Capitolo 4

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Clarke si svegliò. Nella cella dove era stata rinchiusa ad Azgeda era sempre buio. Non aveva idea se fosse giorno o notte. Intorno a lei sentiva i lamenti degli altri prigionieri rinchiusi nelle segrete del palazzo della regina di Azgeda. Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando l'avevano rinchiusa lì. Quando lei e Roan erano arrivati ad Azgeda, il principe l'aveva subito portata dalla regina Nia. La donna dagli occhi di ghiaccio l'aveva guardata vittoriosa. Tra le due c'era stato uno scambio di battute poco educato che Clarke non ricordava con precisione, in seguito la regina aveva ordinato ai suoi uomini di rinchiuderla in attesa di eseguire il rituale, ovvero la sua uccisione.
Clarke si chiedeva per quanto tempo ancora sarebbe durata quell'agonia, immersa nel buio tra i lamenti e le urla degli altri prigionieri, prima che finalmente la uccidessero. Il pensiero della morte fece crescere il lei un forte sentimento nostalgico. Ripensò all'Arca, quel tempo che ormai le sembrava lontanissimo di quando era bambina, convinta che avrebbe trascorso tutta la sua vita in quella bizzarra città galleggiante nello spazio; ripensò a suo padre e a Wells, il suo migliore amico, a quanto lo aveva odiato credendolo il responsabile della morte di suo padre fino a quando non aveva capito che Wells non aveva fatto niente, l'aveva soltanto protetta. Ripensò alla prima volta che aveva messo piede sulla Terra, la prima volta che ne aveva sentito l'odore e la prima volta che aveva sentito il calore del sole sulla sua pelle. Credevano di essere soli sulla Terra, non avevano idea di quello che li avrebbe aspettati. Ripensò a Finn, che era morto perchè amava lei, e infine ripensò a Lexa, che fin dal primo momento che l'aveva vista era stata premurosa con lei, a modo suo. Le aveva permesso di essere lei a uccidere Finn, addolcendo la sua morte con un bacio; le aveva permesso di essere lei a dare fuoco alla pira dove giacevano i corpi di Finn e dei terrestri innocenti che lui aveva ucciso. Lexa si era fidata di lei sin dall'inizio, quando tutti gli altri le intimavano di tenersi alla larga dal Popolo del Cielo. In quel momento non le importava che Lexa l'avesse tradita a Mount Weather, non contava più nulla, soltanto i ricordi belli. Come quando Lexa le aveva confessato che non era un caso che a Ton DC avesse lasciato tutti al proprio destino ma non lei, come quando Lexa aveva chiesto a Clarke di venire con lei a Polis, o come quando Clarke aveva detto a Lexa che la vita era qualcosa di più che soltanto sopravvivere, che forse meritavano di meglio, e Lexa l'aveva baciata. In un primo momento Clarke si era abbandonata a quel bacio con tutta se stessa, lo voleva, sentiva che era la cosa giusta. Poi il ricordo di Finn l'aveva fermata. Non era ancora pronta per amare qualcuno, e Lexa lo aveva capito.
...

Improvvisamente sentì un suono di ferraglia, e subito dopo sentì il cigolio delle chiavi che aprivano la porta della sua cella.
-È arrivato il momento. , pensò.
Non riuscì a distinguere chi fosse che aveva aperto la porta nella penombra. La figura si avvicinò verso di lei.
-"Dammi le mani, Clarke, ti tolgo le manette. Fai in fretta, non abbiamo molto tempo."
Quella voce...a Clarke si gelò il sangue. Non era possibile.
-"Lexa?"
Guardò meglio mentre le mani agili e affusolate le sfilavano le manette. I suoi occhi si erano ormai abituati alla penombra, e riuscì a vedere gli occhi verde smeraldo e i lunghi capelli castani intrecciati della ragazza.
-"Cosa stai facendo?"
-"Ti sto liberando. Andiamo, su."
Clarke si fermò.
-"Non ti seguirò, Lexa."
La ragazza si voltò verso di lei.
-"Clarke non fare niente di stupido, ti prego. Muoviti, dobbiamo andarcene di qui."
