Doll Parts

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(Doll Parts)

"I am
Doll eyes
Doll mouth
Doll legs
I am
Doll arms
Big veins
Dog bait"

Suo cugino non lo guarda nemmeno in faccia dopo essergli venuto dentro.
Evita anche di alzare la testa, le guance ancora rosse, il sudore che gli gronda dalla fronte.

Gli dice che andrà a farsi una doccia, ed abbandona precipitosamente la stanza, lasciando Harry padrone del campo. La luce è cambiata, ora gli ultimi raggi del sole morente entrano dalla finestra, lambendo il caos tutto intorno al letto sfatto.

Harry avrebbe voglia di fumare ancora. Si alza, in quel momento gli viene in mente che ha lasciato i vesti ti chissà dove, mentre saliva in camera con Dudley.
Rifà la strada al contrario, con un po' di mestizia, rientrando nella maglietta abbandonata sul corrimano, poi nelle mutande, nei pantaloni.
Mentre attraversa il salotto, lo specchio all'ingresso gli mostra la sua testa dai capelli scarmigliati, la pelle arrossata, un vistoso succhiotto sul collo. Vede il suo sorriso allargarsi pigramente, mollemente di fronte allo specchio. Va a sistemarsi nella sua stanza, in attesa del ritorno degli zii.
Hanno comprato il gelato, fatto ciò che dovevano fare, ed hanno comprato anche biscotti, ed ogni sorta di leccornie destinate a Dudley.

Mentre zia Petunia sfaccenda in cucina, parlando allegramente con zio Vernon degli affari di qualcun altro, Dudley divora schifezze seduto pigramente di fronte al telegiornale. Harry lo osserva dalla tromba delle scale, a distanza di sicurezza.
L'odore del cibo invade lentamente la cucina e il salotto.
Dudley tiene gli occhi fissi sullo schermo televisivo, ostentando quella che agli occhi dei suoi genitori deve essere la sua solita espressione.
Ma Harry vede le occhiate oblique che ogni tanto lancia intorno, vede che l'espressione sul suo viso è in qualche modo diversa da quella ebete che ha di solito quando siede completamente assorto dalla televisione. Harry sente il sorriso allargarglisi ancora in volto.
Ora di cena. In tavola.
Zio Vernon piega il giornale e si siede, la nervosa zia Petunia serve e poi prende posto, Dudley si volta semplicemente per avere il tavolo davanti, per sostituire i dolcetti glassati con il roast beef con cui sua madre gli sta generosamente riempiendo il piatto.
Non l'hanno chiamato, come sempre.
Il ragazzo? Che scenda, se ha fame.

Gli orari in cui si mangia li conosce.
Infatti Harry come sempre é arrivato e si é seduto, mollemente. Non appena Harry gli si siede davanti, Dudley si muove a disagio, come se un guizzo di elettricità gli attraversasse il corpo da parte a parte. Harry ha già il piatto pieno, per ciò zia Petunia non dice ne' fa nulla.
Zio Vernon manovra il telecomando, commenta i fatti del telegiornale ( Questi lavativi... sempre peggio!)
abbassa il testone sul piatto... poi torna a guardare lo schermo...nel tragitto lo sguardo gli scivola su Harry... e per poco non si strozza con il roast beef.

Harry ha considerato se scendere o meno a tavola con un foulard o una sciarpa, ma poi ha deciso di no.
Sul lato destro del suo collo, quello esposto a zio Vernon, fa bella mostra di se' il succhiotto violaceo sulla pelle candida, appena sopra lo scollo della maglia.

Zia Petunia alza la testa dal piatto, per passare un tovagliolo a suo marito ( "Vernon... bevi un po' d'acqua") ma i suoi occhi, come sempre, evitano Harry.

Torna ad occuparsi del telegiornale e delle patate.
Sua zia non si accorge di niente.
Harry continua disinvoltamente a mangiare, sentendosi lo sguardo di suo zio camminargli addosso come migliaia di piccoli insetti.

Vernon cerca di fare finta di niente, di occuparsi del cibo, della tv, ma la mano che regge il telecomando trema e per poco non rovescia il bicchiere, la forchetta inizia a prendere cibo a caso dal piatto, lasciando da parte la montagna di roast beef per tuffarsi scompostamente nel sugo, nelle patate.

Harry non guarda dalla sua parte. Ma sa cosa sta facendo Vernon.

Suo zio cerca a tutti i costi di trattenersi dal lanciare occhiate al suo collo, nel tentativo di camuffare la sua paura, la sua confusione.
Come quando hai di fronte un fiore dai colori bellissimi, ma sai - perché te lo hanno detto o perché qualche volta ti sei fatto male- che i petali sono velenosi, che non devi toccarli.

