1. Alba.

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Lo spiraglio dell'alba
respira con la tua bocca
in fondo alle vie vuote.
Luce grigia i tuoi occhi,
dolci gocce dell'alba
sulle colline scure.
Il tuo passo e il tuo fiato
come il vento dell'alba
sommergono le case.
La città abbrividisce,
odorano le pietre
sei la vita, il risveglio.
Stella sperduta
nella luce dell'alba,
cigolio della brezza,
tepore, respiro
è finita la notte.
Sei la luce e il mattino.
(Cesare Pavese)

All'alba ogni nuovo giorno inizia a prendere forma, le ombre buie della notte si allontanano e lasciano spazio a timidi raggi del sole con la promessa che qualcosa accadrà. 
Quella mattina il sole sembrava impaziente di sorgere mentre l'aria fredda scuoteva di continuo le poche foglie ancora rimaste sugli alberi, ottobre era ormai finito e le mattine iniziavano ad essere più pigre, più stanche mentre il cielo si faceva azzurro. Roma era ancora assorta nel silenzio, erano in pochi a circolare tra le strade ancora sgombre, mentre da lì a poco ci sarebbe stato un concerto di imprecazioni e di clacson, eppure qualcuno – che decisamente in quel momento sarebbe dovuto essere ancora a letto e non di certo in giro per la città con la sua moto – sembrava più sveglio che mai mentre percorreva una strada a lui fino a pochi mesi prima sconosciuta ma, in quel momento, fin troppo conosciuta.
I ricci ribelli del ragazzo fuoriuscivano dal casco scuro, le mani erano serrate sul manubrio e le sue labbra sottili e screpolate si aprirono in un mezzo sorriso quando vide davanti a sé la meta da lui desiderata, diminuì la velocità del mezzo fino a quando non si fermò nel giardino ben curato dalla signora Virginia e prese il cellulare che teneva nella tasca interna del suo giubbotto verde, per poi comporre quel numero che ormai conosceva a memoria e attese con poca pazienza una risposta.
- "Pronto?" La voce del suo interlocutore era bassa, le lettere poco scandite segno che era stato svegliato dalla suoneria del cellulare che, Manuel lo sapeva, dimenticava sempre di togliere la sera.
- "Sto giù, scendi." Rispose, sbrigativo, Manuel e si sistemò meglio sulla moto.
- "Manuel?"
- "No, so er papa, t'aspetto pe' confessate, faccio le visite a domicilio." Lo prese in giro Manuel. "Te movi? Non c'ho tempo da perdere." Lo incitò a sbrigarsi il ragazzo, senza neppure dargli spiegazioni sul perché fosse sotto casa sua all'alba. "Simò!" Esclamò dopo qualche secondo senza risposta, pensando che l'altro si fosse addormentato.
Sentì Simone sbadigliare dall'altro lato dell'apparecchio e poi sbuffare.
- "Dammi il tempo de prepararmi almeno."
- "Cinque minuti, non di più." Replicò il romano. "Anche de meno, su che tanto sei bello lo stesso." Concluse per poi mettere fine alla telefonata per permettere al sedicenne di prepararsi il più in fretta possibile.

