Cap.2
Incuriosito da quel dolore che scivolava per strada, chiusi casa, mi infilai un cappotto, cappello e sciarpa e scesi giù.
Iniziai a seguirlo e a prendere parte di quella scena, però sul marciapiede a destra di quella processione, un po' in disparte. D'altronde chi conosceva quella gente. Ero stato appena trasferito in quel paesotto di montagna.
E mi resi conto che un po' per rispetto, o per dolore i funerali e l'ultimo saluto vengono abbastanza frequentati. Sentii che si trattava del funerale di un giovane ragazzo. Ecco perché allora non mancava proprio nessuno. Oltre a quel lungo e mesto corteo, infatti c'erano le tristi facce dei ragazzi che sicuramente lo incontravano per caso nei corridoi della scuola, dei compaesani che l'hanno visto crescere, i presidi, le maestre e i bidelli dell'asilo, delle elementari, delle medie e delle superiori, gli abitanti dei paesi vicini e tantissime altre persone.
Sembra che più giovane sia l'età del morto e più la gente senta il dovere o il bisogno di essere presente.
Una folla immensa, infatti, gremiva la piazza intorno alla chiesa. Una folla di gente e di pensieri guardava arrivare il feretro con ancora la mano della madre incollata alla bara. E nei pressi della chiesa un manifesto mi diede conferma della giovane età di quel ragazzo nella bara. Recitava: " Matteo Rinaldo di anni 18...". Mi si strinse il cuore e la pelle rabbrividì. 18 anni , così giovane nel fiore degli anni.
Intanto, arrivati fuori la chiesa una grande cassa suonava "Sogna, ragazzo sogna", una canzone di Roberto Vecchioni .
Perché?! Perché quella cosa così romantica e a tratti quasi teatrale!? Chi aveva avuto quella bizzarra idea?! A chi avrebbe fatto stare davvero bene quelle parole e quelle note? Al morto o a loro?Non di certo potevano far star meglio la madre, il padre o i fratelli di quel povero ragazzo.
Infatti, si vedeva che ogni parola di quella canzone era per loro come un pugno allo stomaco. Ogni parola, ogni nota indirettamente sottolineava che il figlio, il fratello, il nipote era morto. Non c'era più.
Chi aveva avuto quell'idea di certo non aveva lo stesso affanno e dolore dei genitori.
Quando un figlio se ne va all'improvviso non lascia un vuoto nel cuore, nella pancia e nella testa. Un vuoto si potrebbe colmare nel bene e nel male. Quello che lascia è un buco dove passa l' aria da una parte all' altra. Lascia quella sensazione di secchezza in gola che brucia e che nessuno sciroppo potrebbe calmare. Niente sembra avere più senso. E tutto questo era scritto e segnato sulla faccia di quella povera gente in prima fila appena dopo la bara. Doveva essere sicuramente la famiglia.
Vicino a quel altoparlante c'era un gruppo di ragazzi che si abbracciavano e che piangevano. Erano stati loro ad avere quell'idea. D'altronde quei ragazzi che ne sapevano cosa significa essere genitori a quell'età.
Allora, senza pensare piazzarono quella grande cassa che suonava quella canzone, mentre la bara e il corteo entravano in chiesa.
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Una Vita prima
Genç Kız EdebiyatıTutti abbiamo perso una persona cara. Tutti abbiamo la sua voce, il suo sorriso e il suo volto impresso nella mente. Tutti noi cerchiamo un senso per quella perdita. Un senso che forse non esiste.