Un po' come quando a cinque ti hanno detto che toccare il fornello rovente fa malissimo, toccare il fuoco fa malissimo, ma hai bisogno di scottarti le dita, devi provare sulla tua pelle quel calore e quel dolore, non puoi fidarti di qualcosa che gli altri ti hanno solamente detto.
Anche se loro l'hanno saputo prima di te cosa si prova a mettere la mano sul fornello rovente, a portarsi alla distanza di un passo di fronte al ciglio di un burrone, questo non ti toglie quella strana voglia di sfidare il pericolo.
Di andare a vedere. Se scotta o no. Se cadi o non cadi.
Zio Vernon si alza presto quella sera, e si porta al televisore in salotto come tutte le sere, continuando a borbottare dalla sua nuova postazione con il suo brandy in mano, ma questa volta non si assopisce.

Anche lui sembra avere l'elettricità lungo le chiappe e la schiena.
I suoi occhi scattano ancora verso Harry, quando lui si alza e si dirge con studiata indolenza per le scale. Nel buio della tromba, gli occhi di suo zio gli si piantano nella carne come se quello sguardo fosse dotato di denti. Non più semplici insetti, ma scorpioni.
Harry oltrepassa le scale, il pianerottolo, produce un rumore di passi di fronte alla porta del bagno.
Come quel pomeriggio, se lo sente Quasi nelle ossa.

Il rumore dei passi pesanti di suo zio lungo le scale. La sua ombra che si staglia nella luce residua che dal primo piano filtra fin nel corridoio in ombra. Il braccio sinistro di Harry scatta contro il muro, verso l'interruttore e bang.
La luce. Scoperto, preso alla sprovvista, Vernon sbatte le palpebre alla seppur fioca illuminazione, fissando il nipote di fronte alla porta del bagno. Harry pianta i verdi occhi in faccia a quell'omone imbarazzato.

Se ne sta in piedi, con quel segno sul collo più vistoso che mai, le mani in tasca.
Suo zio recupera un cipiglio abbastanza dignitoso, Harry lo fissa con l'espressione più innocente e bonaria del mondo.
"Io.. "
"Prego?"
D'un tratto, la faccia di suo zio cambia.
Un largo ghigno lascivo gli distorce la bocca.
I piccoli occhi porcini lampeggiano. Fa un passo verso di lui. Harry coglie una zaffata di brandy.

"Che cos'hai sul collo?" biascica Vernon, oscillando pericolosamente verso di lui.
Harry indietreggia verso il muro. Non risponde, ma sorride guardando fisso suo zio. Sa che questo fa imbestialire suo zio, sa che lo rende furioso quando non risponde ma lo fissa così, sa che si sta comportando in modo deliberatamente insolente.
Continua fino a che suo zio sembra perdere la pazienza.
"Ti ho chiesto che cos'hai sul collo... ragazzo impudente... irrispettoso..."
Harry si porta prudentemente di lato.
Le gambe leggermente piegate di suo zio non nascondono la vistosa erezione che gli deformava il davanti dei pantaloni.
La manona di Vernon scatta, Harry sente le tozze dita sul suo collo, un tocco viscido, repellente.

"Scommetto che é stato un ragazzo..."- lo sente mormorare Harry con una voce bassa e rasposa, poi lo zio si avvicina fino a finirgli addosso, alito di brandy, carne flaccida, erezione contro il ginocchio. Questo è esattamente ciò che Harry aspetta.

Puntellando le braccia verso il muro, fa partire il ginocchio. Dritto in mezzo alle cosce del grosso maiale ansimante.

Non ha colpito nemmeno troppo forte, non con tutte le sue forze, ma Vernon barcolla all'indietro, emettendo un rantolo.
Come se una grande quantità d'aria gli uscisse di colpo dai polmoni. Vernon lo fissa piegato in due, gli occhi lucidi... "B-bastardo...piccolo lurido....canaglia...vieni qui! Aspetta che ti prenda!"

Harry ripara velocemente contro la porta della stanza, anche se Vernon barcolla e non potrebbe certo raggiungerlo prima che chiuda il chiavistello dietro di se' e assicuri la serratura con una forcina, un piccolo trucco anti-scasso appreso da Fred.

Per sua fortuna Harry si allontana dalla porta in tempo, prima che zio Vernon la raggiunga, iniziando a bisbigliare insulti e parole che Harry non ha mai sentito prima, definendolo in modi che avrebbero fatto scappare metà dei vicini a gambe levate, alternando tutto questo a suppliche e lusinghe e proposte.

Un bene perché Harry ride e ride il più silenziosamente possibile.

Portrait of an English FamilyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora