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Pian piano Temari iniziò ad affaticarsi: il respiro le si fece pesante, gli arti le iniziavano a far male, in particolare le mani le pulsavano terribilmente nonostante non avesse, in realtà, colpito niente se non le mani di Kiba che, prontamente, era sempre riuscito a bloccare i suoi attacchi.
Ci aveva messo tutta la forza, la rabbia e il chakra che aveva avuto nel corpo in quei colpi, eppure proprio per colpa della foga che ci stava mettendo nel tentativo di colpirlo, non era mai stata in grado di sfiorarlo; Temari era nettamente più forte, intelligente e veloce di Kiba, eppure in quel momento la donna stava lottando in maniera misera, le sue abilita ninja non stavano risaltando per nulla.
Per quanto la sua mente fosse offuscata dalla collera, da kunoichi esperta quale era sapeva di star agendo di impulsività, senza una buona strategia.
Dopo aver sferrato un ultimo attacco nullo, Temari si placò.
Abbandonò le braccia doloranti lungo i fianchi, aprendo e chiudendo con calma le mani, cercando di riavviare la circolazione sanguigna, sperando che il dolore lancinante si alleviasse.
Non aveva smesso di elaborare le ultime parole di Kiba, quegli insulti sputati con irriverenza e cattiveria, ignoranza, che tanto l'avevano fatta alterare a tal punto di non riuscire più a contenersi, più le risuonavano nella testa, più la facevano star male, sentire ferita, offesa, a tal punto che si era domandata se effettivamente le affermazioni del moro non fossero vere: forse era lei il problema, forse era davvero per colpa sua che tutto stava andando male, forse era lei quella nel torto.
Per la prima volta in tutta la sua vita Temari aveva davvero messo in dubbio se stessa e il suo modo di fare, il suo essere, il suo carattere.
Doveva ammettere che le rodeva il fatto di non essere stata in grado di dare una lezione a quel pulcioso ficcanaso dell'Inuzuka che aveva davvero superato il limite con il suo essere invasivo.
Gli occhi dal taglio felino, in totale contrapposizione con l'essere canino di Kiba, seppur lucidi per via dell'alcool, erano ben attenti e limpidi, privi di ogni disagio, di alcuna preoccupazione, al contrario di quelli spenti di Temari.
Seppur scocciato e offeso, per essere stato trattato in malo modo, per l'ennesima volta, dalla moglie di uno dei suoi amici, l'espressione sul volto di Kiba era tornata serena, per quanto fosse seriosa non mostrava più, come fino a pochi secondi fa rabbia.
Ci fu un momento di silenzio e staticità, nessuno dei due si mosse ne parlò, a malapena i due respiravano immersi nel buio nel mezzo di quel vicolo sterrato.
Il fiato alcolico e caldo di Kiba solleticava, pungente, le narici di Temari che, immobile davanti a lui, stava riprendendo fiato.
Al contrario dell'altro, che respirava tranquillamente, con calma e in maniera costante, la bionda stava faticando parecchio a riprendersi: il petto le si alzava e abbassava velocemente, i suoi respiri profondi e scostanti erano gravosi, spezzavano l'agonizzante silenzio.
La collera di Temari sembrava essersi placata, eppure dal suo viso, la sua espressione, i suoi occhi era ben chiaro che non fosse bastato quello ''scontro'' ad alleggerirla, anche se in quel momento il suo corpo immobile sembrava essere stato completamente prosciugato da ogni energia, persino dalla rabbia che l'aveva fatta agire con imprudenza.
I due si fissavano intensamente e nessuno pareva voler rompere quel contatto visivo, nella penombra i loro occhi erano fissi gli uni in quelli dell'altro.
L'Inuzuka cercava di capire che cosa le stesse passando per la testa, che cosa avrebbe fatto ora che pareva essere riuscita a sfogarsi un minimo, ad aver liberato il suo corpo da almeno un po' di quella rabbia repressa che si teneva dentro.
Gli occhi di Temari erano torbi, pareva in uno stato di calma apparente, di trance; stava recuperando le forze e, poi, che cosa avrebbe fatto? 
Kiba doveva essere pronto a fermarla qualunque azione avrebbe deciso di compiere, non era in sè, qualsiasi sua decisione sarebbe stata causata dallo stato confusionario in cui si trovava, non le avrebbe lasciato fare nulla di avventato, a costo di doverla trattenere con la forza e riportarla a casa trascinandola.
Forse Temari aveva ragione, non avrebbe dovuto ficcare il naso in una situazione che non lo riguardava, eppure credeva che quello che stava facendo fosse la cosa giusta per far sì che la situazione non peggiorasse: voleva, davvero, in maniera genuina, aiutarla a star meglio.
Gli dispiaceva vederla in quel modo e ancor di più gli dispiaceva il fatto che fosse stato l'unico, nonostante non fosse, di certo, un suo caro amico, a notare la sua immensa tristezza e solitudine.
Sapeva che Shikamaru non era il massimo della perspicacia quando non si trattava di logica, ma quanto bisognava essere cechi per non notare che la propria moglie stesse soffrendo in quel modo?
L'espressione sul volto di Kiba si fece cupa, non potè che rattristarsi e patire per lo stato in cui si trovava Temari.

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