Quinta parte

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"No, ti prego. Resta."

Simone non era sicuro di aver sentito bene.
Sicuramente gli si era addolcito lo sguardo. E, probabilmente, i suoi occhi si erano soffermati più del dovuto in quelli di Manuel, avevano trasmesso tutto quello che non poteva o non riusciva a dirgli a parole, nonostante fosse andato lì praticamente per quello.

La stretta delle dita di Manuel, avvolte intorno al suo polso, sembrava bruciare.
Ne avvertiva ogni singolo polpastrello, il suo corpo aveva reagito all'istante con un battito mancato e la testa improvvisamente pesante.

Dischiuse le labbra per rispondere, ma non ne uscì alcun suono.
Al contrario, cercò di divincolarsi piano dalla presa che fu subito allentata da Manuel, una volta capito che la persona in piedi davanti a lui stava cercando di sgusciare via.

Che si aspettava?
L'aveva lasciato da solo. E anche dopo i chilometri per raggiungerlo gli aveva fatto intendere che potesse esserci qualcuno.

Simone si allontanò in silenzio verso il bagno, chiudendosi la porta alle spalle.
Manuel, la testa sul cuscino, sentì il rumore del phon attraverso le pareti.
Chiuse gli occhi e, dietro il nero delle sue palpebre, immaginò di oltrepassare quella soglia e rinchiudersi in bagno con lui.
Sbatté la testa un paio di volte indietro sul cuscino e strinse le labbra.

Fu questione di un attimo. Si mise in piedi e andò a passo instabile verso la porta.
Simone aveva appena finito di asciugarsi i capelli e di indossare dei pantaloncini di quelli che usava per allenarsi, si guardava allo specchio in silenzio.
Le mani ai lati del lavandino avevano iniziato a stringere talmente forte da far diventare le nocche bianche, i contorni rosei tendenti al violaceo.

Alle sue spalle vide uno spiraglio di luce.
Dietro la fessura, il volto di Manuel.
Si fece spazio per entrare con la sua andatura incerta, poi la porta si richiuse alle sue spalle.

Spense la luce e posò una mano sulla spalla nuda di Simone, che lo fissava attraverso lo specchio.
Nella sua testa migliaia di immagini possibili.

Manuel si avvicinò, lo girò per trovarsi di fronte a lui.
- Che stai facendo? - lo interrogò Simone, la voce spezzata.
Era a corto di saliva, dentro di lui una guerra di emozioni contrastanti.
- E statte zitto 'na volta.

Manuel lo spinse contro le piastrelle del bagno e si schiacciò contro di lui.
Portò una mano a cercare quella di Simone, sfiorarla. Poi iniziò a disegnare astrattamente sulla sua pelle con l'indice, risalendo il braccio, spostandosi verso il petto, fino alla riga centrale dell'addome.
Di fronte a lui, Simone ad occhi chiusi cercava di riprende fiato.
I brividi lo pervadevano, avvertí la pelle d'oca fare la sua comparsa in superficie.

Avrebbe potuto tranquillamente morire in quel momento e non rendersene conto.
Sarebbe stato un modo estremamente piacevole per andarsene.

- St'effetto ti faccio?

Manuel, l'alito che sapeva di rum e di qualcos'altro di indecifrabile, schiuse le labbra in un sorriso provocatorio e guardò la bocca di Simone.
Si stavano respirando addosso.

Poi le mani di Manuel sul viso di Simone, decise, quasi imploranti, lo chiamarono per scontrare i loro volti, trovarsi con le labbra e restarci.

"Non è come l'altra volta."

Questo pensava Simone mentre si lasciava cullare dal ragazzo di fronte, che stentava a riconoscere.
Era impazzito? Era colpa della sbronza?
Doveva scappare prima di farsi del male, come il giorno del suo compleanno?

Non riusciva a pensare, non sarebbe comunque mai riuscito a respingerlo.
Lo voleva con tutto sé stesso.
Le aveva sognate queste cose, le aveva desiderate.
Lo aveva sperato per così tanto tempo che non era facile realizzare che stesse davvero accadendo.
Manuel, adesso privo della maglia, spingeva il petto accaldato contro il suo.
Simone non avrebbe voluto essere da nessun'altra parte. Era esattamente dove il suo cuore dettava di restare.

