Io...te & l'infinito •1•

2.8K 68 7
                                    

Era un giovedì pomeriggio, di metà ottobre, quando arrivai nella mia nuova casa. Erano ormai due anni che vivevo in un orfanotrofio, quando, un uomo, di cui neanche vidi il volto, prese la decisione di adottarmi. Di solito, quando le persone venivano, per adottare qualcuno, sceglievano sempre i bambini, i ragazzi più grandi rimanevano lì fino ai loro diciotto anni e poi, i più sfortunati, iniziavano a vivere per strada. Io ero una di loro, mancavano due mesi ai miei diciotto anni. Un auto mi venne a prendere all'orfanotrofio e mi portò fuori casa di quell'uomo. Scendendo dall'auto, mi ritrovai dinnanzi ad una vera e propria reggia. Dove diavolo ero finita? Difronte, si ergeva, in tutta la sua grandezza, un cancello in ferro battuto dove mi aspettava un uomo sulla settantina, con capelli e baffi color bianco sporco, vestito da pinguino. Mr Pinguì?
Il tipo m'invitò ad entrare, dopo aver aperto l'enorme cancello con un telecomando elettronico. Seguii l'uomo all'interno, camminando su un viottolo in pietra, decorato ai lati da fiori di mille colori, che portava ad un gazebo enorme, bianco, con fiori intrecciati tutt'intorno dello stesso, identico, colore. Lì era parcheggiata un'altra auto, nella quale fui invitata a salire, e Mr. Pinguì, si mise alla guida. Una volta in auto, poggiai i piedi sul cruscotto, ma il pinguino mi rivolse uno sguardo severo.
- Che c'è? - gli chiesi.
- Signorina, i piedi.- rispose lui.
- Io faccio quel che mi pare - sbottai acida.
-I piedi- continuò, guardandomi in cagnesco.
- Ok ok, ma si calmi! - dissi alzando gli occhi al cielo e abbassando i piedi dal cruscotto.
Ma che palle! Mica erano tutti così in quella casa? Si prospettava una permanenza "divertente".
Sbuffando mi affacciai al finestrino e mi persi nell'ammirare l'enorme giardino, che mi ritrovai davanti agli occhi. Lo decoravano, fiori, alberi altissimi che, con le loro verdissime chiome, facevano ombra in alcuni punti. C'erano fontane, in marmo bianco, zampillanti, un piccolo fiume, lo attraversava, con gigli bianchi sulle sponde. Sembrava il paradiso terrestre di Dante, un grande poeta italiano.
Poco dopo la macchina si fermò, Mr. Pinguì/Rompipalle scese dall'auto ed io lo imitai, rimanendo nuovamente senza parole. Ero finita in un castello. Un dubbio iniziò a farsi strada nella mia mente. Se il loro intento era quello di trasformarmi in una principessina perfettina, avrebbero avuto pane per i loro denti! Mi piacevo così com'ero, con le mie converse nere ai piedi, i jeans strappati, una t-shirt sformata e i capelli legati in una spettinata coda di cavallo.
Mr. Pinguì si schiarì la voce, distogliendomi dalle mie elucubrazioni mentali, e mi fece strada all'interno del "castello", dove, era tutto, solo e unicamente, lussuoso: divani in velluto rosso screziati d'oro, tavoli di cristallo, lampadari di diamanti e soffitti altissimi. E che diamine, proprio uno schiaffo alla miseria! La mia attenzione venne catturata da un uomo bellissimo, sulla cinquantina, con occhi azzurri come il cielo, capelli biondi come il grano, alto e di bella presenza, con barba bionda ben curata, fasciato da
un completo nero con camicia bianca e cravatta. Sicuramente il mio carceriere.
- Violetta, ben arrivata - mi salutò.
-Salve- dissi con strafottenza.
-Allora? Che ne pensi? Ti piace la casa?- mi chiese guardandosi introno.
-Si, non male- risposi con noncuranza.
