Quarta parte

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Quando Manuel raggiunse il B&B, si accertò che il nome sulla targhetta accanto al portone e quello scritto sulla ricevuta fossero uguali.
Non era semplice, la sbornia era presente e si faceva sentire nelle gambe, nella vista annebbiata, nello stomaco che iniziava a rifiutare la combinazione di intrugli che aveva mandato giù.
Sorrise. Quello stato lo faceva sentire coraggioso.

Simone, ancora una volta, era steso su un letto che però stavolta non era il suo.
Gli era toccato anche un matrimoniale, era l'unica stanza disponibile al momento della prenotazione e quel B&B era il più vicino alla metro migliore per poter raggiungere gli indirizzi che si era salvato sul telefono.
Non si era tolto i vestiti, neanche la giacca. Si era limitato a togliere le scarpe, sollevare un cuscino per creare un doppio strato sull'altro e mettersi seduto.
Le luci spente, il cellulare in tasca, lo sguardo come sempre rivolto al vuoto.

Fuori dalla finestra le luci di Londra, un parco scuro, un vociare.
Era una voce bassa, altalenante. Ma era la sola, non se ne sentivano altre a ribattere.
Poi il suo nome.
- Simone!
Qualcuno aveva urlato il suo nome.
E lui sapeva benissimo a chi appartenesse quella voce. Ma forse se lo stava immaginando, ormai era convinto di poterlo vedere e sentire ovunque.

Si mise a sedere, con i battiti leggermente accelerati. Guardò la finestra in attesa di una conferma.
"Ci manca soltanto che io stia impazzendo."
- Simò!

Nel giro di un secondo Simone si mise in piedi e raggiunse la finestra per aprirla.
Non se lo stava immaginando, era davvero lui.
Aprì un'anta e mise fuori la testa per guardare giù.
Di fronte al portone c'era Manuel. Sembrava sù di giri, gli sorrise come non aveva fatto mai.

- Oh, finalmente! Me vieni a prendere? Perché io penso di volermi mettere a dormire qua.
Sorrise, chiuse gli occhi e si mise disteso sull'asfalto fatto di ciottoli.
"È totalmente fuori di testa."

- Manuel, ma che fai, tirati sù!
- Non ce penso proprio, se sta così comodi.

"È fottutamente andato fuori di testa."

- Non ti muovere, scendo subito.
- E chi se move.

Simone si affrettò a richiudere malamente la finestra e buttarsi fuori dalla stanza, lasciando la porta aperta.
Scese le scale superando i gradini a due per volta e in pochi secondi aprì il portone.
Manuel, chiaramente, era lì dove l'aveva lasciato.
Occhi chiusi e sorriso delirante stampato in faccia.

- Sei venuto a salvarmi, eh?
- Ma smettila di fare il cretino e mettiti sù.
Simone cercò di prendergli le braccia per metterlo a sedere ma l'altro non aveva intenzione di collaborare.
Passò una macchina e il proprietario lanciò uno sguardo fugace ai due, per poi andarsene scuotendo la testa.
- Dai andiamo dentro, la gente ci guarda.
- E lasciali guardà.

Aveva bevuto.
Non era in sé e l'alito lo confermava.
Simone riuscì di forza a tirarlo in piedi ma quasi non caddero di nuovo per terra perché Manuel si reggeva a stento.
- Ma hai bevuto?
- Te che dici?
- Perché ti sei ridotto così?
Il ragazzo non rispose, ad occhi chiusi si aggrappò alle sue spalle.
- Portami dentro, me sa che vomito.

Impiegarono una decina di minuti abbondanti a risalire le scale, con Manuel che non ne voleva sapere di tenersi in piedi per più di trenta secondi.
Simone ormai sudava, era sfinito, ma c'erano quasi.

Quando raggiunsero la stanza, Manuel incespicò fino al letto a passi ondulatori, per poi accasciarcisi a pancia in sù.
Proprio al centro.

- Ma non dovevi vomitare?
- Eh, m'è passato un attimo.
- Quanto hai bevuto? Cosa hai bevuto?
- Quattro, cinque... tutti diversi. A digiuno.
- Ma sei diventato scemo?

Simone allargò le braccia e poi le lasciò cadere lungo i fianchi.
Cosa doveva fare adesso?

- Simó.
- Eh.
- Mi sei mancato.

Simone era sicuro che il suo cuore si fosse fermato. Non era il caso di illudersi, era ubriaco e probabilmente stava dicendo cazzate o gli era mancato in un modo che non era esattamente quello che intendeva lui.
Però aveva bisogno di quelle parole, se ne era reso conto non appena le aveva sentite pronunciare.
E poi con quel tono, quasi sofferente.

- Io mi vado a fare una doccia.
- Posso venire? - biascicò Manuel, sghignazzando contro il cuscino.
- Finiscila di fare il coglione.

Si rifugiò sotto la doccia. L'acqua bollente stava riuscendo a placare la sua agitazione.
C'era Manuel nella sua stanza, sul suo letto che non potevano dividere in due parti separate.
Avrebbero sicuramente dormito insieme, la sbronza non sarebbe passata di certo nel raggio di un'ora.
Lasciò che l'acqua calda scorresse sul suo corpo, che le gocce cadessero oltre il suo viso dalle ciocche dei capelli, dalle dita delle mani.
Dopo venti minuti passati a crogiolarsi in quel calore, si sentì pronto ad uscire e asciugarsi, per poi avvolgersi la vita con un telo.
I capelli tamponati ma ancora umidi.

Aprì la porta e osservò Manuel, probabilmente dormiva. Avrebbe dovuto spostarlo su un lato del letto altrimenti non ci sarebbe stato spazio per lui, si era stanziato proprio al centro con braccia e gambe distese.
Man mano che si avvicinava e lo osservava, il suo cuore si ammorbidiva.
Ad ogni centimetro conquistato, si scordava delle parole di poche ore prima.

I suoi capelli ricci, indimenticabili. Avrebbe voluto passarci entrambe le mani subito.
La bocca distesa in un mezzo sorriso.
Gli sembrava di essere tornato alla notte del video.

Lo guardò ancora per qualche minuto, poteva essere l'ultima volta che sarebbero stati insieme nella stessa stanza.
Poi si decise a cercare di spostarlo.
Iniziò dalle gambe, le raccolse con le braccia e le spinse verso il lato destro del letto.
Poi si allungò verso il braccio.

Si soffermò a sfiorare la mano, le vene del dorso.
Sperava che non se ne accorgesse.
Manuel deglutì, era sveglio e quel tocco lo aveva fatto fremere, ma finse di continuare a dormire.

Quando Simone tirò il braccio verso il suo lato, Manuel strinse la prese per trattenerlo.
Aprì gli occhi e li posò dolcemente in quelli di Simone.

- Oh, ma sei sveglio?
- Ora si.
- Ti senti meglio?
- Per niente, sto di merda.

Non sapeva se si stesse riferendo alla sbronza o a loro due.
Si guardavano a pochi centimetri, Simone era proteso sul letto ben attento a non sfiorare il ragazzo disteso sotto di lui.
Alcune gocce caddero dai suoi capelli per posarsi sulle guance di Manuel, che sorrise.
- Vado ad asciugarmi i capelli.
Simone fece per alzarsi ma Manuel lo fermò afferrando istantaneamente il suo braccio.

- No, ti prego. Resta.

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