Second tattoo.

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Accesi la televisione.
<<Justin Bieber è la 10 persona più odiata al mondo>>
Una pugnalata avrebbe fatto meno male. Le parole della donna in tv mi morsero la carne, con i loro denti affilati, e mi straziarono il cuore, maciullandolo. Davvero ero così terribile? E se Joy avesse visto questo servizio cosa avrebbe pensato di me? Presi la testa tra le mani, iniziando a piangere. Perdono, avevo solo bisogno di perdono. So di aver sbagliato, ma ci sono persone peggiori io fuori: assassini, ladri, killer, stupratori. Perché ve la prendete con me? So di aver sbagliato, è colpa mia lo so. Sono un disastro, ma perdonatemi. Vi prego.
Mi vestii in fretta e mi diressi verso il negozio di tatuaggi.
Quando arrivai era vuoto, così mi precipitai all'interno, con ancora gli occhi lucidi.
"Hey Justin, tutto okay? Cosa è successo?"
Joy venne verso di me, sfiorandomi il braccio, ponendo quella domanda preoccupata. Non risposi e si morse il labbro. Ah, quella bocca, piccola e rosea.
Scossi il capo facendole capire che non volevo rispondere e mi abbracciò semplicemente. La strinsi a me e mi strinse ancora più forte. Misi la testa nell'incavo del suo collo, sul quale notai tatuata una costellazione. Non riuscii a contenermi, e dopo averle scostato i capelli, le accarezzai il tatuaggio facendola rabbrividire. Era bellissimo.
"Questo perché l'hai fatto?"
Disse soltanto:" i cieli più scuri hanno le stelle più luminose."
Mi diede la mano e mi condusse nuovamente nella stanza per preparare lo stencil.
"Voglio la scritta perdono. In corsivo, un corsivo elaborato e complicato, difficile da capire. Così come è difficile perdonare."
"Dove vuoi farlo?"
Mi indicai la zona superiore all'inguine, e lei annuì. Disegnò la scritta e quando fu pronta me la fece vedere. Era ancora più bella di quella del giorno prima. Mi chiese di togliermi la maglietta, e così feci. Prima di procedere esaminò i tatuaggi che avevo sul torace.
"Questi ieri non me li avevi fatti vedere."
Sfiorò con le dita il tatuaggio dei numeri romani.
"Ti sta benissimo, mi piace da impazzire."
Prese l'ago e iniziò a scrivere sulla mia pelle. Strinsi i pugni quando penetrò nella mia carne, mordendo il labbro.
"Rilassati Justin, stai tranquillo. Tra poco finiamo. Pensa a qualcosa che ti piacerebbe fare."
Adesso mi piacerebbe fare te. Detto francamente.
"Dopo cosa fai?"
"Non lo so. Ho solo voglia di piangere fino allo schifo. Mi sento troppo male."
"Vuoi che mi fermi?" Chiese alzando la penna dal mio corpo.
"No, continua."
"Allora, ti va di spiegarmi questa scritta?"
"Essendo famoso come ti dissi ieri stanno sempre tutti a giudicare che faccio. Riassumendo il tutto ho passato un periodo difficile, è morta Avalanna, una fan a me molto cara. Selena Gomez mi ha lasciato. Mi sono dato all'alcool, facevo corse con le auto. Sono un coglione. Ma ho solo bisogno di perdono per ricominciare."
Prese la spugna e mi pulì.
Si sedette sul lettino accanto a me, baciandomi la guancia.
"Tu hai riconosciuto i tuoi errori, l'importante è questo. L'unica persona che ti deve delle scuse sei tu, tu devi perdonarti."
Mi stropicciai gli occhi, ancora umidi. E mi accarezzai la guancia che Joy aveva appena baciato.
"Mi sento ancora un coglione. Soprattutto per essermi dato all'alcool."
Joy scosse il capo, ridendo amaramente.
"Se bevi tanta vodka, ad un certo punto ha lo stesso sapore dell'amore."
Mi alzai e osservai il mio tatuaggio, era bello. E mi piaceva quanto quello del giorno precedente.
Pagai e restai a fissarla, mentre cercava il resto nella cassa. Aveva dei lineamenti stupendi.
"Quanti anni hai Joy?"
"23, tu Justin?"
"21"
Sorrise, come sempre.
La vidi scomparire dietro una tendina, e poi ritornare con un parka nero.
"Mi accompagni a prendere un bicchiere di caramello allo Starbucks?"
Annuii e ci incamminammo verso il bar. Aveva un modo strano di camminare, tutta curvata in avanti, con un passo veloce. Guardava per terra, rabbrividendo ad ogni metro. Mi avvicinai a lei, mettendole un braccio attorno alla schiena, tentando di riscaldarla. Avevo paura, forse avrebbe respinto la mia mano, invece si avvicinò ancora di più a me, mettendo la sua mano attorno alla mia vita.
"Tu che prendi?"
"Un bicchiere di cioccolata" risposi.
Si avviò alla cassa e pagò anche per me, tornò sedendosi di fronte a me è porgendomi il mio bicchiere di cioccolata calda.
La guardai mentre giocherellava con il bordo del bicchiere di carta, accarezzandolo con le mani e mordendolo.
Bevve il suo caramello e rifiutò la mia cioccolata quando gliela porsi. La riaccompagnai al negozio. Era passato tutto così in fretta. Sembrava che fuori dal suo negozio fosse un'altra persona, o meglio. Sembrava che non fosse e basta, si era limitata a fare il necessario, passivamente. Mi aveva a malapena rivolto la parola. Li dentro invece era tutta un'altra persona, e sembrava capire le persone.
Io avevo appena deciso che dovevo capire lei.

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