Entrai in bagno con l'intenzione di sciacquarmi il viso, ma ciò che vidi mi fece raggelare.
Era una massa inerme, sul pavimento lurido e freddo di marmo del cesso. Joy era stesa sul pavimento con la testa appoggiata al petto di un ragazzo, abbronzato, dai capelli ricci e neri. Niente ragazzo con i capelli biondi quindi.
Il mio primo istinto fu quello di correrle incontro e vedere se stesse bene, ma mi fermai.
Non potevo essere sempre io a preoccuparmi per gli altri, non potevo andare sempre dietro alla gente, dovevo smetterla di cercare delle giustificazioni ai comportamenti delle persone.
La fissai un'ultima volta e la lasciai li, andando via.Era passata un'ora. Una fottutissima ora e Joy non si era ancora fatta viva. Tornai in quel bagno, e la trovai li. Il ragazzo le baciò la fronte e mi morsi il labbro, cercando di mantenere la calma. Lui l'aveva fatto con una tale naturalezza, e magari l'aveva incontrata da poche ore; mentre io non avevo ancora potuto sfiorarla.
Era tutto così ingiusto.
Joy aprì gli occhi, e la prima cose che fece fu ridere. Una risata fragorosa, troppo, quasi falsa, vuota, triste. Le sue labbra erano aperte in un sorriso, coperte da un rossetto rosso fuoco.
"Grazie Joe" mormorò.
Poi si girò.
Mi vide.
Sorrise.
"Hey Justin" urlò.
La fissai freddo.
Si alzò, assieme al ragazzo, e venne verso di me, abbracciandomi. Ma non ricambiai. Scosse il capo, intuendo che ero arrabbiato.
"Lui è Joe, il fratello gemello di Nick, il mio ex"
Era il fratello dell'ex di Joy quindi, era il fratello del ragazzo che era morto.
Guardai Joe. Era alto, aveva la pelle olivastra che risplendeva sotto la luce bianca del bagno. I suoi capelli ricci ricadevano scomposti, nascondendo i suoi occhi verdi segnati da grandi occhiaie, probabilmente causate dalla serata in discoteca.
"Sono Joe, grande fan. Mi dispiace se tu abbia trovato me e Joy in questo stato" rise "non farti strane idee"
"Justin" dissi. Mi rilassai improvvisamente. Ero così sollevato dall'idea che Joy non avesse fatto nulla.
"Dobbiamo parlare" dissi a Joy.
"Va bene, andiamo in camera. Joe, è stato un piacere averti rivisto, mi manchi tanto" disse abbracciandolo strettamente.
"Anche tu piccola" rispose Joe. Le scostò una ciocca di capelli e le sussurrò qualcosa all'orecchio che non capii. Joy scosse il capo e lui annuì, ma non riuscivo a capire.
"Ciao Joe" lo salutai
"Ciao Justin"
Joyce camminava con un tacco in mano, mentre indossava ancora il sinistro. Le sue gambe erano coperte da delle calze nere ricamate, che rendevano impossibile vedere cose ci fosse sotto, al contrario del suo top bianco che aveva una profonda scollatura sul davanti. I suoi capelli erano un disastro totale, tutti scompigliati, con ciuffi neri che le ricadevano sul viso,mentre quelli di dietro erano raccolti in una coda.
La linea di eye-liner che aveva, era sbavata e le lasciava degli aloni neri di trucco sotto gli occhi, dove si notavano le occhiaie, risultato delle sue molteplici notti insonni.
"Come mi hai trovata?"
"Ho letto il biglietto e ho chiesto al bar, ma mi hanno detto che stavi con un ragazzo biondo e poi ti ho trovato con lui..."
"Ah si, il biondo di ieri sera" mi interruppe battendosi una mano sulla testa "non ricordo nemmeno il suo nome" rise.
"Che hai fatto con lui?" E quando glielo chiesi, mi tremò la voce.
"Ci sono andata a letto" rispose con una tale naturalezza che mi fece imbestialire.
"Perché?" chiesi sul punto di piangere.
"Era un gran figo, anche gentile; poi sono stata con un altro ragazzo, Don. Lui me lo ricordo, un gran cafone, scarso"
"Aspetta" la bloccai tendendole le mani "sei andata a letto anche con Don?"
Ti prego di di no.
"Si"
Vaffanculo.
"Poi ho incontrato Joe e sono stata con lui, abbiamo parlato tanto, mi mancava. Era il mio migliore amico quando stavo con Nick" si morse un labbro.Non dissi nulla.
Non volevo piangere, ma sentivo la gola bruciare e gli occhi pizzicare. Una lacrima, che non riuscii a trattenere mi rigò il volto, e Joy l'asciugò, poi mi fissò irrigidendosi.
