Caccia al Tesoro

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Impossibile da fermare, il tempo scorreva veloce sotto i nostri occhi, e come un battito di ciglia, lo scadere della consegna era arrivata. Non c'era niente più da fare, niente più tempo a disposizione. Quel giorno cerchiato in rosso sul calendario della mia camera me lo ricordava, minuti, ore, giorni interi. Non smetteva di assillarmi.

Non avevo trovato una soluzione perché apparentemente di soluzioni non ce ne erano. Il saldo da pagare era troppo alto, i soldi erano troppo pochi e come potevamo noi cinque ragazzi, chi con un lavoro e chi non, pagare il mutuo della casa in poco meno di dodici ore? Avevo resistito per due anni grazie ai soldi che mi avevano lasciato i nonni, più i contributi che mi davano i ragazzi, ma per quell'anno non erano sufficienti. Pensavo che una volta finiti quei soldi, con lo stipendio mio e di Louis riuscivamo almeno ad arrivarci vicino. Contai più e più volte per essere certo di non aver sbagliato, dato che ero scarso in matematica, ma la calcolatrice segnava sempre lo stesso numero troppo basso. Ed era assurdo come un semplice numero digitale potesse frustrarmi così tanto.

Dopo il secondo richiamo, mi decisi a chiamare un avvocato. Ci avrei pensato io, non avrei coinvolto i miei coinquilini, quel problema riguardava solamente me. Fui uno stupido a pensarla in quella maniera. Ci vivevano, avevano un contratto che avevamo stipulato noi, avevano pagato per vivere lì ed erano diventati come una seconda famiglia. Ma non volevo farli preoccupare inutilmente. Furono invano gli sforzi con l'avvocato per rimandare di qualche mese la scadenza, e quando arrivò il terzo richiamo, ero deciso più che mai a raccontarlo ai miei amici. Solo che quel giorno, dopo il colloquio con l'avvocato e una lunga e stressante giornata a lavoro, Niall aveva già trovato i tre richiami prima di me e mi mise spalle contro il muro.

Mi sentivo spiazzato e non li biasimai quando passarono l'intera cena a fare domande, a chiedermi perché a cui io non sapevo dare risposte, senza nemmeno guardarmi negli occhi. Se avevo perso la loro fiducia? Sicuramente una buona parte sì, ma non mi arresi. Andai da Louis, quello per cui ero più preoccupato, gli spiegai la situazione ancora e ancora, e mi disse un semplice "Avrai avuto i tuoi motivi, ma ora vorrei star da solo... devo, penso, metabolizzare." mostrandomi un sorriso spento. Lo capì, non doveva essere semplice rischiare di abbandonare la propria casa una seconda volta, tornare a quei giorni che sembravano essere passati. Parlai a colazione con Niall, il giorno successivo, trovandolo più propenso ad ascoltarmi, rispetto alla sera precedente e dato che Harry non si era presentato, andai in camera sua per assicurarmi che stesse bene.

Continuava, però, a preoccuparmi Liam.

Mi sentii sollevato quando mi raccontò il suo pensiero principale in quei giorni, di in quei mesi, ed ero anche contento di sapere che ero una parte fondamentale nella sua vita. Mai mi scorderò quanto fu il più timido di tutti nel chiedermi se avessi ancora un posto per un universitario senza casa e se fosse stato così, mi avrebbe subito pagato la prima parte di affitto, senza battere ciglio, pur di avere un tetto assicurato. Era così carino. Sia Harry che Niall lo accolsero a braccia aperte, cercando in ogni modo di farlo sentire a proprio agio, spiegandogli un po' le regole fondamentali per dei coinquilini, chi in quella casa cucinava, dove poteva mettere le sue valige e i suoi affetti personali e soprattutto la prima regola importante della casa: mai annoiarsi.

Le regole le aveva imposte Niall, non appena ci eravamo incontrati in un pub dove avevo appeso il volantino per cercare dei coinquilini. "Non hai delle regole? Le regole sono importantissime! Ascolta, posso scriverle per te? Ovviamente tu dopo mi darai l'ok se ti piacciono oppure cambieremo insieme quelle che non ti piacciono, mh? Ci stai?" mi domandò e travolto da quell'uragano di energia e parole dette veloci, potei solo annuire divertito. Niall fu il primo ad arrivare e preso un po' dall'agitazione, andai nel pallone un paio di volte. Il contratto non era ancora pronto, Niall non aveva una casa dove stare e non avrei mai permesso che dormisse per strada per un mio errore, quindi, mandai tutto al diavolo e "Per le cose formali ci metteremo d'accordo più avanti. Su, andiamo irlandese!" gli dissi, una volta che avevamo finito le nostre birre e notai che si era fatto tardi. Anche lui, evidentemente, non aveva fra le opzioni il voler dormire per strada e annuendo con vigore, impugnò le sue due valige, la custodia della chitarra e insieme tornammo a casa.

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