Clarke non si mosse di un passo.
-"Non mi fido di te, Lexa. Cosa mi dice che tu non mi stia portando via di qui per uccidermi tu stessa? Se qualcuno deve possedere il potere di Wanheda, voglio almeno che quel qualcuno non sia tu."
Lexa sbuffò.
-"Devo davvero portarti via di peso?"
Clarke rimase immobile, lo sguardo fiero.
Lexa alzò gli occhi al cielo e si avvicinò alla ragazza. Clarke rimase sbalordita quando Lexa la sollevò da terra senza fatica e uscì in fretta dalla cella. Lexa era poco più alta di Clarke. Dai vestiti che indossava si intuiva che il suo fisico era tonico, ma rimaneva comunque una ragazza piuttosto esile.
-"Okay, okay, mettimi giù, cammino da sola."
Lexa mise Clarke a terra e le due percorsero in silenzio i lunghi corridoi dei sotterranei, fino ad una porta che conduceva all'esterno. Una volta che si furono avvicinate alla porta, Clarke si accorse che davanti ad essa c'era Roan in piedi, a braccia conserte. Si fermò all'improvviso e fece per correre via quando Lexa la prese per un polso.
-"Ferma, è con noi."
Clarke la guardò confusa e la seguì. Una volta raggiunto Roan, Lexa gli restituì il mazzo di chiavi, lo guardò negli occhi e annuì in segno di riconoscimento. Roan annuì a sua volta, e si voltò verso Clarke.
-"Forse avevi ragione, principessa. Ho obbedito fin troppo a mia madre."
Clarke era sempre più confusa, ma sorrise a Roan.
-"È il momento che andiate, non ci metteranno troppo ad accorgersi che sei sparita, Wanheda. La tua esecuzione era fissata per l'alba. Il vostro cavallo è legato qui fuori, Comandante."
Lexa ringraziò nuovamente Roan, e le due uscirono all'aperto, nell'aria fredda della notte. Il cavallo di Lexa era legato ad un albero poco distante. Clarke notò che non c'era un altro cavallo. Lexa si affrettò a slegare le briglie del cavallo dal tronco dell'albero e fece cenno a Clarke di avvicinarsi.
-"Andiamo Clarke, monta su."
Riluttante, Clarke si avvicinò al cavallo. Lo stallone era imponente. Vedendo che Clarke era in difficoltà, Lexa montò agilmente a cavallo e le tese la mano. Clarke sbuffò e afferrò la mano che Lexa le porgeva. Una volta montata a cavallo, Clarke si rese conto che non si erano mai trovate così vicine. Lexa era seduta dietro di lei, con il petto e il ventre a contatto con la schiena di Clarke. Clarke si reggeva al collo della bestia, mentre le braccia di Lexa le cingevano i fianchi, reggendo le briglie. Clarke si sentiva nervosa. Non sapeva perchè Lexa l'avesse liberata dalla prigionia ad Azgeda dopo averla tradita a Mount Weather, ma finché non le avesse fornito una spiegazione ragionevole, Clarke non l'avrebbe perdonata, di questo era certa. Era arrabbiata con Lexa, era delusa da lei e voleva odiarla con tutta se stessa. Eppure sentire il suo respiro sul collo e la vicinanza così stretta dei loro corpi le dava i brividi. Odiava sentirsi così. Inspirò ed espirò, chiuse gli occhi per tentare di scacciare via quella sensazione, ma il calore del corpo di Lexa e il battito accelerato del suo cuore...glielo rendevano davvero difficile.
...

Cavalcarono in silenzio fino alle prime luci dell'alba, quando Lexa fermò il cavallo al limitare della foresta.
-"Dovremmo fare una pausa, accenderemo un fuoco per scaldarci e mangeremo qualcosa."
Detto questo Lexa smontò da cavallo, e Clarke fece lo stesso.
Rimase immobile a guardare mentre Lexa allestiva un falò; una volta acceso il fuoco, intimò a Clarke di rimanere ferma lì ad aspettarla e sparì nel folto della foresta.
