Ora di allenamento. Il coach Martines, un uomo alto ma con qualche chiletto a causa dell'etá, ci stava massacrando nel vero senso della parola.
-Ragazzi, non battete la fiacca! Dobbiamo vincere anche quest'anno!- urlò per poi soffiare nel suo fischietto.
Non ci aveva concesso neanche un secondo di pausa, esercizi su esercizi senza sosta.
Alla fine dell'allenamento, grondanti di sudore e completamente esausti, andammo nello spogliatoio per fare una lunga doccia.
-Non mi sento più gambe e braccia.- Si lamentò James, uscendo dalla doccia.
-Mi sa che alla fine dell'anno non ci arriveremo. Ci massacrerà prima!- Esclamò Brian, ancora stravaccato sulla panchina dello spogliatoio.
-Dai ragazzi, non lamentatevi. Se continueremo così vinceremo anche quest'anno! - Intervenne Stefan tutto eccitato, dopo essersi infilato una maglietta pulita.
-Perché avevi qualche dubbio?- Dissi ovvio, per poi chinarmi ad allacciare le scarpe.
-Assolutamente no!- Rispose il mio amico.
Esausto dall'allenamento, mi feci riaccompagnare subito a casa. Non vedevo l'ora di buttarmi sul letto e riposare un po'. Salutai Stefan ed entrai in casa. Come al solito non c'era nessuno, erano sicuramente tutti al lavoro e quell'altra era sicuramente con la sua nuova amichetta. Storsi la faccia e salii per andare nella mia stanza. Aperta la porta, ritrovai la pezzente, a gambe incrociate, sul mio letto concentrata a leggere qualcosa su un libro. A quanto pare mi ero sbagliato, qualcuno c'era.
-La tua stanza é quella a fianco. Vattene che voglio dormire.- Le dissi infastidito, togliendomi le scarpe per poi posarle nella cabina armadio alla mia destra. Mi voltai verso il letto e lei era ancora lì, ma questa volta mi stava guardando.
-Allora? Non hai capito? Aria!- Le dissi bruscamente, facendole segno di andarsene con le mani.
-Spiegami matematica.- Disse, ignorando le mie parole, non accennando ad un minimo movimento.
-No, sono stanco. Se ne parla la prossima volta. Adesso vattene.- Sospirai, chiudendo un attimo gli occhi per poi tornare a guardarla.
-No. Prima m'insegni, prima smetterò di prendere lezioni da te.- Continuò imperterrita.
-Senti, mi hai stancato. Ti ho detto che adesso sono stanco! Quindi va via!- Sbottai, avvicinandomici per poi tirarla per un braccio.
-Lasciami. Mi fai male.- Rispose, facendo forza contraria.
Il suo viso si contorse in una smorfia di dolore ma il suo sguardo, fiero, rimaneva fisso nel mio. Le lasciai andare il braccio, portando le mani a sfregarmi il viso per il nervoso. Tornai a guardarla, con una mano si stava massaggiando il braccio dolorante.
-Ok. Prendi quella sedia e portala vicino la scrivania.- Mi arresi, indicandole una sedia dietro la porta d'entrata.
Lei, si alzò dal letto e portò la sedia alla scrivania, tornò a prendere i libri sul letto e si sedette. Alzai gli occhi al cielo e mi andai a sedere al suo fianco.
-Bene, cos'é che non hai capito?- Le chiesi, iniziando a sfogliare il libro.
-Bhè, proprio niente.- La sentii dire.
Alzai lo sguardo dal libro e la guardai scettico.
-Almeno le addizioni e le sottrazioni le sai fare?- Ironizzai.
-Ti dovevano chiamare Mr. Simpatia, certo che le so fare!- Rispose a tono, incrociando le braccia.
- Allora, vuoi che ti mostri cosa abbiamo fatto ad inizio anno? E se non sai qualcosa te la spiego?- Le chiesi, tornando serio.
- Si.- Rispose lei, tornando a guardarmi.
