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Dopo le lezioni, andai con Sam verso casa Vargas. Precedentemente, ci eravamo messe d'accordo per la festa e, a quanto pare, si era offerta come stilista e parrucchiera personale.
Arrivate mi feci aprire il cancello, ed entrammo nell'immenso giardino che contornava la villa.
Sulla porta d'ingresso, trovammo Tom che, evidentemente, stava per uscire. Nel vedere Samantha, corse ad abbracciarla.
-Sam, da quanto tempo!- Disse sciogliendo l'abbraccio.
-Tom, come stai?- gli rispose.
-Bene, tu? È da tanto che non ci vieni a trovare.- Disse dispiaciuto.
- Eh, si. Mi spiace.- Rispose lei, triste.
-Sono felice che tu abbia fatto amicizia con Violetta. Magari ci vedremo più spesso.- Le disse sorridendo.
-Lo spero.- Rispose, ricambiando il sorriso.
- Bene, adesso scusatemi ma devo proprio andare. Sam, è stato un piacere. - Disse sorridendo.
-Anche per me- gli rispose lei.
-Ah, Violetta. Vai anche tu alla festa di James stasera?- mi chiese, con un piede fuori casa.
-Si.- Gli risposi.
-Ok, a più tardi.- Ci salutò, uscendo.
- Su andiamo!- disse Sam, trascinandomi sopra le scale, fino alla mia stanza.
Certo che conosceva questa casa come le sue tasche!
-Allora, iniziati a fare un bagno. Intanto scelgo il vestito e il resto.- Mi ordinò, aprendo la porta della cabina armadio.
Rassegnata, andai in bagno e feci scorrere l'acqua calda per poi immergermici dentro. Non riuscivo a smettere di pensare alla chiacchierata con Leon di ieri sera e il suo atteggiamento di stamattina, parlare di Sam l'aveva turbato parecchio. Il verde dei suoi occhi si era adombrato più del solito. Perché non sono più amici? Cosa diamine sarà successo?
Venni distolta dai miei pensieri, poiché la porta del bagno fu aperta da una Sam gasatissima.
- Dai sbrigati! Devo iniziare a creare.- Disse felice come una matta, sfregandosi le mani.
-Ok, ok- le risposi sorridendo.
Rientrò in stanza ed io uscii dalla vasca, avvolgendomi un morbido asciugamano intorno. Lì, subito mi saltarono all'occhio tre diversi vestiti, con scarpe e accessori abbinati, poggiati sul letto con cura.
-Bene, siediti qui davanti allo specchio.- Mi disse.
-Che specchio?- le chiesi stranita.
-Questo.- Mi disse, indicando uno specchio dietro la porta della cabina armadio.
-Wow, non ci avevo fatto caso-. Le dissi sbalordita.
-Su, siediti.- Mi sorrise.
Scostai la sedia, che aveva posizionato davanti allo specchio, e mi sedetti, mentre lei andò in bagno. La vidi tornare con phon, ferro e spazzola.
-Cosa vuoi fare ai miei capelli?- le chiesi intimorita.
- Fidati di me.- Rispose ed iniziò ad acconciare i miei, poveri, capelli.
Rimanemmo in silenzio per un po', finché non mi decisi a porle quella fatidica domanda.
- Sam perché tu, Leon e Stefan non siete più amici?- le chiesi di getto, guardando il suo riflesso nello specchio.
A quella domanda, si fermò un attimo, e poi ricominciò a muovere le mani sui miei capelli.
- Abbiamo fatto amicizie diverse.- Rispose triste.
- Capisco. E con Stefan? C'è qualcosa in oiù della semplice amicizia?- Dissi schietta.
Continuai a guardarla e, lei, fece una strana espressione, sospirò ed aprì la bocca, però non ne uscì alcun suono.
-Sam?- La chiamai.
-Ma che dici! Io e Stefan? Hai preso un abbaglio.- Rispose, improvvisando una risata.
-Perché allora non vi frequentante più?- le chiesi.
-Niente di particolare. Semplicemente abbiamo preso strade diverse. L'amicizia non dura per sempre.- Disse con un velo di tristezza negli occhi e forzando un sorriso, mentre continuava ad armeggiare con i miei capelli.
Ero sicura che ci fosse qualcos'altro sotto. Ma evidentemente non era pronta ad aprirsi con me, in fondo ci conoscevamo solo da due giorni.
-Scusami, penserai che sia una ficcanaso.- Dissi, abbassando gli occhi.
-Ma dai, non preoccuparti. La curiosità è donna!- La sentii dire.
-E chi l'ha detta sta cosa?- le chiesi alzando gli occhi per guardare il suo riflesso nello specchio.
-Ehm.. Non ne ho idea!- Disse scoppiando a ridere.
Dopo qualche tempo di chiacchiere effimere, finalmente terminò di armeggiare con i miei capelli. Il risultato era sorprendente. Divise, da una riga centrale, lunghe ciocche scendevano a partire dalla radice fino all'altezza degli zigomi, lisce per poi trasformarsi in morbide onde solo sulla lunghezza, ricadendo morbide e voluminose sulle spalle.
-Allora? Cosa ne pensi?- Mi chiese soddisfatta.
-Tu sei un genio!- le risposi, ancora incantata.
-Grazie, me lo dicono in molti.- Continuò dandosi delle arie.
-Adesso però non montarti la testa.- Le dissi prendendola in giro.
-Su, vediamo un pó il vestito.- Riprese lei, sorridendo.
-E tu? Non ti prepari?- Domandai.
-Certo! Ma non ci vorrà nulla. Il vestito è in macchina, sono andata a ritirarlo prima di entrare a scuola. E con i capelli non ci metterò molto.- Disse sbrigativa.
Mi fece provare tre diversi vestiti, uno blu, che non mi piaceva affatto, troppo aderente; uno verde, troppo scollato, e infine uno rosso. Mi guardai allo specchio, era magnifico.
Partiva con una scollatura a cuore senza spalline e scendeva aderente fino alla vita, decorata con piccole gemme. Da lì, scendeva lungo, fino alle caviglie, aprendosi in uno spacco fin sopra alla coscia destra.
-Sei uno spettacolo. Questo vestito è perfetto! Tieni queste.- Mi passò un paio di sandali argentati, col tacco.
-Ma tu scherzi. Io su questi cosi non ci so camminare.- Le dissi afferrandoli e guardandoli scettica.
-Non preoccuparti, te la caverai.- M'incoraggiò.
Sospirando, andai a sedermi sul letto e li misi al piede. Feci per alzarmi, ma lei mi fermò.
-Aspetta che devo truccarti.- Disse, andando in bagno e tornando con diverse cianfrusaglie.
-No, il trucco no. Ti prego- La implorai.
-Shh, ne metto poco.- Mi zittì e iniziò a dipingermi la faccia.
-Ecco fatto, sei pronta. Ah, e prendi questi.- Disse, passandomi dei bracciali argentati ed una pochette rossa dai bordi argento.
Alzando gli occhi al cielo, infilai i bracciali e, mi alzai per andare a guardarmi allo specchio.
Una volta lì, rimasi senza parole. Ero bellissima, il trucco era molto leggero, a parte il rossetto rosso sulle labbra. Quella ragazza non ero io.
-Hai fatto un miracolo.- Le dissi, guardandomi allo specchio, con la bocca aperta.
-Non dire stupidaggini, la materia prima c'è, è stata solo valorizzata.- Rispose strizzandomi l'occhio.
- Vado a prendere il mio vestito in macchina, torno subito.- Continuò, uscendo dalla stanza.
Io, nel frattempo, rimasi a guardarmi allo specchio incredula, tant'è che al suo ritorno, Sam, scoppiò a ridere.
-Sei ancora davanti allo specchio?- Disse, tra una risata e l'altra.
-Scherza tu, scherza. Non mi ero mai vista così.- Dissi, mantenendomi il vestito per non inciampare.
-C'è sempre una prima volta, no?- Domandò sorridente.
-Si, hai ragione- risposi, distogliendo lo sguardo dalla mia immagine riflessa.
-Bene, adesso tocca a me- Disse andando in bagno.
Io intanto iniziai ad esplorare il cellulare, cercando di capirne il funzionamento. Poco dopo, uscì dal bagno con un asciugamano che la copriva.
-Hai bisogno di una mano?- Le chiesi non abbandonando, con lo sguardo, lo schermo del cellulare.
-No, non preoccuparti- rispose.
Ero così concentrata, che non mi accorsi del tempo che era trascorso. Sam mi tolse il telefono di mano e mi guardò divertita.
-Ti sto chiamando da un sacco. Vogliamo andare?- Disse ridendo.
-Oh, si- dissi osservandola dalla testa ai piedi.
Indossava un vestito bianco con una scollatura a cuore, impreziosita da alcune decorazioni, con un corpino aderente e gonna svasata, che arrivava a metà coscia. Al piede portava delle decolté, altissime, nere abbinate alla pochette e agli accessori. I lunghi capelli, erano raccolti in una morbida treccia, a spina di pesce laterale, con ciuffi di capelli che le ricadevano liberi sul viso.
-Sei bellissima!- Le dissi, guardandola incantata.
-Grazie, tu non sei da meno.- Rispose arrossendo,- Su, adesso andiamo che siamo già in ritardo!- continuò, avviandosi fuori al corridoio.
Velocemente la seguii, mantenendo il vestito e facendo attenzione a non cadere con quelle cose infernali ai piedi. Arrivate in macchina, sfrecciammo alla velocità della luce per il giardino di casa Vargas per poi uscire dal cancello. Dopo un quarto d'ora, eravamo fuori casa di James.
Scendemmo dalla macchina e si udiva la musica rimbombare nell'aria. Entrai con Sam in un portone in legno, al quale si arrivava seguendo un viottolo in marmo. Sam bussò e ad aprirci, c'era un James tutto sorridente che l'abbracciò, mostrando una fila di denti perfetti e bianchissimi, in netto contrasto con il colore scuro della sua pelle.
-Ciao bellezza.- Disse.
-Auguri, tipaccio!- Rispose Sam, sciogliendo l'abbraccio.
-Grazie, sei uno schianto!- continuò, squadrandola dalla testa ai piedi. Poi la sua attenzione si spostò alle sue spalle, su di me.
-Ciao, Violetta.- Salutò tutto sorridente. -Mi fa piacere che sia venuta anche tu. E anche tu, sei wow!- Continuò, guardandomi rapito.
-Grazie-, risposi arrossendo, - tanti auguri.- Continuai.
-Grazie! - esclamò lui, continuando a fissarmi.
-James! Ci vuoi tenere tutta la sera sulla porta?- Sbottò Sam, cominciando a ridere.
-Oh, scusate! Prego entrate. Gli altri sono tutti giù in piscina.- Riprese, scostandosi dall'entrata per permetterci di entrare.
Una volta dentro, Sam mi prese sotto braccio e mi portò in cima a delle scale di legno che, evidentemente, portavano in piscina.
-Ma non abbiamo il costume.- Le dissi sottovoce.
-Oh, tesoro. Non avrai bisogno del costume, è una festa a bordo piscina. Niente di più.- Mi rincuorò, parlando sottovoce.
James, ci raggiunse.
-Siete proprio lente.- Cominciò, prendendoci in giro.
-Prova a scende tu le scale con queste cose al piede.- Rispose Sam, indicando i suoi trampoli.
-No, grazie. Queste trappole, le lascio a voi donne.- Rispose ghignando, per poi precederci giù.
-Che scemo!- Disse Sam ridendo, continuando a scendere gradino dopo gradino.
Prima di scendere l'ultimo, mi fermai ad osservare il posto. La piscina era illuminata tutt'intorno, dalla fioca luce di alcune candele che emanavano un dolce profumo. Al centro di essa, sull'acqua, era stato montato un palco dove suonava una band. Ai lati, erano stati costruiti dei tendoni bianchi, sotto ai quali veniva servito da bere e da mangiare da alcuni camerieri. Il posto era pieno di gente che rideva e sorseggiava bicchieri di champagne, mentre altri ballavano come forsennati. Tra tutti subito individuai Leon, stava ridendo spensieratamente con Stefan.
Anche lui faceva espressioni del genere, non era scontroso con tutti.
Probabilmente sentendosi osservato, si voltò verso di me ed il suo bellissimo sorriso si trasformò. Rimase a guardarmi con una faccia stupita, nei suoi occhi non c'era traccia di quell'astio al quale ero abituata. Abbassai lo sguardo e scesi l'ultimo gradino di quell'immensa scala, raggiungendo Sam che era impegnata a parlare con i ragazzi che sedevano con noi a mensa.
-Sera ragazzi.- Li salutai, accennando un sorriso.
-Wow, Violetta sei proprio tu?- Disse Daniel, il ragazzo dagli occhi di ghiaccio.
-Si che sono io, chi credevi che fossi? Paperina?- Dissi alzando gli occhi al cielo.
-Ehm, scusami è che sei diversa.- Rispose lui, grattandosi la testa imbarazzato.
-Si si.- Risposi ignorandolo e facendo finta di ascoltare la musica.
-Bene ragazzi. Io vado a prendere qualcosa da bere, Vilu vieni?- Chiese Sam.
-Si, andiamo.- Risposi avviandomi avanti, senza salutare.
-Ragazzi,ci si vede in giro.- Sentii dire a Sam, mentre mi raggiungeva. -Si può spere che ti é preso?- domandò una volta lontana dagli altri.
-Niente.- Risposi atona, continuando a camminare.
-Fermati, fermati.- Continuò lei, ponendosi dinnanzi a me.
-Davvero, non é niente. É che non sono abituata a questo tipo di feste, anzi a questo tipo di ambiente.- Rivelai nervosa, sfregandomi il braccio sinistro con la mano.
-Si, ma non prendertela con gli altri.
E poi, non preoccuparti. Qui ci sono io- Rispose, prendendomi per il braccio e trascinandomi fino al mini bar.
-Due bicchieri di champagne.- Chiese cortese al cameriere che, subito glieli porse con un sorriso. Lei li prese e me ne diede uno.
-Tieni e bevi.- Disse, portandosi il suo alle labbra.
-Ma si, dai! - Risposi, accettando il bicchiere per poi portarmelo alle labbra.
-Adesso, andiamo a ballare!- Disse subito dopo aver svuotato il bicchiere ed averlo poggiato sul bancone.
-Non ci penso proprio. Non voglio rendermi ridicola.- Dissi, bevendo un altro sorso di champagne.
-E dai Violetta! Divertiamoci, non essere noiosa!- Continuò, prendendomi per il braccio.
-Io? Noiosa? Mai! Andiamo a ballare!- Esclamai stizzita, dopo aver poggiato il bicchiere vuoto sul bancone.
Ridendo come delle matte, ci recammo in pista e iniziammo a muoverci sulle note della canzone, attirando gli sguardi di tutti. Molti ragazzi ci si avvicinarono, ma noi li scansammo continuando a divertirci come non mai. Sam aveva ragione, c'era lei e, grazie a questo, mi stavo divertendo. Per la prima volta in vita mia, stavo capendo cosa significava essere giovani e spensierate.
Feci una giravolta e persi l'equilibrio a causa di quelle dannatissime scarpe, mi aggrappai con forza alla giacca di qualcuno che mi trattenne per i fianchi.
Alzai lo sguardo e mi ritrovai a specchiarmi in un paio d'occhi, del verde più bello che avessi mai visto. Mi era così familiare ma allo stesso tempo estraneo. Era Leon.
Mi stava guardando diversamente dal solito, non c'era il solito astio nei suoi occhi ma qualcos'altro.
-Stavi per cadere.- Sussurrò senza lasciare la presa dai miei fianchi. I nostri visi erano talmente vicini che il suo respiro, s'infranse sulle mie labbra. Era così buono, sapeva di menta.
-Si, sono inciampata.- Sussurrai anch'io, non muovendomi di un millimetro.
-Dovresti stare più attenta.- Continuò lui, permettendomi di sentire nuovamente il dolce tepore del suo respiro sulle mie labbra.
Il mio stomaco si stava accartocciando, come un foglio scarabocchiato che non serve più. Ma che diamine, perché i battiti del mio cuore stavano aumentando gradualmente?
Spostò il suo sguardo sulle mie labbra, rosse per il rossetto di Sam.
-Leon!- Urlò una vocetta stridula.
Immediatamente, mi allontanai da lui e voltandomi vidi la proprietaria di quella voce venire verso di noi. Ashley.
Indossava un vestito nero, con uno scollo profondo che le arrivava appena sopra l'ombelico, retto da delle sottili spalline scendeva morbido fino alle caviglie con uno spacco alto sul davanti. I capelli biondi, liscissimi, erano lasciati liberi sulle spalle.
-Cosa stai facendo?- Gli chiese, guardandolo con rancore.
-Niente. Imbranata com'é stava per cadere.- Rispose lui, guardandomi con nonchalance.
-E tu cosa avevi intenzione di fare? Sei caduta di proposito vero?- Disse, rivolgendomisi con astio.
-No che non l'ho fatto apposta. Stavo ballando e sono inciampata. Ma io non ti devo nessuna spiegazione, Barbie da strapazzo.- Dissi voltandomi di spalle e avvicinandomi a Sam, che era rimasta in disparte a guardare.
-Piccolina, solo perché ti sei messa un bel vestito non significa niente. Rimani sempre una pezzente.- Sputò quella vipera bionda.
