Il giorno dopo, la notizia si divulgò in tutta la scuola, miriade di messaggi di condoglianze causarono le notifiche del mio telefono, ma io, ero già morto.
Messaggi in cui chiedevano come stessi, in cui si scusarono e molto altro, ma io, non potevo rispondere.
Era troppo tardi.
~~
Il medico uscì dalla sala dandomi una leggera pacca sulla spalla e sussurrando un "mi dispiace" e così, gli altri tre a ruota.
Ma già lì, avevo smesso di vivere.
Tornai a casa, mi dissero di riposare, che il giorno dopo mi avrebbero chiamato per dei documenti e qualche roba per il funerale, ma il giorno dopo non sarebbe mai arrivato.
Informarono parenti e amici della morte di Osamu, mi chiesi se avrebbero fatto lo stesso con me, e le quali sarebbero state le loro reazioni.
Peccato, non potrò vederle.
Ogni mio movimento mi sembrava talmente faticoso da uccidermi lentamente, come se metà dei miei muscoli fossero morti insieme a lui.
Entrai in casa dalla porta ancora spalancata e la chiusi alle mie spalle, non bene, non avevo più forza.In quel momento, avevo un solo obbiettivo, una sola meta, un solo pensiero.
Camminai dritto per il corridoio e andai dritto in cantina.
Rovistai per la stanza, era fredda, mi ricordava Osamu, era un bel posto.
Presi una corda, un qualcosa.
La legai ad una trave che giaceva sul soffitto, il quale era anche il pavimento al piano terreno.
Feci un nodo malandato, ma comunque preciso, presi in secchio e mi misi sopra di esso.
Infilai la testa nel nodo e fissai il vuoto per qualche minuto.Tutti i ricordi che avevo con osamu mi passarono per la testa, li visualizzai, uno ad uno.
Arrivai all'ultimo, quello finale, quello prima della scritta "The end", ma è come quando nei film non riesci a rivedere la morte del tuo personaggio preferito, quindi la salti, con la sola differenza, che io diedi un calcio al secchio su cui i miei piedi e il mio intero corpo di reggeva, appendendomi al soffitto come un pesce in una pescheria, morto.Non implorai per la vita, non cercai di combattere quella forza che mi portava all'altro mondo.
Avevo un solo pensiero:
Osamu.Ma la vita non mi diede neanche quella soddisfazione.
La mia vita finì, nessun altro mondo, nessun aldilà, nessun paradiso, nessun inferno.
Nulla.
Il vuoto.
Nessuna emozione, nessun suono, nessuna sensazione.
Nulla.
Assolutamente nulla.
Alcuni potrebbero dire che è rilassante, altri che è terrificante, ma io? Nulla.
Per me, che lo sto provando, è il nulla, perché in fondo non posso provarlo, non più.Fanculo alla Bibbia che mi aveva fatto credere che avrei rivisto mio fratello.
Fanculo a Gesù e alla sua resurrezione.
Fanculo.
Lasciatemi riposare in pace almeno, datemi tregua.
Sono morto, basta con questi demoni.
Basta.
Basta.
Cos'è questa sensazione?
Basta.
Pensavo di non poter provare più nulla.
Cos'è?
Basta.
Ah, ecco cos'è.
Basta.
Me ne sto pentendo.
Basta.
No...non è quello.
Basta.È il senso di colpa.
!¡EXTRA¡!
Mi chiamo Suna Rintarō, vado alla Inarizaki High school, Tokyo e ho appena perso la persona che amo.
Osamu Miya era morto.
E con lui suo fratello.Uno era morto il giorno precedente per una malattia, mentre l'altro era stato ritrovato stamattina impiccato nella sua cantina.
Crudele.
Non sono mai riuscito a dire nulla a Osamu, non gli ho parlato abbastanza e abbiamo litigato fin troppe volte.
Me ne pento.Avrei dovuto parlargli molto di più e avrei dovuto assecondarlo e accompagnarlo nella sua vita.
Ma non posso più farlo.
Mi chiamo Suna Rintarō, e ho perso quello che sarebbe stato mio marito in un futuro.
Mi chiamo Suna Rintarō, e ora sono condannato a vivere una vita a me non destinata.
Mi chiamo Suna Rintarō, e non vivrò questa vita.
Mi chiamo Suna Rintarō, e non finirò il liceo.
Mi chiamavo Suna Rintarō, e ora, sono nella mia vasca, con i polsi sanguinanti e l'acqua rossa.
Mi chiamavo Suna Rintarō, e ho chiuso con la vita.
Angolo
Fine, yee!
mi dispiace:')
perdonatemi thx.non ammazzatemi per l'extra, ci vediamo alla prossima storia, byee<3
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Alone without you
Fanfiction"I mitici gemelli Miya" così li chiamavano. Cosa ci fosse di mitico Atsumu non lo sapeva, ma Osamu sì. Lui ne era consapevole, ma forse, se n'è reso conto troppo tardi, o magari troppo presto. Chiunque li guardasse da fuori vedrebbe una luce scender...