Se non avessi visto il sole
avrei potuto sopportare l'ombra,
ma la luce ha reso il mio deserto
ancora più selvaggio.
(Emily Dickinson)Il sole era alto nel cielo, tanto forte da essere fastidioso e costringeva diverse persone ad assottigliare gli occhi per continuare a guardare nei punti in cui i raggi erano riflessi, era ormai mezzogiorno e la città era nel pieno del caos quotidiano. Il liceo scientifico Leonardo da Vinci non era di certo da meno, i corridoi erano gremiti di studenti, tra chi si apprestava ad uscire un'ora prima – probabilmente per mancanza di qualche insegnante o, come l'avrebbe definito Manuel, semplicemente culo – e chi invece sconsolato e stanco si apprestava a seguire l'ultima ora di quel massacrante sabato d'autunno inoltrato, il sole però che filtrava dalle grandi finestre poste in tutta scuola rendeva un po' più sopportabili quegli ultimi sessanta minuti che li dividevano dalla libertà.
Nella 4B dello stesso liceo la situazione non era migliore, anzi probabilmente era anche peggiore, gli alunni avevano appena finito di fare un compito di matematica durato la bellezza di due ore e la classe sembrava più un campo di battaglia con pochi – pochissimi- superstiti e una quantità indefinita di vittime. Manuel, che sembrava avesse davvero combattuto una guerra, se ne stava con la testa sul suo banchetto – dove aveva scritto alcune formule che gli erano servite per il compito – e ogni tanto emetteva qualche sospiro sconfortante e gettava occhiatacce colme d'odio a chiunque osasse aprire bocca. Tranne a Simone però, lui poteva parlargli tutte le volte che voleva.
- "Sai, Manuel, sono certo di aver visto cadaveri messi meglio di te." Lo prese in giro Simone e si sedette al suo solito posto, accanto a Manuel, libero da quando il riccio aveva rotto con Chicca. "Prendi questo." Aggiunse e gli allungò il caffè che gli aveva preso al distributore.
Manuel mugolò qualcosa sottovoce, alzò la testa e prese il caffè gentilmente offerto dal compagno.
- "Ma come fai a sembra' fresco come 'na rosa dopo due ore di compito?" Chiese, evidentemente perplesso, Manuel e girò con il bastoncino in plastica la bevanda marrone. "È stata 'na tragedia! In confronto la guerra di Troia me sembra 'na passeggiata!" Fece con fare drammatico il riccio e si portò alle labbra il bicchiere bianco in plastica.
Il sedicenne osservò attentamente ogni gesto dell'altro e deglutì quando il riccio si leccò le labbra, dopo aver allontanato il bicchiere, per ripulirsi da qualche goccia di caffè.
- "Esagerato." Sbuffò, dopo qualche momento, il sedicenne e distolse lo sguardo per cercare di darsi un contegno. "Non era molto difficile." Disse dopo. "E ci ha avvisato due settimane fa, abbiamo avuto tutto il tempo per ripassare." Aggiunse e scrollò le spalle.
- "Pe' fa' una cosa simile a me nun basterebbe manco 'na vita d'avviso." Borbottò il più alto e accartocciò il bicchiere vuoto tra le sue mani.
- "Ma in questi giorni che abbiamo studiato insieme mi sembrava avessi capito quasi tutto." Commentò Simone e prese il suo zaino per riporre il quaderno di matematica che ancora giaceva sul suo banco. "Possibile che hai dimenticato tutto?"
- "Sarò scemo, che ce posso fa'?" Replicò Manuel, con tono apparentemente arrabbiato ma Simone lo conosceva ormai abbastanza da sapere che non ce l'avesse realmente con lui ed era frutto soltanto dello stress accumulato nelle ore precedenti.
- "Non sei scemo e lo sai." Lo riprese, gentilmente, il sedicenne e abbozzò un sorriso. "Vedrai che il compito non sarà andato male, ti stai fasciando la testa prima di rompertela." Provò a consolarlo.
Il diciassettenne arricciò il naso e sospirò, per poi alzarsi dalla sua scomoda seggiola e dirigersi verso il cestino della plastica.
- "Possiamo parlare di qualcosa che non ha niente a che vedere con i numeri?" Chiese, stanco, il ragazzo e gettò il bicchiere vuoto. "La testa mi sta scoppiando."
Prima ancora che Simone potesse rispondere e acconsentire, come sempre, alla sua richiesta fece il suo ingresso in classe l'altro Balestra della scuola per tenere l'ultima lezione del giorno.
- "Manuel!" Gridò l'uomo non appena vide il riccio, che, dal canto suo, sobbalzò spaventato.
- "Professo' n'altro grido così e me deve porta' all'ospedale." Disse Manuel, facendo ridere Simone e i pochi altri presenti in classe che erano già tornati dalla ricreazione, e si portò una mano sul petto che si alzava ed abbassava in modo irregolare.
