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È inverno, ma fa dannatamente caldo.
Sei qui, ma mi sento così dannatamente solo.

«Miya Atsumu!»
Sono Atsumu, ma non sono Miya, non chiamatemi in quel modo, non pronunciate quel cognome.
«Presente.»

«Hai notizie di tuo fratello?»
La voce del professore mi raggiunse i timpani con una velocità sorprendente.
"Tuo fratello" non chiamarlo così, non è mio fratello, non voglio che lo sia.

«È ancora in ospedale per gli ultimi controlli, ma hanno detto che sta migliorando»
Sentii gli sguardi della classe su di me, ma non i soliti, quelli che ti fanno sentire acclamato e amato, sguardi preoccupati, di pena.

Non voglio soffrire.
Non voglio piangere.
Voglio Osamu.
Voglio che Osamu viva con me.
Voglio che Osamu mi protegga.
Voglio che Osamu mi accompagni nella mia vita.
Voglio che Osamu compia diciott'anni insieme a me.
Non voglio che soffra.
Ha solo diciassette anni.
Abbiamo solo diciassette anni.

«È una bella notizia, speriamo che si rimetta e che possa tornare in classe!»
La stanza cominciò a vibrare, le lettere a muoversi, la temperatura ad alzarsi, i compagni a scomparire, le voci diventare più forti, talmente forti da rendere l'udito ovattato.

Scappai, lontano, dove nessuno poteva sentirmi o vedermi, dove andavo sempre quando stavo male, dove tutto quel caldo veniva ghiacciato.

Al giardino dell'ospedale.

«Ma guarda chi c'è, il rincoglionito di turno.»
Una figura dai capelli grigi come l'acciaio spuntò da dietro un angolo.
«A CHI HAI DATO DEL RINCOGLIONITO?!»
«a te»

Lo guardai infuriato per la sua solita freddezza, per poi però sbocciare in una risata genuina.
«Come mai sei qui, 'Tsumu?»

"Mi mancavi" questa era la risposta corretta, la verità, ma ovviamente non la esposi, in fondo, come potevo?
«Avevo caldo»
Risposi semplicemente.
«Ma ci sono 7° gradi razza di imbecille.»
«Parla quello che beve la cioccolata calda in estate»
«Beh mi piace il caldo!»
«E a me il freddo!»
Le solite litigate mattutine; per me erano come una routine, non davo peso a nessuna di queste, ma, a mia insaputa, non era lo stesso per Osamu, il quale analizzava ogni parola, ogni tono per cogliere anche la minima informazione. È sempre stato così, fin dalla nascita.

«Senti Atsumu, tu mi odi?»

Sì lo faccio, lo faccio perché odio il dolore e tu sei la persona che mi fa soffrire più di tutte.
«Perchè dovrei?»
Chiesi invece.
«Perchè dal tuo tono sembra così. Percepire le emozioni altrui, non è facile da fare, non ci riescono tutti, ma io so farlo, anche se solo con te. I sentimenti sono come qualcosa che ci lega, non trovi? Io provo i tuoi e tu i miei, un po' come i vestiti.
Oh, poco importa, ci facciamo una partitina a Winning Eleven?»

«Sì»
Fu tutto quello che riuscii a dire. Quel discorso, inutile quanto sensato, mi dava proprio sui nervi, come lui dopotutto.

~~

«Oi Atsumu, hai mai pensato a che farai finite le superiori?»
Una domanda così innocente all'improvviso, perché me lo avesse chiesto ancora non lo so, forse era semplicemente curioso.
«Credo proprio che continuerò con la pallavolo, te?»
«Io...penso che mi dedicherò ad un altro lavoro, qualcosa sul cibo possibilmente.»
Non so per quale strano motivo, ma non mi andava proprio giù il fatto che Osamu volesse smettere, dopo tutti gli sforzi che ha fatto perché concludere tutto in quel modo?
«Sei serio? Dai mi pigli per il culo, qualcosa inerente al cibo dici, eh, cos'è? La pallavolo non è abbastanza per te? Perché smettere?»

«La pallavolo non mi porterà gioia e successo, lo sai bene anche tu»
Aveva già il successo, aveva già la gioia, o forse mi sbagliavo?
«HAI GIÀ QUELLO CHE CHIEDI GRAZIE ALLA PALLAVOLO»
«No 'Tsumu, invece no»
«Sai cosa? QUANDO SAREMO SUI NOSTRI LETTI DI MORTE TI GUARDERÒ E DIRÒ DI AVER AVUTO LA VITA PIÙ FELICE»

Il ragazzo mi guardò intensamente, con il volto spezzato, come se stesse per piangere, come se sapesse che mi sarei dovuto rimangiare quelle parole.
«QUANDO SARAI SUL TUO LETTO DI MORTE IO NON CI SARÒ 'TSUMU! e lo sai perfettamente. Lo sai che non vivrò abbastanza da invecchiare con te.»

Parole, solo parole, questo era tutto quello a cui riuscivo a pensare nel mentre di quella più che inutile discussione.
«No. No tu ci sarai, io lo so, guarirai e invecchieremo insieme. È così che deve andare, È COSÌ CHE VOGLIO CHE VADA.»
Calde lacrime cominciarono a solcare il mio volto, ormai arreso al cercare di sorridere, perché infondo, sapevo che aveva ragione.

«Non sempre le cose vanno come vorremmo, potrò anche essere migliorato al momento, ma chi ti dice che non peggiorerò in futuro?
Chi ti dice che andrà tutto bene? Che mi salverò?»
Il suo sguardo era impassibile come sempre, freddo come il ghiaccio, ma stava piangendo, potevo sentirlo.
«smettila, SMETTILA! NON VOGLIO VIVERE UNA VITA SENZA DI TE.»

«Allora dovrai imparare a non patire il caldo, mio caro amante del freddo.»

«Ma senza di te, mi sento solo.»

Alone without youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora