto vale al giorno d'oggi essere e quanto apparire, perché l'uomo è portato a fare di tutto, anche mettere da parte se stesso, la sua vera natura, per un pò di gloria? ma quanto vale questa gloria se siamo disposti a perdere pezzi di noi stessi ?

Probabilmente siamo fermati in modo naturale a perseguire ciò che ci da soddisfazione e forse la fama se pur fittizia è proprio quella che da, solo che mi rendo conto che negli ultimi anni, il significato della parola famoso sia cambiato, se negli anni passati per essere definiti famosi c'era bisogno di grandi imprese, di eccellere nelle vari arti, come la musica, pittura, nello scritto di poemi e romanzi, al giorno d'oggi per essere famosi, basta vendersi, vendere lai propria immagina, magari anche disotta e artefatta.Immagine che viene valorizzata più di tutto il resto, come se una persona facesse solo ciò che si vede, ciò che so decide di mostrare.

L'importanza che sta assumendo l'immagine in questi anni mi spaventa, vedo sempre più persone, me compresa, crearsi mille problemi prima di presentarsi in qualche modo a terzi, che sia tramite social o nella vita di tutti i giorni, vedo sempre più insicurezze travestite da convinzioni e tanta, tanta finzione. Mi chiedo perché non abbiamo abbastanza forza per opporci a tutto ciò, perché non sappiamo dire di no agli stereotipi che ci vogliono diversi da ciò che siamo ? perché siamo felici di non essere noi stessi ?

Essere felici si è ridotto allo stare in copertina o ad essere protagonisti di qualche scandalo di vita che fingiamo di vivere, si è felici di essere famosi, e famoso è colui di cui si parla molto e sono sicura che se la società parlasse di più degli artisti che sono, senza fingere di essere, davanti ad un caffè impareremmo forse ad esporre l'arte che abbiamo dentro, non quella del pettegolezzo.

Inizialmente ero convinta che tutta questa finzione fosse passeggera e soprattutto che la società non l'avrebbe preferita, invece mi rendo conto che tutto ciò viene continuamente fomentato. L'obbiettivo dell'uomo è sempre stato quello di affermarsi, su qualcosa o su qualcuno ed ancor di più sul farsi ricordare, solo che è cambiato il modo di farlo, l'uomo per un attimo di gloria farebbe di tutto, ripeto, ma al giorno d'oggi non c'è bisogno di chissà quale caratteristica, sostanzialmente per concedersi un momento di attenzione basta avere uno smartphone ed una connessione ad internet che ci permetta di condividere pezzi di vita più o meno finti, che qualcuno dall'altro lato dello schermo approverà lasciandoci questi fantomatici like, che col tempo hanno preso il posto di veri complimenti, veri pensieri, riducendoci così ad un numero.

La nostra immagine, le immagini che vediamo magari artefatte in precedenza, per dare l'illusione di qualcosa di perfetto creeranno dubbi in chi le vede e non si sente abbastanza, dando inizio ad un circolo vizioso di bugie postate e da allora mi auguro che tutto ciò abbia una fine e che tutto ciò che descrivere sarà giudicato per il contenuto e non per la mano che l'ha scritto.

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