-Cosa hai detto? Ma chi diavolo credi di essere? Brutta stronza! - Dissi voltandomi verso di lei e andandole in contro con un pugno alzato in aria.
-Vilu, fermati.- Mi bloccò Sam, per un braccio.
Voltai il viso verso di lei, cercando di divincolarmi.
-Non ne vale la pena.- Continuò, senza mollarmi.
-Oh, è arrivata anche Samantha! L'avvocato delle cause perse. A proposito, come se la passa la tua mammina con il suo nuovo amante? È in Italia vero? Povera Sammi abbandonata dalla mammina per un giovincello!- Sbraitò, sputando tutto il suo veleno.
A quelle parole, Sam lasciò il mio braccio ed andò di fronte alla Barbie, prese e le diede uno schiaffo che le lasciò stampate cinque dita in faccia.
Rimasi immobile a guardare la scena. Ashley non se lo fece ripetere due volte e prese la treccia di Sam tra le mani, cominciando a tirarla. La mia amica fece lo stesso con i capelli dell'oca, ruzzolarono a terra. Poco dopo intervenni in aiuto di Samanta, infilzando le unghie nella pelle delle mani di Ashley, per farle mollare la presa dai capelli di della bruna. Con una mano, mollò i capelli della mia amica, mentre con l'altra mi graffiò una guancia. Così, mentre Samantha continuava a tirarle i capelli sovrastandola, le diedi un pugno in faccia, facendole sanguinare il labbro inferiore. Improvvisamente, mi sentii sollevare da terra, cercai in qualche modo di liberarmi da quelle braccia forti che mi tenevano stretta, ma non ci riuscii.
-Lasciami! Gliela faccio vedere io a quella!- Urlai, cercando di svincolare la presa.
-Violetta, calmati!- Disse una voce, che subito riconobbi come quella di Daniel.
-Daniel, lasciami!- Dissi continuando a muovermi.
-No.- Rispose, stringendo la presa e portandomi in una delle stanze della casa.
Una volta dentro, mi lasciò scendere.
-Ti sei calmata?- Chiese.
-No. Devo riempirla di pugni!- urlai, cercando di uscire dalla stanza.
Ma lui me lo impedì, parandosi davanti alla porta.
-Prima ti calmi. Poi puoi fare tutto quello che vuoi. - Disse, incrociando le braccia e guardandomi serio.
-Ok.- Sospirai, sedendomi su una sedia per poi togliermi le scarpe.
Mi accorsi che tutt'intorno era silenziosissimo, la musica era stata interrotta. Poi realizzai.
-Diamine! Abbiamo rovinato la festa a James.- Dissi, prendendomi la testa tra le mani.
-Non preoccuparti, tra un po' ripartirà tutto. Sicuramente.- Mi consolò avvicinandosi.
-Grazie, Daniel. E scusa per prima, ma ero nervosa.- Gli dissi dispiaciuta.
-Non preoccuparti, l'avevo intuito. Fammi vedere cosa ti ha fatto.- Disse prendendomi il mento tra le dita.
-Non è niente.- Risposi guardando i suoi occhi.
-È un graffio. Aspetta qui.- Continuò alzandosi ed entrando in una porta, diversa da quella dalla cui eravamo entrati.
Lo vidi tornare con una cassetta per il pronto soccorso. L'aprì e imbevette un batuffolo di ovatta con dell'acqua ossigenata, per medicare il graffio sulla mia guancia.
Rimanemmo in silenzio per alcuni minuti. Imbarazzata per quella vicinanza, guardai tutto il tempo a terra. Finché non allontanò il batuffolo dalla mia guancia. Alzai lo sguardo e lo vidi andare con la cassetta verso quella porta, per poi tornare.
-Grazie.- Dissi, alzandomi dalla sedia.
- Di niente. Su, torniamo di là.- Riprese lui, poggiando una mano dietro la mia schiena.
-Si.- Annuii.
Infilai le scarpe e ci dirigemmo in piscina, quando il silenzio venne interrotto dalla voce di James al microfono.
- Raagazzi, non è successo nulla! La festa continua, più frizzante di prima!-
Io e Daniel scoppiammo a ridere, quel James, era un fenomeno.

Ero a cavalcioni su quella strega di Ashley e le stavo tirando i capelli, Violetta scomparve dalla mia visuale, quando venni sollevata da qualcuno che mi caricò in spalla. Neanche fossi un sacco di patate! Cercai di divincolarmi.