"Tu...tu sei geloso" esclamò come se fosse più un'affermazione che una domanda.
"Si porca puttana. Si. Sono geloso. Non puoi andare in giro a darti così a chi cazzo capita okay? Tu sei venuta qui con me e..."
"Tecnicamente non stiamo assieme, ho il diritto di fare tutto quello che voglio" ribatté. E aveva ragione.
Io non ero il suo ragazzo e non lo sarei mai stato. Potevo solo continuare a sognare.
"Però hai ragione" continuò "hai tutto il diritto di pensare e di affermare che sono una troia, perché non avrei dovuto farlo. Mi dispiace così tanto. Portami a casa, se vuoi possiamo anche non vederci più" concluse estraendo una sigaretta.
"Prepara la valigia, che tra poco dobbiamo andare. Poi ne parliamo" dissi semplicemente, e uscii dalla stanza.5 ore e 23 minuti di puro silenzio.
Avevamo passato il viaggio in aereo in silenzio. Poi Joyce ad un punto si è addormentata con la testa sulla mia spalla, e non ho potuto fare a meno di sorridere.
Era così adorabile. Avrei tanto voluto baciarla in quel momento ma non potevo.
Dopo quelle dannate 5 ore e 23 minuti prendemmo l'auto e l'accompagnai al negozio.
Parcheggiai li vicino, ma non scese dall'auto.
Si slacciò la cintura e mi fissò.
"Avevi detto che ne avremmo parlato"
"Non ora Joy"
"Se vuoi andare via e non tornare più lo capisco"
"Non potrei mai" dissi.
Accennò un piccolissimo sorriso, e scese dalla mia auto, correndo nel suo negozio.
Scossi il capo e mi diressi a casa. Mentre guidavo continuavo a pensare ininterrottamente a quello che aveva fatto. Due uomini. Se ne era fatti due. E se non avesse incontrato Joe, magari anche tre.
Non capivo la motivazione.
Mi chiesi se era la prima volta che stava con tutti questi ragazzi in una sola notte, se avesse mai avuto un fidanzato dopo Nick, se sarei mai potuto essere io quel fidanzato.
Perché cazzo, mi piaceva da impazzire. Mi piaceva la sua frangetta scompigliata, i suoi occhioni nocciola, il troppo fondotinta che usava per nascondere le lentiggini, il piercing al naso, le sue labbra quando si metteva il rossetto rosso scuro, il suo tatuaggio sul petto, quelle spirali tribali sulla pancia piatta, le sue gambe magrissime e pallide, il suo modo di rotolarsi tra le coperte perché non voleva alzarsi, la sua voce, il modo in cui si stendeva accanto a me senza provare vergogna.
Accesi la radio per coprire i miei pensieri e uscì "Between the bars" di Elliot Smith.
E quando entrai in casa, corsi a prendere la mia chitarra e iniziai a scrivere.Ero davanti al negozio. Poco prima dell'orario di chiusura, ovvero tra tre, due, uno. Eccola.
In compagnia di un altro ragazzo. Stavo per scoppiare a piangere quando vidi che questo ragazzo, dai capelli tinti di verde, teneva la mano ad Ash. Salutarono la mia Joyce e andarono via, non prima di essersi baciati.
Non appena scesi dall'auto inizio a grandinare. La pioggia nella grande mela era quella fredda, che ti penetra nelle ossa e te le fa congelare, specialmente a novembre.
Joy si abbandonò a se stessa e si tolse il cappuccio, fissando il cielo ad occhi aperti, lasciandosi bagnare dall'acqua.
Non mi vide.
Le afferrai la mano e sbandò. La condussi in macchina e entrai chiudendo lo sportello.
"Prima che tu dica qualcosa ho bisogno che tu senta questa canzone, chiudi gli occhi e concentrati sul testo"La musica partì. Le note della chitarra danzavano nella mia auto. Joy ascoltava attenta, ad occhi chiusi. Le stavo facendo ascoltare "Between the bars".
Non potevo fare altro se non fissarla, e fissare ogni piccola imperfezione del suo viso. Pianse. Una lacrima le scese lungo il volto, lentamente, fermandosi, quasi a posta, sotto il mento, er poi cadere con un rumore quasi percettibile sulla sua mano sinistra.
"Adesso ho paura" disse.
"Non avere paura" bisbigliai.
"Non voglio farmi male, ancora" mormorò.
"Non ti farò del male, non potrei mai" e la baciai.
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Tattoo shop [j.b] (#Wattys2015)
FanfictionE se Justin Bieber avesse così tanti tatuaggi solo perché è follemente innamorato della sua tatuatrice?