-Bene!- Aprii la prima pagina del libro ed iniziai a spiegarle un argomento per poi darle degli esercizi da fare. Mi distrassi un attimo con il cellulare.Messaggio di Ashley:
"Dear, stasera usciamo?"Alzai gli occhi al cielo e posai il telefono. Non mi andava proprio di starla a sentire stasera. Mi voltai verso la pezzente e la guardai. Era tutta concentrata a capire come svolgere l'esercizio, massaggiando con le sue labbra carnose il tappo della penna che, nel frattempo, faceva ruotare tra l'indice ed il pollice. Certo che era davvero bella. Rimasi fermo a guardarla, per non so quanto tempo. Improvvisamente si voltò verso di me, sorprendendomi a fissarla.
-Che c'é?- Domandò, aggrottando le sopracciglia dubbiosa.
-Nulla.- Risposi, facendo finta di niente.
Sollevò le spalle in segno di rassegnazione.
Il telefono iniziò a squillare, lo presi e riconobbi subito il numero. Era Joe.
- Scusami un attimo.- Dissi, alzandomi dalla sedia.
Premetti sul verde e risposi.
-Dimmi.-
-Leon, stasera ci sei? C'è un tizio che vuole sfidarti. É uno forte, ci saranno un mucchio di scommettitori e questo significherà molti soldi.- Parlò Joe, dall'altro capo del telefono.
Vidi Violetta girarsi verso di me e guardarmi, curiosa di capire con chi stessi parlando. Le diedi le spalle.
-Ok. Ci vediamo stasera.- Risposi, per poi chiudere la chiamata e tornare al suo fianco.
-Allora, fammi vedere.- Le dissi, prendendo il quaderno e controllando gli esercizi svolti.
-Chi era al telefono?- Mi chiese d'un tratto.
- Brava, sono fatti bene. Per stasera basta, riprenderemo un'altra volta.- Le dissi chiudendo il quaderno e il libro, ignorando così la sua domanda.
-Ok. Grazie.- Disse, prendendo i libri e recandosi alla porta d'uscita.
-Leon?- continuò voltandosi.
-Che c'é?- Risposi annoiato, buttandomi sul letto.
-Non metterti nei guai.- Si raccomandò.
-Cosa ti fa pensare che lo farò?- Le chiesi, mettendomi seduto e alzando un sopracciglio.
-Appena ti é arrivata quella chiamata ti sei irrigidito, e i tuoi occhi sono cambiati. Quando ti preoccupa qualcosa o sei agitato, l'iride ti si restringe impercettibilmente. Non so di cosa si tratta, ma non metterti nei guai.- Si voltò ed uscì dalla stanza.
Rimasi fisso a guardare la porta che si era chiusa alle spalle. Come diamine aveva fatto ad accorgersene? Questa era appena arrivata e già riusciva a capirmi così bene? Scossi la testa per allontanare questi pensieri dalla mia mente e presi il telefono. Composi il numero di Stefan che rispose dopo due squilli.
-Ehi Brò, dimmi tutto.-
-Stef, stasera da Joe.- Lo informai.
-Leon, quante volte ti ho detto che devi smetterla con questa storia?- Mi rimproverò.
-E quante volte io ti ho risposto di non rompere? Ti prego non farmi la paternale!- Sbottai infastidito.
-A che ora passo?- Sospirò.
-Per le dieci.- Risposi.
-Ok, a dopo.-
Staccai la telefonata e mi resi conto che erano già le nove. Avevo una fame da lupi, quindi scesi a cenare.
Trovai tutti già seduti al loro posto, scostai la sedia dal tavolo e mi sedetti.
-Papà, dopo cena esco.- Lo avvertii, tagliando un pezzo di carne e portandomi la forchetta alla bocca.
-Ah. E con chi?- Chiese accigliandosi, sorseggiando del vino rosso dal suo bicchiere di cristallo.
-Stefan.- Risposi sincero, continuando a magiare.
-E dove andate?- Continuò, posando il bicchiere sul tavolo.
-In giro, come sempre.- Gli risposi con nonchalance, versandomi dell'acqua nel bicchiere, per poi portarlo alle labbra.
-Si, come sempre.- Continuò lui sarcastico.
Feci finta di niente e continuai a mangiare in silenzio. Per un breve istante posai lo sguardo sulla pezzente e la sorpresi a fissarmi con apprensione. Aggrottai le sopracciglia e scuotendo la testa in segno di incomprensione, tornai a guardare nel piatto.