- "Mi spieghi che ci fai sotto casa mia alle cinque e mezzo del mattino?!" Gli chiese, evidentemente irritato, Simone non appena uscì di casa con il suo casco tra le mani e l'immancabile zaino nero che gli sarebbe poi servito per la scuola e osservò con un sopracciglio inarcato il ragazzo davanti a lui appoggiato contro la sua moto.
- "Alla buon'ora Simò, t'avevo detto cinque minuti!"
- "Ne sono passati sette, Manuel."
- "Eh, pure troppo, ora sbrigati che c'avemo da fa'." Lo riprese Manuel e risalì in sella alla sua moto.
- "Io non mi muovo da qui fino a quando non mi dici che dobbiamo fare." Disse, con tono serio, Simone e incrociò le braccia al petto. "E perché non mi hai avvisato prima di quest'impegno?"
- "Me ne so' dimenticato, tu non te scordi mai niente?" Si difese il riccio. "E comunque devo anda' a compra' un pezzo pe' una moto, la devo consegna' entro domani mattina, me devo sbriga'."
- "E non potevamo andarci ad un orario un po' più normale?" Continuò con le sue domande il sedicenne e si avvicinò all'altro. "E poi che c'entro io?"
- "E fuori Roma ed è un pezzo molto richiesto, dobbiamo esse' i primi a stare lì quando apre lo sfascio." Gli spiegò il riccio, consapevole che deviare le domande dell'altro non avrebbe comportato altro che fargli perdere più tempo. "E che m'avresti lasciato solo a famme un viaggio simile a quest'ora? Famme compagnia, no?"
- "Manuel." Sospirò Simone. "Sei sicuro che sia solo per questo e non ci sia altro? Ti stai di nuovo cacciando nei guai?"
- "Co' Sbarra ho chiuso e lo sai." Rispose, con tono più dolce, Manuel e abbassò lo sguardo. "Ho fatto uno sbaglio, più de uno veramente, ma ora è passato e voglio esse' una persona migliore." Continuò. "Allora che fai? Vieni?" Concluse.
Simone alzò gli occhi al cielo e annuì.
- "Ormai m'ha svegliato, tanto vale che vengo co' te." Borbottò, fingendosi infastidito ma in realtà era felice di poter passare del tempo con Manuel, e si diresse verso la sua vespa bianca ma l'altro lo prese per un braccio.
- "Nono, vieni con me, quella cosa è troppo lenta e non arriveremo mai." Gli disse Manuel. "Sali."
- "E la scuola?" Chiese, improvvisamente, Simone stralunato.
- "T'accompagno io, nun resti a piedi, sta' tranquillo ma ora sbrigate, è tardi!"
Manuel e Simone erano davvero una strana accoppiata, nessuno avrebbe mai scommesso nemmeno un euro sul fatto che quei due, il giorno e la notte, sarebbero riusciti a trovare un punto in comune per costruire un rapporto civile e forse anche qualcosa di più. Tra i due ragazzi non era stato amore a prima vista, anzi avevano passato più tempo a picchiarsi che a parlare ma l'arrivo del padre di Simone a scuola aveva cambiato tutto, in qualche modo i due avevano capito di avere più cose in comune di quanto pensassero, che era bello passare del tempo insieme e parlare di tutto e di niente e con la complicità di un tatuaggio i due romani avevano iniziato a passare del tempo insieme. Non c'era voluto molto prima che Simone si rendesse conto di aver a che fare con un totale disastro, Manuel aveva una capacità unica nel ficcarsi nei guai ma aveva anche un sorriso delizioso che lo convinceva a mettersi nei guai con lui e a cercare di evitare il peggio, Simone tra i due doveva essere quello razionale ma dubitava di esserlo veramente. Se qualcuno gli avesse chiesto perché aveva accettato di rubare con lui una macchina e di immischiarsi negli affari di Sbarra Simone, probabilmente, avrebbe risposto con un pippone sul fatto che l'aveva fatto perché era stato lui a mettere nei guai Manuel spaccando quella macchina. Perché l'aveva fatto? Beh, c'era Chicca che piangeva, no?
Fatto sta che i due ragazzi avevano creato un legame davvero forte, passavano gran parte del loro tempo insieme e quando discutevano stavano male fino a quando non discutevano, quando Simone era partito qualche giorno per andare da sua madre, dopo che avevano discusso per l'ennesima volta per via degli incarichi di Sbarra, Manuel non era uscito dalla sua stanza e quando sua madre gli chiedeva il perché di tale comportamento si limitava a rispondere che Simone era uno stronzo e che avrebbe dovuto chiedergli scusa in ginocchio, alla fine Simone non l'aveva fatto ma era ugualmente tornati ad essere pappa e ciccia. Quando Sbarra era stato arrestato, grazie all'intervento di Dante, Simone e Manuel avevano passato un'intera notte in giro a festeggiare e bere, poi Simone era finito in ospedale a causa di un incidente, dopo aver scoperto della morte del suo gemello, e Manuel aveva passato interi giorni in quella sala d'attesa soltanto per vedere il suo amico un paio d'ore al giorno. Probabilmente visti da fuori qualcuno avrebbe avuto dei dubbi riguardo la natura del loro rapporto ma a nessuno dei due importava, a loro andava bene così. O meglio, a Manuel andava bene così.

Moments of the day || Simuel.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora