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«Ho sentito che Osamu è stato dimesso!»
«Davvero?! Finalmente! Suo fratello proprio non lo reggo»
«Già, neanche io, è così fastidioso, molto meglio Osamu!»

Parole, sono solo parole.
Frasi, sono solo frasi.
Non mi importa, ho sempre Osamu che mi vuole bene.
Ho lui.
Chissene importa se non piaccio agli altri
Non mi importa...vero?

La classe non è mai stata così rumorosa, o forse silenziosa, non lo percepisco, non percepisco più nulla.
È tutto così vuoto, così soffocante, così caldo, così arancione.
Mi piace di più quando è tutto grigio, come quella tua capigliatura.
Quella capigliatura che mi ricorda che non sono solo, che c'è ancora qualcuno che tiene a me.

Sul campo non riesco a metterci piede, non senza di te.
È brutto, voglio che tu sia qui con me.

Spalancai la porta in legno che conduce all'ingresso di casa mia, di casa nostra, quando ancora lo era.
Le luci erano spente, ma udii un rumore, dei passi.
Feci il mio ingresso in cucina e un urlo accompagnò l'accesa del lume.
«GUARDA CHI C'È!»
Il volto di 'Samu spuntò da dietro il divano color ardesia.
Lasciai cadere lo zaino contenente i pesanti libri di scuola e corsi verso di lui.
Lo abbracciai dolcemente, facendo attenzione a non fargli male, in fondo era ancora debole.
«'Samu!»
Il ragazzo dai capelli grigi argento ricambiò la stretta e, per un momento, mi dimenticai di tutte le parole nominate dalla gente, delle discussioni con me protagonista, avevo lui, che me ne poteva importare?

«'Samu...possiamo rimanere così qualche secondo?»
Mio fratello annuì, stringendo l'abbraccio e annusandomi i capelli.
«Hanno detto qualcosa di orribile di nuovo?»
Intuì il ragazzo.
«Già, ma non me ne frega nulla»
«A me non sembra sia così.»
Mi tirò su il mento e mi asciugò le calde lacrime che solcavano il mio viso senza il mio permesso, rendendole gelide al solo tocco.
«Hey, sono qui...Gliela faccio vedere io a quegli stronzi, nessuno può trattare male il mio fratellino a parte me.»

Eri lì, perché ora non ci sei?
Non hanno smesso di parlare, sono ancora alle mie spalle.
Torna qua 'Samu, torna e non andare via.

Fa così dannatamente caldo.

~~

«Oi atsumu! come sta tuo fratello?»

Ancora quella domanda.
Quella assillante domanda che tutti mi pongono.
Perché a nessuno interessa come sto io?

«Bene, è stato dimesso e forse la prossima settimana torna a scuola»
Rispondo senza alzare lo sguardo.
"E tu come stai?", avrebbe chiesto 'Samu.

Quando il suono assordante della campanella mi invase le orecchie, presi la cartella sotto braccio e mi incamminai in quella strada ripercorsa milioni e milioni di volte con mio fratello, che al momento pareva così calda e vuota.

Effettivamente, la sto percorrendo anche ora, per l'ultima volta probabilmente.

Infilai la chiave nella serratura, entrai in casa e mi sedetti sul divano, sfinito.
«Ciao»
Udii una voce fredda come il ghiaccio proveniente dalla cucina, la sua voce fredda come il ghiaccio.
Mi era mancato quel fresco.
«Buon pomeriggio mr. simpaticissimi!»
Dissi in tono ironico.

Vidi il ragazzo ridere dolcemente per il soprannome a lui affibbiato, ma quell'espressione così serena durò poco.
Difatti, strabuzzò gli occhi e corse in direzione del lavandino.
«Tsumu-» cercò di dire il corvino tra un colpo di tosse e un altro.

Mi affrettai ad avvicinarmi in suo soccorso, un liquido rosso usciva dalla sua bocca ad ogni espettorato, si soffermava sul suo labbro inferiore e poi colava sul metallo fresco del lavello.

Il battito aumentava e il respiro accelerava. Tutto attorno a me girava, ogni suono si propagava per la stanza, rimbombando come un grido in una grotta sotterranea.
«Tsumu...» il sibilo solitamente distaccato godeva di un tono preoccupato, capace di renderlo un rumore umano.
«Stai bene?» Mio fratello si voltò velocemente, prendendomi il canovaccio dalle mani e portandoselo alla bocca per pulirsi.
«Oi Atsumu, guardami»
Rivolsi il mio sguardo a lui, ai suoi occhi, i quali parevano ingrandirsi ogni secondo che mi osservavo, mentre il resto cominciava a farsi stretto, ingombrante, fastidioso, soffocante.
«Sono qui, tranquillo.»
Forse piansi, o forse no, non ricordo, però rimembro che in quel momento il mondo e il tempo sembrarono fermarsi.

Chiusi gli occhi, ma quando li riaprii non ero più nella nostra semplice cucina.
Il vuoto si figurò farsi spazio intorno a noi, venendo successivamente ucciso dalla luce, che entrò in quella piccola dimensione da noi creata, catapultandoci in un luogo abitato solo da nuvole e caratterizzato da un colore azzurrino come un diamante.
Ricordava il cielo, ma era diverso, difatti quello che poteva essere chiamato pavimento raffigurava uno specchio, capace di riflettere le immagini capovolgendole verso l'alto, il quale, però, era coperto da un velo d'acqua dolce, in modo da donare un senso di equilibrio a quel paesaggio già di suo assolutamente meraviglioso.

Non sono più stato capace di vedere quel posto, il nostro posto. Forse perché manca una chiave di accesso, o forse perché in fondo non voglio rivederlo.
Lo vedo, il mio destino.
E no, non è un futuro sul campo da pallavolo, acclamato dal popolo tifoso della squadra e accompagnato dai miei compagni, ma è proprio lì, in quella casa ove ho trascorso tanti bei momenti in compagnia, triste, solo, ma prima di tutto, agghiacciante.

Proprio così, perché la morte è agghiacciante, ma io sono solo e unicamente un'immagine che caratterizza lo sfondo del tuo ritratto, tu senza di me puoi vivere, io senza di te, non posso nemmeno esistere.
O forse, è così per entrambi, forse siamo destinati a smettere di esistere nel momento in cui l'altro smette di respirare. Dimmelo tu 'Samu. Parlami.

Parlami ancora una volta, con quella tua voce talmente fredda da poter ghiacciare il fuoco.

Angolo scrittrice

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