- Lasciami!- Urlai, sferrando pugni sulla schiena di quel tizio.
-Sta ferma Sam!- Mi rimproverò lui.
Quella voce.. Stefan!
-Stefan! Lasciami subito.- Continuai imperterrita.
Lo sentii sospirare mentre si avviava in casa. Con me ancora in spalla, entrò in una stanza, una camera da letto a quanto sembrava. Chiuse la porta e finalmente mi fece scendere.
Cercai di raggiungere l'uscita, ma lui mi si parò davanti beccandosi un'occhiataccia.
-Fammi passare!- Dissi nervosa, incrociando le braccia.
-Per farti commettere un omicidio? Non penso proprio.- Disse con un sorrisetto di scherno.
Gli diedi le spalle e ripensai alle parole di quella strega. Aveva cacciato fuori quella storia, non poteva passarla liscia. Mi voltai nuovamente verso di lui e avanzai di qualche passo.
-Ti prego, lasciami passare.- Dissi, con gli occhi velati dalle lacrime.
-No Sam. Non ti lascerò passare.- Rispose lui, sospirando e tornando a guardarmi negli occhi.
-Come puoi farmi questo? Quella stronza si è permessa di ricacciare fuori quella storia! Tu sai meglio di chiunque altro quanto ci sia stata male. - Urlai, con le lacrime che mi rigavano il volto.
-Si, lo so bene. Ed è proprio per evitare che continui a farti del male, che rimarrai qui.- Rispose allungando una mano verso il mio viso ma, ritirandola poco prima di sfiorarlo.
-Smettila di preoccuparti per me, non ne hai motivo!- Mi sfogai, chiudendo le mani in due pugni.
-Mi spiace, ma non posso farne a meno. Anche se ti sei rivelata una persona diversa da quella che credevo. Non pensavo che mi sarei sbagliato così tanto con te. - Disse sprezzante, distogliendo lo sguardo dal mio.
Le sue parole mi fecero male, come se una miriade di schegge di vetro mi avessero trapassato il cuore.
Abbassai lo sguardo sul pavimento incapace di continuare a parlare.
-Quindi, dopotutto è questa l'opinione che hai di me. Strano, eppure dicesti di amarmi.- Dissi, accennando un sorriso sarcastico senza alzare gli occhi dal pavimento.
Non ottenni risposta, così continuai, - Sai qual é la cosa triste? Quello stesso giorno, stavo venendo a dirti che ti ricambiavo.- Sorrisi amaramente, continuando a guardare per terra.
-Cosa stai dicendo?- Lo sentii dire, in un sussurro appena udibile, con tono sorpreso.
- Ma sono stata una stupida. A quanto pare i tuoi sentimenti nei miei confronti e, l'amicizia che ci legava, erano cose di poca importanza.- Ripresi alzando lo sguardo e puntandolo nei suoi occhi.
Lui rimase a guardarmi in silenzio, aprì quella sua bellissima bocca come per dire qualcosa, ma non ne uscì alcun suono.
-Come sei stato in questi ultimi due anni? Io male. Tu non c'eri, Leon non c'era, mia madre non c'era. Ero sola Stef, mi avete abbandonata.- Ripresi, allentando la stretta dei pugni.
- Non sei l'unica ad essere stata male. Anche se il mio cuore è ferito, le dita delle mie mani tremano ogni volta che mi sei accanto. Non posso smettere di pensare a te. Non sai quanto sia straziante non riuscire a perdonarti. - Rispose alzando il tono di voce, continuando a guardarmi con sofferenza.
Feci un sorrisino sarcastico, scuotendo la testa incredula.
- Sai che ti dico? Sono io che non posso perdonare te. Hai solo chiuso gli occhi senza guardare in faccia la realtá. E quando ti accorgerai dell'errore che hai fatto, sarà tardi.- Constatai delusa e amareggiata.
Lui rimase in silenzio, che venne rotto da una voce al microfono.
- Raagazzi, non è successo nulla! La festa continua, più frizzante di prima!-
La voce di James.
Sospirai e mi avviai verso l'uscita, questa volta mi fece passare, aprii la porta e mi fermai sull'uscio.
- Quando ti ho chiesto come sei stato, volevo dire che mi sei mancato più di qualsiasi altra cosa. E nonostante tutto, continui a mancarmi. Ciao Stef.- Dissi senza voltarmi, lasciandomelo alle spalle e tornando così alla festa, con un'ultima lacrima che mi rigava la guancia destra.

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