La cena proseguì in silenzio. Finito di mangiare mi alzai e tornai nella mia stanza. Presi uno zainetto e ci infilai dentro guantoni, scarpe e pantaloncino, cose che avevo accuratamente nascosto sotto delle tegole difettose del pavimento.
Uscì dalla stanza e mi ritrovai faccia a faccia con la pezzente.
-Cosa vuoi?- le domandai, ruotando gli occhi.
-Dove vai con quello zaino?- Mi chiese, spostando lo sguardo sullo zaino che avevo in spalla.
-Non sono cavoli tuoi. Adesso, se non ti dispiace andrei.- Risposi duro, sorpassandola.
Senza voltarmi indietro, scesi velocemente le scale di marmo che portavano all'entrata ed uscii di casa.
Stefan era già lì che mi aspettava.
-Puntuale come sempre.- Lo salutai, salendo in macchina.
-Eh si caro. Questo è uno dei miei tanti pregi.- Disse gonfiando il petto, con ironia.
-Certo, come no. Muoviti e metti in moto.- Gli risposi cominciando a ridere.
Neanche uscii di casa, che iniziò a squillarmi il cellulare. Era Ashley.
Portai lo smartphone all'orecchio e le risposi.
-Ciao amore.- La salutai.
Intanto vidi Stefan far finta di strozzarsi. Non la poteva né vedere né sentir nominare.
-Amore, ti ho mandato un messaggio ma non hai risposto.- Rispose lei, civettuola.
-Si, scusami. Stavo dormendo, oggi il coach ci ha uccisi.- Mentii.
-Ho capito. Bhé, che ne dici di uscire un po'?- Mi chiese.
-Ash, scusa ma mi ero già organizzato con Stefan. Facciamo la prossima volta. Ciao.-
Chiusi la telefonata senza darle il tempo di rispondere e Stefan rise sotto i baffi.
-Che hai tanto da ridere?- Gli chiesi, voltandomi verso di lui.
-È che non ti capisco. Non la sopporti e continui a stare con lei.- Rivelò, continuando a guardare la strada.
-Lo sai, mi fa comodo stare con lei. Capitano della squadra di basket e capitano delle cheerleaders, la coppia perfetta. Tutti c'invidiano e poi quando ho bisogno è li per esaudire ogni mio desiderio.- Risposi ammiccando.
-Sei proprio uno stronzo!- Scoppiò a ridere lui.
-E che ci vuoi fare, la classe non è acqua!- Risposi con un sorrisetto.
Dopo poco, parcheggiamo presso il bar di Joe.
Scendemmo dalla macchina ed entrammo dalla porta principale. Appena entrati si sentì il solito tanfo di fumo mischiato ad alcool, le risate e il chiacchiericcio dei clienti del bar.
Con passo deciso, ci avvicinammo al bancone dietro al quale c'era Joe che riempiva un boccale di birra.
-Leon, Stefan! Puntuali come sempre.- Ci salutò ghignando, mostrando i suoi denti ingialliti dal troppo fumo.
Stef lo salutò con un cenno del capo.
-Ciao Joe. Allora? Con chi dovrò combattere questa volta?- Gli chiesi, senza perder tempo.
-Sempre impaziente di iniziare. Mi piace questo tuo lato, ragazzo!- Esclamò, per poi cominciare a ridere sguaiatamente trattenendosi il pancione.
Lo guardai con disgusto. Quell'uomo era proprio viscido, l'unica cosa positiva erano i suoi soldi.
-Allora, Joe. Chi è questo tipo?- Chiese Stefan.
-Si chiama Frank. A quanto sembra a qualche anno più di te e sembra intenzionato a batterti.- Rispose con il suo orrido sorrisino sulle labbra.
-Bene. La cosa si fa interessante.- Gli risposi, sorridendogli di rimando.
Mi fece strada sul retro ed entrammo attraverso il solito portone, scorrevole, nascosto. Arrivammo all'entrata degli spogliatoi, dove intravidi un ragazzo abbastanza robusto e
rispondeva al nome di Frank, lui era il mio sfidante. Si voltò e ci ritrovammo l'uno difronte all'altro.