Clarke si avvicinò al fuoco e si scaldò le mani. Lexa non le aveva ancora fornito spiegazioni sul perchè l'avesse liberata. Non appena fosse tornata, Clarke glielo avrebbe chiesto. Rimase ad aspettarla, finché Lexa non riaffiorò dalla foresta tenendo una lepre morta per le orecchie. Clarke la guardò impressionata mentre spellava il coniglio per arrostirlo sul fuoco.
-"Perchè sei venuta a liberarmi, Lexa?"
Lo sguardo di Lexa rimase basso.
-"Tu mi hai salvato la vita quella volta quando siamo state attaccate dal Pauna. Te lo dovevo."
Clarke continuò a guardarla mentre arrostiva la bestia sul fuoco.
-"Quella volta mi avevi detto che la mia era stata una debolezza."
Lexa alzò lo sguardo e i suoi penetranti occhi verdi incontrarono quelli di Clarke.
-"Debolezza o non debolezza, mi hai salvato la vita. Adesso siamo pari."
Clarke abbassò lo sguardo pensierosa.
-"Quindi adesso ce ne andiamo io per la mia strada e tu per la tua? Senza più rivederci?"
Lexa alzò subito lo sguardo, gli occhi pieni di paura.
-"Non puoi andartene, Clarke. Ti ucciderebbero."
Le labbra di Clarke si piegarono in un lieve sorriso.
-"Non avevi detto che eravamo pari, adesso? Che importanza ha se mi uccidono?"
Lexa le lanciò uno sguardo gelido.
-"Non capisco dove vuoi arrivare Clarke, vuoi che ti rapiscano di nuovo? Vuoi che ti uccidano?"
Clarke riuscì a stento a trattenere un sorriso. Adorava provocare Lexa.
-"Non voglio che mi uccidano, ma non vedo come questo possa interessare a te, Comandante, adesso che siamo pari."
Lexa si alzò in piedi irritata.
-"Cosa vuoi che ti dica, Clarke? Salvarti è stata una debolezza, perché tu sei la mia debolezza. So che mi odi dopo quello che ho fatto a Mount Weather, e lo capisco. L'ho fatto per salvare la mia gente, e lo rifarei se dovessi. So di aver fatto la cosa giusta, ma nonostante questo non sono mai riuscita a perdonarmi per aver tradito te. Mi dispiace di averti ferito, Clarke, non era mia intenzione. Quando ho saputo che ti avevano catturata ho dovuto salvarti. Ho messo in pericolo la coalizione e la pace tra i clan perchè non sopportavo l'idea che ti uccidessero. A Mount Weather sono riuscita a fare la cosa giusta per la mia gente, adesso no, perché tu, Clarke del Popolo del Cielo, sei la mia debolezza."
Lexa si voltò e si allontanò in fretta nel bosco, lacrime calde le rigavano le guance.
Clarke era sbalordita. Aveva odiato Lexa per tutto quel tempo, credendo che a Lexa non importasse nulla di lei. L'aveva odiata per quello che aveva fatto a Mount Weather, ma non aveva mai pensato che in fondo aveva fatto la cosa giusta per salvare il suo popolo, e che al suo posto Clarke avrebbe fatto lo stesso. Si sentì improvvisamente cogliere dal senso di colpa. Lexa le aveva detto che lei era la sua debolezza. Era un insulto o un complimento? Sapeva che per Lexa l'amore era debolezza...questo voleva dire che l'amava?
Si alzò in fretta da terra e si precipitò a cercare Lexa. La trovò poco lontano, immobile in piedi con la testa china. Si avvicinò adagio e si fermò di fronte a lei, cercando il suo sguardo.
-"Mi dispiace, Lexa."
Lexa alzò lo sguardo.
-"Anche a me dispiace."
Le due rimasero ferme per un po', senza pronunciare una parola.
A rompere il silenzio fu Lexa.
-"Dovremmo ripartire, non sei al sicuro qui."
Clarke annuì, e le due si incamminarono fianco a fianco nel folto della foresta.

Wanheda - A Clexa Fanfiction ITADove le storie prendono vita. Scoprilo ora