———————-

La mattina seguente, Simone si svegliò per primo.
Non era stato lui ad ubriacarsi la notte precedente, eppure le sensazioni che avvertiva erano le stesse di un post sbornia.
Si sentiva completamente devastato ma al contempo era felice. Sempre che fosse durata, quella felicità, anche al risveglio di Manuel.

Si voltò verso di lui, dormiva a pancia in sù, coperto dal lenzuolo fino alla vita, l'addome scoperto e i suoi tatuaggi, quelli che aveva baciato uno ad uno qualche ora prima, scoperti e dannatamente belli.
Un braccio proteso verso il lato di Simone, quasi a cercarlo anche da non cosciente.

Il momento d'ammirazione fu interrotto dalla sua sveglia. La suoneria, che aveva scordato di cambiare o almeno spegnere, era "Where's my love?" di Syml.
Si affrettò a pigiare il tasto per bloccarla, ma gli occhi del ragazzo disteso accanto si erano appena dischiusi.

"Come può essere così bello anche da appena sveglio?"

- Addirittura - iniziò, la voce roca.
Si passò una mano sulla faccia.
- Che?
- L'ho sentita, eh.
- E beh? Che vuoi?
- Te svegli con quella tutte le mattine e pensi a me?
Si girò su un fianco e gli puntò gli occhi addosso, la mano a sorreggersi la testa.
- Ma smettila.

Simone distolse lo sguardo e si impegnò a cercare la maglia per coprirsi.
Alla luce del mattino, tutto sembrava più imbarazzante e ciò che era accaduto appariva soltanto come un sogno. Uno dei tanti fra quelli vissuti quasi ogni notte, da solo nel suo letto.
Eppure, le emozioni di qualche ora prima le aveva dannatamente ancora cucite addosso.

- Vuoi mangiare qualcosa? C'è il bar giù.
- Non voglio niente, voglio che parliamo.

Eccolo lì.
Doveva aspettarselo. Adesso sarebbe partito col discorso che la notte appena trascorsa dovevano dimenticarla, che era stato solo un errore, un momento di debolezza.
Avrebbe detto che era stata una cazzata, che era stata colpa degli alcolici. Che stava troppo preso male per capire cosa stesse facendo.

- Credo di avere un problema.
- Di che tipo? - Simone si sforzò di mantenere un tono calmo, tentando di camuffare l'agitazione che si era dilagata al centro del petto.

- Del tipo che penso a te giorno e notte. Non importa se sto al lavoro, se sto in giro, se sto a casa, se parlo con qualcuno. Penso a te. A 'sta faccia.
Lo indicò, seguendo la mano dall'alto in basso con lo sguardo.
Simone rimase impietrito da quelle parole, stentava a crederci a un simile "lieto fine".
- Mi stai prendendo in giro?
- Te pare?
- E allora perché te ne sei andato?

Manuel si lasciò cadere disteso e prese a fissare il soffitto, le braccia dietro la testa.
- Perché quando t'ho visto in quelle condizioni non c'era altro da capire. Ero io la tua rovina. Sono io la tua rovina.
- Ma che cosa dici? Sei praticamente l'unica persona che mi fa sentire vivo. Anche quando mi fai incazzare, ne vale la pena anche litigare con te.
- Simó.
- Eh.
- Stanotte è stata letteralmente la più bella di tutta la mia esistenza. Te giuro.

Simone si sentì improvvisamente sicuro, determinato, consapevole che quel che era accaduto stavolta, forse, non sarebbe andato perso.
Si mosse per raggiungerlo e posare la sua bocca su quella di Manuel, che lo accolse senza esitare.
- Allora torna a Roma, torna con me. Da me.
- Me sa che ce devo tornà a prescindere.
- In che senso?
- Eh, che ore sono?

Simone tastò il letto per cercare il telefono e lesse l'orario sullo schermo.
- Sono le undici e mezza.
- Ecco, vedi. Sono praticamente licenziato.
Sorrise.
- Quindi torneresti solo perché sei senza lavoro?

Manuel deglutì.
Come poteva dirglielo? Non c'erano modi differenti per spiegare il concetto.
- No, torno perché me sa che mi sono innamorato di te.

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Questa era ufficialmente l'ultima parte di questa storia.
Spero vi sia piaciuta! Grazie ai commenti e ai voti ricevuti e grazie a chi, se vorrà, me ne lascerà in seguito. Mi ha fatto molto piacere! :)
Continuerò a scrivere altro. <3

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