-Bene-, mi sorrise, -vieni, voglio presentarti mia moglie- disse facendomi strada verso una salone spaziosissimo, al cui fianco, intravidi una specie di ,enorme, sala da pranzo. Non sto qui a descriverlo perché giuro, era indescrivibile. Su una poltrona bianca, era seduta una bellissima donna dai capelli castani legati in un'elaborata acconciatura, ed un vestito magenta molto semplice, ma allo stesso tempo elegante e lungo fino a terra, intenta a leggere. All'udire i nostri passi la donna alzò lo sguardo, chiudendo il libro e poggiandolo sulla poltrona. Rimasi folgorata dalla bellezza del suo viso. Una parola: perfetto. Neanche un imperfezione, tutto si trovava al posto giusto, era simile ad un angelo. Con un paio d'occhi color nocciola con una luce particolare. Si alzò e mi corse incontro con un sorriso a trentadue denti, bellissimo e dolcissimo, per poi abbracciarmi. Rimasi immobile e senza parole.
-Oh, scusa.. - disse sciogliendo l'abbraccio. -Io sono Emma, non volevo essere invadente, abbracciandoti- continuò con una voce melodiosa.
-N-non fa nulla- risposi scuotendo la testa e tornando in me.
Quella donna emetteva una stana aura, troppo positiva. Iniziai a pensare che si trattasse di una strega..
-Bhè, lei è mia moglie e ti diamo il benvenuto nella nostra casa- riprese l'uomo bellissimo, affiancandosi a quella donna stupenda e avvolgendole la vita con un braccio.
-Siamo felici che tu sia qui. Spero ti troverai bene- continuò lei.
- Abbiamo anche un figlio, Leon. Sarà in giro con i suoi amici, stasera sicuramente lo conoscerai- m'informò fiero Tom.
- Ok - dissi io, neutra.
- Oh, cara, sarai stanca, e sicuramente vorrai rinfrescarti. Rodrigo, puoi accompagnare Violetta in camera sua?- disse la voce melodiosa di Emma.
Ed ecco che riapparve Mr. Pinguì all'appello che, con un cenno della testa, mi fece segno di seguirlo.
Dovevo ammettere che erano davvero una bella coppia, entrambi bellissimi. La donna poi, mi aveva colpito profondamente.. Era come se lei, fosse un pezzo di ferro ed io una calamita, attratta inevitabilmente da lei. Senza accorgermene mi ritrovai davanti una porta bianca.
-Questa è la mia stanza?- chiesi al simpaticone.
- Si signorina, all'interno troverà anche un bagno. Se ha bisogno non esiti a chiamarmi- rispose per poi girare i tacchi ed andarsene.
Aprii la porta della stanza. Era grandissima, più di tutte le stanze delle ragazze, all'orfanotrofio, messe insieme. Il soffitto era altissimo, come nelle altre stanze della casa, le pareti, tinteggiate di un color rosa pallido, erano disegnate da ghirigori bianchi. Al centro della stanza c'era un letto matrimoniale con coperte color crema che, riprendevano il colore delle tende, le quali, circondavano l'immenso finestrone che illuminava la stanza, con un diverso numero di cuscino sparsi sopra. Sulla sinistra c'era una scrivania, con un computer di ultima generazione.. E chi diavolo ne aveva mai visto uno così?! All'orfanotrofio c'erano dei rottami dell'epoca dei dinosauri!
Poco distante da quella, c'era una porta, dietro la quale trovai una cabina armadio con scarpe, vestiti e cianfrusaglie di ogni genere, tipiche cose da ragazza perfettina.
Chiusa la la porta, andai verso il grande finestrone, scostai le tende ed uscii sul terrazzo dove erano posizionati un lettino da spiaggia ed un tavolino.. Da lì si vedeva il resto dell'enorme giardino che, precedentemente, avevo attraversato in auto. Era fornito anche da una piscina, munita di ombrelloni, sdraio e lettini, e persino da un bar! Scossi la testa per riprendermi dallo shock del momento e rientrai.
Mi diressi verso l'ultima porta della stanza, dove doveva esserci il bagno. Bingo!