Dante borbottò qualcosa che somigliava ad uno "scusa" e si avvicinò al ragazzo, che era tornato al suo posto, e a suo figlio.
- "Hai chiesto a tua madre?" Chiese, impaziente, Dante. "Verrà?"
Manuel alzò gli occhi al cielo e faticò a trattenere un sorriso divertito.
- "Nun se preoccupi, mi' madre verrà al vostro appuntamento." Rispose il ragazzo, rimarcando per bene l'ultima parola mentre Simone aggrottava la fronte.
Dante, seppur di poco, arrossì a quella parola e scosse la testa.
- "Ma quale appuntamento, Manuel, semplicemente mi fa piacere avervi a pranzo da noi." Mentì l'insegnante.
- "A pranzo da noi? Quando?" Gli chiese Simone che, evidentemente, non ne sapeva niente di quell'argomento.
- "Oggi." Risposero in coro Manuel e suo padre.
- "E perché io non ne sapevo niente?" Continuò a chiedere il sedicenne e passò lo sguardo da uno all'altro più volte. "Ti ricordi che ci vivo anche io in quella casa?"
- "Mi sarà passato di mente, scusa." Minimizzò Dante, come sempre, e scrollò le spalle. "Ma tanto a te fa piacere stare con Manuel, no?" Aggiunse e ghignò verso il figlio.
Simone sentì il calore salirgli alle guance a quelle parole e, per un momento, desiderò sparire dalla faccia delle terra ma per sua fortuna Manuel non aveva inteso quelle parole al suo stesso modo.
- "Magari me spieghi n'altro po' matematica." Si intromise Manuel. "Intanto che tu' padre e mi' madre se ne stanno per fatti loro." Aggiunse e lanciò un'occhiata molto loquace al suo professore.
- "Manuel ti ricordo che sono pur sempre il tuo professore e posso bocciarti quando mi pare." Lo minacciò Dante.
- "E io posso convincere mi' madre a non uscire più con lei." Replicò il riccio e fece un sorriso angelico.
- "Che stronzo che sei." Borbottò Dante, per poi girarsi verso il figlio. "Ma che ce trovi de bello in questo qua?" Chiese, mettendo ulteriormente in imbarazzo suo figlio che, ne era certo, non aveva mai odiato così tanto suo padre.
- "Basta guardarmi in faccia pe' capire che c'ho di bello." Rispose prontamente il diciassettenne.
- "Vabbè, senti mi devi fare un altro favore." Disse Dante, che doveva sbrigarsi ad iniziare la sua lezione ora che la classe era di nuovo piena. "Mi devi lasciare la tua moto così io posso andare a prendere tua madre."
- "Non la posso anda' a prende' io e poi veniamo? Ma poi, scusi, lei non c'ha la macchina?"
- "Stamattina sono venuto con Simone e no, tua madre la vado a prendere io." Rispose l'uomo. "Tu vai con Simone, che problema c'è? Vero, Simo?"
- "Ah, quindi vi ricordate ancora che io esisto?" Disse, sarcastico, il più piccolo.
- "Bene, non c'è nessun problema, tutto risolto!" Sentenziò l'insegnante e batté le mani. "Ora prendete i quaderni che dovete studiare." Aggiunse e si allontanò per raggiungere la cattedra.
- "Che tipo che è tu' padre, oh." Scosse la testa, divertito, Manuel. "Secondo te quando ce diranno che lui e mi' madre stanno insieme?"
- "Come se non lo sapessimo già." Disse Simone e recuperò un quaderno dal suo zaino. "Manuel io ho solo quella penna!" Aggiunse quando notò l'altro che prendeva dal suo portapenne l'unica penna che avevi.
- "Che c'avevi Simò, adesso non ce l'hai più." Ghignò il riccio.
- "E io come scrivo?"
- "Balestra non starai cercando un modo per copiare i miei appunti?" Lo prese in giro il più basso.
- "Ma vaffanculo." Borbottò il rugbista e lo colpì piano sulla spalla. "Prendili bene questi appunti o oggi te lascio in compagnia dei nostri genitori mentre amoreggiano."
- "Pe' carità, poi me devo disinfetta' gli occhi co' la candeggina!" Si affrettò a dire il più grande, ignorando Dante che aveva già preso a spiegare. "Senti, stasera c'hai da fa'?"
- "Me devo vede' co' Laura, perché?" Rispose Simone.
- "Ragazzi, non è che potreste parlare fuori dei fatti vostri?" Li interruppe Dante, per mantenere quel minimo di aspetto da insegnante che ancora aveva. "La lezione è iniziata."
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Moments of the day || Simuel.
FanfictionMoments of the day || Simuel. Una giornata è composta da molti momenti, in ventiquattro ore tutto può succedere e Simone e Manuel questo lo sanno bene, ciò che succede all'alba a mezzanotte potrebbe già essere cambiato. Che cosa riserveranno questi...