Cap.1

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Sotto i passi di chi portava quella bara e di chi ne stava dietro in processione, c'era un lungo tappeto di foglie secche. La strada che dalla casa del morto portava alla chiesa, d'altronde sembrava un fiume variopinto di marrone, arancione e giallo.
Scelsero di portarlo così per tutto il tragitto, con la bara poggiata su sei spalle. Con il caplestìo lo scricchiolìo delle foglie. 
Quel giorno poi c'era un bel sole, un leggero vento che ogni tanto lasciava cadere una foglia morta e poi un'altra ancora. Distese di alberi secolari costeggiavano a destra e sinistra del vialone dove c'era la casa del morto. Sembrava la scena di un set cinematografico che di finto, però, non aveva niente.
Pensai che morire in autunno, è come dare l'ennesima dimostrazione di una straordinaria sensibilità avuta durante la vita. Morire... e cadere come quelle foglie, che una volta staccate e volate dall'albero della vita non tornano più.
Il pianto di una nonna che si dispera con il suo dio: "perché non hai preso me? Una vecchia sgangherata!".
Lo sguardo perso di una madre, con la dignità di un padre che la sorregge. Accanto ai due, gli altri due figli. Che oltre ad essere figli, sono i fratelli del defunto. Quanto dolore e strazio in quel quadro.
Camminavano appena dietro al morto, con una mano della madre incollata alla bara.
Mi accorsi che esiste una gerarchia nei funerali. Appena dietro al carro funebre ci sono i parenti e dietro tutti i conoscenti. Gli amici stanno sparsi, avanti , nel mezzo o dietro a tutto.  Gli amici di una vita, gli amici conosciuti a scuola o a qualche gita.
"Si faceva amare", dicevano, "con la sua voce grossa e il suo sorriso autentico". Lo dicevano a bassa voce, forse per rispettare quel dannato strazio dei familiari.

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