Era attrezzato da una vasca idromassaggio che, subito, mi fece venire la voglia di tuffarmici. Mentre l'acqua calda scorreva, presi delle asciugamani in bella vista, da un mobiletto somigliante ad una profumeria.. Profumi, bagnoschiuma, shampoo, olii, creme di ogni tipo. Piastre per qualsiasi pettinatura, phon con e senza diffusore. Ok, un momento, dove diavolo ero finita?Nella casa delle barbie? Riempita la vasca, mi ci tuffai dentro e massaggiata dalle bolle, chiusi gli occhi rilassandomi. Mi resi conto di aver smarrito la cognizione del tempo, guardandomi le mani. Velocemente lavai i capelli ed uscii dalla vasca, avvolgendo il corpo nel morbido asciugamano. Dopo aver asciugato i capelli, alla bell e meglio, uscii dal bagno con ancora l'asciugamano addosso. Nel momento in cui stavo per toglierla, mi accorsi della presenza di qualcuno alla mie spalle. Mi voltai di scatto e trovai un ragazzo bellissimo, alto, capelli castani con il ciuffo all'insù, occhi verdi magnetici e profondi, con qualcosa di enigmatico. Quel verde era tenebroso, ma dolce allo stesso tempo. Le labbra, molto piene, si aprivano su una fila di denti bianchissimi e perfetti. Era poggiato con la schiena alla porta della mia stanza e mi fissava. Nonostante indossasse un semplice pantalone di tuta e una t-shirt aderente, che lasciava poco all'immaginazione, trasudava eleganza da tutti i pori.
-Continua pure quello che stavi per fare- si pronunciò maliziosamente, rompendo il silenzio.
-E tu chi saresti?- gli domandai, coprendomi alla bell e meglio.
-Questa è più una domanda che dovrei fare io, non credi?- mi rispose, alzando un sopracciglio.
-Non rispondermi con un'altra domanda!- dissi stizzita.
-Perché non dovrei? È lecito porti questa domanda, sei in casa mia- fece avvicinandosi.
-Oh, quindi tu devi essere Leon- realizzai.
-Indovinato. E tu saresti, di grazia?- mi sorrise.
-Violetta, il nuovo acquisto dei tuoi- risposi sprezzante.
-Ah, quindi tu dovresti essere..mhh la mia sorellina- disse virgolettando con le mani.
-No che non lo sono, e mai lo sarò. Adesso, se non ti dispiace vorrei vestirmi. Quindi, aria!- dissi con astio.
-Uhh siamo nervosette.-
Fece dei passi verso di me, annullando, completamente, i pochi metri che ci separavano. Rimanemmo a guardarci negli occhi, occhi che sembravano voler intrappolare i miei e non lasciarli più andare. Si abbassò di qualche centimetro affiancando le labbra al mio orecchio, interrompendo così il contatto visivo con quello splendido colore che mi aveva rapita.
- È davvero un peccato,sei molto attraente, con solo quest'asciugamano addosso, e t'inviterei nella mia stanza-, prese a sussurrare, accarezzandomi la spalla nuda, - ma sono intollerante alle pulci, pezzente.- riprese con disprezzo.
Si allontanò ed uscì dalla mia stanza, ridendo, così come era venuto. Rimasi immobile a guardare la porta chiusa. Non riuscivo ancora a credere alle parole pronunciate da quelle labbra perfette, ma diaboliche allo stesso tempo. Indietreggiai fino ad arrivare a sedermi sul letto, continuai a guardare la porta, come in trans.. Come diavolo si era permesso quel bastardo a darmi della pezzente? Che ne sapeva lui della mia vita?! Il caro principino, me l'avrebbe pagata. Velocemente presi il piccolo zainetto con le mie poche cose al suo interno, indossai della biancheria pulita ed i miei soliti vestiti. Pronta, uscii dalla stanza. Non ricordandomi la strada, decisi di seguire il lungo corridoio alla mia destra e vedere dove portava. Arrivata alla fine, mi ritrovai, fortunatamente, davanti ad uno scalone enorme in marmo, dove c'era lui. Velocemente scesi le scale e, prendendolo alla sprovvista, gli mollai un ceffone dietro la nuca.
-Ahii! Ma che.. - urlò voltandosi verso di me, -Brutta stronza! Ma che cazzo ti è preso?!- continuò, portandosi una mano dietro la nuca.
-Pezzente ci chiami qualcun altro, bastardo!- gli urlai di rimando.
-Piccola stupida io ti .. - stava per alzarmi le mani addosso, quando, venne fermato dalla voce di Tom.
-Cosa sta succedendo qui?- chiese altero.
-Niente- risposi velocemente.