Era poco più basso di me, capelli ricci neri e occhi di colore castano scuro. Subito mi sorrise furbescamente e mi pose la mano, io gliela strinsi.
-Hai davanti colui che ti batterà.- Disse sicuro di se.
-Certo. Questo è da vedere.- Risposi sorridendogli sarcastico, per poi sciogliere la stretta dalla sua mano.
Mi allontanai e con Stefan entrai nel mio spogliatoio, mi feci aiutare a prepararmi.
-Certo che quello ha una bella faccia tosta.- Sputai infastidito.
-Leon, non sottovalutarlo. Quel tipo ha qualcosa nello sguardo che non mi piace per niente.- Mi avvertì lui, mentre mi allacciava il guantone della mano destra.
-Sta tranquillo.- Risposi avviandomi in arena.
Si udivano gli schiamazzi del pubblico che, impazienti, chiamavano l'inizio del combattimento. Uscii in arena in contemporanea con il mio sfidante e si sollevarono urla di giubilo.
Arrivai di fronte a quel Frank iniziando a scaldarmi, mentre lui continuava a guardarmi con uno strano sorrisetto sul volto.
Stef aveva ragione, questo tipo non me la contava giusta.
Suonò il gong e il combattimento ebbe inizio.
Lui iniziò ad attaccare, sferrando due pugni, un destro e un sinistro che io abilmente schivai. Mi feci di lato e lo colpii dietro la nuca. Lui subito si riprese ed attaccò sferrò due diversi colpi, che nuovamente riuscii a scansare, ma nel mentre, mi diede un calcio fortissimo al costato. Il colpo era stato così violento che mi sentivo mancare l'aria. Caddi sulle ginocchia mantenendomi il costato con un braccio, cercando di far rifluire aria nei miei polmoni. Ma subito venni riattaccato. Mi prese il braccio che avevo poggiato a terra e lo rigirò dietro la mia schiena. Caddi con la faccia sul tappeto e lui mi si mise addosso con tutto il suo peso, senza lasciare il mio braccio. Chiusi l'altra mano a pugno e strinsi i denti, cercando di non pensare al dolore, ma di concentrarmi sul da farsi.
-E tu saresti il grande Leon? Sei un po' deludente.- Sputò quel stronzo, sovrastandomi. A quelle parole, m'innervosii.. Con il braccio libero, cercai di prenderlo per il collo. Ma non riuscivo a vedere, quindi molti tentativi andarono a vuoto. Non mi sentivo quasi più il braccio, quando al sesto tentativo, riuscii ad afferrarlo per il collo e a rovesciare la situazione.
-Dicevi?- Ansimai per la fatica.
Cominciai a riempirlo di pugni, ma con uno scatto repentino delle gambe, riuscì a liberarsi e ad allontanarmi.
-Bene, facciamo sul serio adesso!- Disse con cattiveria, sputando per terra.
-Fatti sotto.- Lo incitai, portando i pugni davanti al viso.
Non se lo fece ripetere due volte che attaccò nuovamente, sferrando calci che riuscì a deviare con fatica. Si allontanò e ripartì all'attaccò, rifilandomi un altro calcio al costato. Il dolore che sentii era indescrivibile, sentii le costole incrinarsi. Ululai di dolore cadendo di spalle sul tappeto. Si avventò su di me mettendosi a cavalcioni e, con un sorriso sadico, cominciò a colpirmi il costato. Più colpi dava e più le mie urla aumentavano. Dal costato passo al viso. Mi diede un pugno sul naso, un altro sull'occhio, un altro ancora sul labbro. Reagii velocemente, sollevai le gambe e vi intrappolai dentro la testa, facendolo cadere all'indietro. Provai velocemente ad alzarmi, cercando di non pensare al forte dolore al costato. Velocemente si alzò anche lui. Mi attaccò nuovamente, ma i suoi movimenti erano diventati più lenti. Così ne approfittai. Con un calcio al costato lo feci cadere a terra, lo sovrastai e iniziai a rifilargli pugni in viso senza un attimo di tregua. Gli chiusi il collo in una presa ferrea e lo feci rialzare, dopodiché gli assestai una ginocchiata in viso, che lo fece cadere in terra privo di sensi.
Avevo vinto. Ma ero ridotto davvero male, sentivo dolori dappertutto. Per uscire dall'arena mi aggrappai a Stefan. Quel ragazzo mi aveva dato del filo da torcere, dovevo ammetterlo, mi avrebbe anche potuto battere. Tornammo nello spogliatoio, dove vennero alcuni infermieri a medicarmi. Quello mi aveva massacrato la faccia, il naso mi sanguinava e non me n'ero neanche accorto.
-Leon, come ti senti.- Chiese Stefan con apprensione nella voce.
-Benissimo, non mi vedi?- Gli risposi, tentando di alzarmi. Venni bloccato da una forte fitta di dolore alle costole. E lui subito mi si avvicinò per aiutarmi a sedere.
-Signor Leon. Si fermi, probabilmente le si é incrinata qualche costola. Deve farsi subito una lastra per controllare e stare più sicuri.- Disse uno degli infermieri.
-No. Mi fasci e basta.- Dissi, non ammettendo repliche.
L'infermiere lanciò uno sguardo a Stefan che annuì, dopodiché iniziò a fasciarmi. Finito il loro compito, tutti uscirono e rimanemmo soli io e Stefan.
-Sei un incosciente! Ti avevo detto di smetterla con questo schifo! Non ti rendi conto di come sei ridotto? Non riesci neanche a stare in piedi!- Mi rimproverò, alzando il tono di voce e iniziando a camminare avanti e indietro freneticamente.
-Stefan, sono fatti miei. Lo sai meglio di me, ne ho bisogno.- Risposi muovendomi sulla panchina, provocandomi un'altra fitta di dolore al costato.
-Si, ma non puoi continuare così, finirai per ammazzarti! E poi domani andiamo in ospedale a vedere questo fatto delle costole.- Riprese lui, fermandosi a guardarmi negli occhi con un viso corroso dalla preoccupazione.
-Ho detto di no. Basta. Non ne voglio più parlare, vai a riscattare i soldi. Io ce la faccio da solo.- Sbottai, stanco della sua paternale.
Riuscii ad alzarmi stringendo i denti, ma lui non uscì e mi aiutò a rivestirmi e nonostante il mio orgoglio lo lasciai fare, ero consapevole di non poterci riuscire da solo.
Uscimmo dallo spogliatoio e arrivammo nel bar dove c'era Joe che parlava con alcuni uomini. Appena ci vide, si congedò da quelli e ci venne in contro.
-Bello spettacolo Leon. Sei un po' mal ridotto, il ragazzo ti ha dato del filo da torcere! - Constatò, iniziando a ridere sguaiatamente mentre si manteneva la pancia.
-Meno chiacchiere, voglio i soldi.- Dissi facendo una smorfia di disgusto, riuscendo a rimanere in piedi da solo.
-Siamo nervosetti eh?- Continuò lui.
Gli feci un'occhiataccia che non ammetteva repliche, così prese una busta gialla dalla tasca e me la porse.
-Eccoteli, sono seimila. Ti avevo detto che ci sarebbe stata molta gente, e i risultati si sono visti.- Ricominciò a ridere sguaiatamente.
Gli strappai la busta dalle mani e iniziai ad avviarmi verso l'uscita, senza salutare, stringendo i denti per non farmi vedere debole ai suoi occhi. Appena fuori al bar, mi appoggiai con la schiena al muro, il dolore era forte. Stefan venne verso di me e mi mise un braccio attorno al suo collo per aiutarmi.
-Sei un'idiota. Cosa ti costava non fare una delle tue scenate da grande star? Non devi sforzarti.- Mi rimproverò, conducendomi alla macchina.
Sollevai gli occhi al cielo e sospirai infastidito, senza rispondergli nulla.
Entrati in macchina, continuammo a rimanere in silenzio. Lui aveva gli occhi puntati sulla strada e un cipiglio sdegnoso.
Feci finta di nulla e mi voltai a guardare le macchine sfrecciare in strada.
Qualche tempo più tardi arrivammo a casa mia, mi accompagnò fino a dentro. Aprii la porta di casa ed entrammo, la luce del salone era ancora accesa. Cazzo, se era mio padre ero finito!
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FanficLei orfana...lui ricco sfondato Sarà odio o amore? Non vi deluderò❤️