-Questa piccola stronza mi ha mollato un ceffone- piagnucolò il bastardo.
-Leon, modera il linguaggio!- disse, il biondo, per poi rivolgersi a me con cipiglio severo -Violetta, mi spieghi cosa è successo? Perché gli hai dato uno schiaffo?-
Vidi il bastardo sogghignare.
- Perché mi andava- risposi con nonchalance.
-Violetta, non ti trovi più in orfanotrofio. Vorrei che ti iniziassi a comportare adeguatamente- mi rimproverò l'uomo.
-Senta, non le ho chiesto io di adottarmi. Se le va bene, io sono così, altrimenti mi rispedisca da dove sono venuta. Detto questo, ho fame, che si mangia?-
Senza dargli il tempo di rispondere, me ne andai verso la sala da pranzo che avevo intravisto appena arrivata. Lì, trovai la donna di prima seduta a tavola.
-Cara, siediti. Sarai affamata- disse accorgendosi della mia presenza. Presi posto al suo fianco e iniziai a mangiare. Dopo poco, sopraggiunsero anche i due uomini che si accomodarono.
-Di solito si aspetta che tutti arrivino al tavolo, prima d'iniziare a mangiare- disse, con astio, Leon.
-Su Leon, lasciala stare. Le ho detto io d'iniziare- mi difese Emma.
Vidi Leon bisbigliare qualcosa tra sé, ma non riuscii a captare cosa.
-Allora, Violetta. Che ne pensi della tua stanza?- mi chiese Tom.
- Carina.- risposi, atona, continuando a mangiare.
-Carina? Tesoro, tu non hai mai visto una stanza così. Ringrazia il cielo che ti abbiamo fatto mettere piede qui, con tutte le tue pulci! - sputò Leon tra i denti.
-Leon! Chiedi scusa!- disse, Tom, alzando il tono di voce.
-Non si preoccupi, quello che dice suo figlio mi scivola addosso. E se proprio vuoi saperlo,-dissi, rivolgendomi a Leon,- io non dò valore alle cose materiali. Sono stata abituata a non avere nulla, non come te che hai avuto tutto sin da quando eri in fasce! Sei ridicolo, uno che corre dal paparino ogni volta che gli succede qualcosa, come poc'anzi, si può definire uomo. Quindi, bimbo, chiudi il becco e mangia! - risposi calma, per poi portarmi un bicchiere d'acqua alle labbra.
Vidi il belloccio guardarmi con aria di sfida e allo stesso tempo stringere il tovagliolo tra le mani. Improvvisamente si alzò, facendo strusciare la sedia per terra e provocando un rumore fastidioso.
-Io esco!- annunciò arrabbiato.
-Leon, dove vai!- lo riprese il padre.
Ma era troppo tardi, il ragazzo era già uscito sbattendo la porta alle sue spalle.
-Violetta, scusalo. Di solito non è così..- mi disse Tom.
-Non si preoccupi, io non mi offendo- gli risposi.
-Bene, allora. Sei pronta per il tuo primo giorno di scuola?- m'interpellò Emma, cambiando discorso.
-Il mio primo che?- la guardai interrogativa.
-Ti abbiamo iscritta alla stessa scuola di Leon. È già iniziata da un mese e mezzo, ma sono sicura che ti troverai bene. - Mi sorrise dolcemente.
-Io, non ci vado- risposi.
-Si, invece. Ti aspettano tutti. E questa potrebbe essere l'occasione per iniziare a farti degli amici- mi sorrise anche Tom.
-Dai, sarà divertente- mi disse, Emma, con occhi dolci.
- E va bene- Non so perché ma la mia bocca parlò prima che l'informazione arrivasse al cervello. Era appurato, questa donna era una strega!
Finito di mangiare mi alzai dal tavolo, accompagnata dai due adulti.
-Bhè a domani- dissi imbarazzata.
-Buonanotte piccola - mi disse Tom sorridendomi.
-Notte tesoro- disse Emma, avvicinandosi e baciandomi una guancia.
Senza dire nulla mi allontanai e tornai nella mia stanza, mi ritrovai a sfiorarmi la guancia baciata da quella donna e sorrisi prima di coricarmi ed andare a dormire.

Resta con meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora