«Mi hai invitato qui per questo?»
«No, ma se ti dicessi che mi dispiace sarebbe una grossa cazzata.»
«Dio… non ci è mai passata.»
«Direi di no.»
«Pentito?»
«Simò, ti pare?»
«Volevo solo esserne sicuro.»
«Ai nostri prenderà un colpo.»
«Perché tu vorresti dirlo a tutti? Mio padre, tua madre, mia madre?»
«I miei figli…»Nel film di fantasia diretto da Simone Balestra, le cose sarebbero andate in maniera diversa. Dopo il momento di passione e vicinanza, era quasi scontato per lui che arrivasse l’ora del pentimento, delle riflessioni e del distacco.
Ed invece? Manuel lo guarda con occhi sinceri, senza la minima traccia di imbarazzo. Nel suo sguardo legge ogni cosa, la sicurezza di voler stare con lui, il bisogno di essere insieme, la necessità di provarci… finalmente.
Parlare con i ragazzi renderebbe tutto ufficiale, una volta coinvolti non si torna indietro. Forse Manuel, preso dall’intensità del momento, non è perfettamente conscio di ciò che sta dicendo.«Vuoi dirlo anche a loro?»
«Beh, ovvio. Come lo giustifichiamo il fatto che ti trasferisci qui da noi?»
«Ma che stai dicendo?»
«Simò, sono vent’anni che ci giriamo intorno. Direi anche basta, no?»
«Ma prenditi un minuto per pensare, non essere avventato.»
«Senti, le chiacchiere stanno a zero. Tu mi… ci vuoi?»
«Domanda del cazzo, Manu.»
«E allora? Io voglio te. E lo sai che in queste cose sono un po’ lento, ma siamo seri, che cazzo ci fai ancora a casa di tuo padre?»
«Filippo lo ha detto subito che camera mia è piccola.»
«Vedi? Questa è casa tua, noi siamo casa tua.»
«Ma… Iris…»
«Iris… sai che m’ha detto un giorno? La malattia la stava consumando, eravamo in ospedale e le stavo passando una mano tra i capelli. M’ha guardato e, tutta seria, m’ha detto “quando non ci sarò più vedi di non fare il coglione” allora io le ho chiesto a cosa si riferisse e lei mi ha soltanto risposto: “Simone”. Non ha aggiunto altro.»Simone, vorrebbe piangere, magari urlare, baciarlo fino a togliergli il fiato, fare l’amore con lui tutta la notte e forse anche prenderlo a schiaffi.
Prova sentimenti contrastanti.
Da un lato l’estrema felicità, perché, per la miseria, questo non è un solo un raggio di sole, qui siamo a livelli “sole di mezzogiorno a ferragosto”. Dall’altro lato però è terribilmente spaventato e quasi arrabbiato. La paura è comprensibile, insomma, Manuel è pur sempre l’amore della sua vita – avendolo nudo tra le braccia può anche smetterla di raccontarsi frottole – ma per quanto riguarda la rabbia non sa bene come spiegarla. Quanta sofferenza si sarebbero evitati se Manuel non lo avesse lasciato? Forse però la cosa che più di tutte lo fa arrabbiare è il pensiero che le loro vite sono andate esattamente come dovevano andare. Se Manuel non lo avesse piantato in quel modo terribile, non ci sarebbe stata nessuna Iris, non sarebbero arrivati i ragazzi, che Simone ama quasi fossero figli suoi e loro due magari avrebbero finito per lasciarsi comunque. Quindi sì, Simone è arrabbiato perché non può tollerare il fatto che la sofferenza, il dolore ed il bisogno di quegli anni siano stati necessari affinché tutte le tessere del puzzle andassero al loro posto.«Simò… a che pensi?»
«Sono incazzato con te.»
«E perché?»
«Non lo so, non lo capisco nemmeno io.»
«Posso farti vedere una cosa? Magari sei meno arrabbiato poi.»
«Che cosa?»Manuel si stacca un attimo da lui e si allunga verso il comodino. Apre il cassetto, rovista un po’ tra mille cianfrusaglie e poi torna accanto a Simone con un sacchettino di velluto blu.
«Aprilo.»
Simone non sa cosa aspettarsi, il sacchetto è legato con una cordicella dorata, anch’essa di velluto ed è leggermente pesante.
Si mette a sedere con la schiena appoggiata al muro dietro al letto e, dopo aver allentato il nodo, lascia cadere il contenuto del sacchetto sul suo grembo.
Ed è una sorpresa ciò che ne esce.
Il suo braccialetto, quello con il cinturino in cuoio, quello perso anni prima.«Lo conservo da almeno quindici anni.»
«Perché?»
«Mah… forse per lo stesso motivo per cui non ti ho mai ridato la tua maglia ed il tuo giubbetto di jeans.»
«Li hai ancora tu?»
«Mi sento un po’ cretino, ma sì. Li ho anche usati mentre eri a Glasgow. Ho fatto pure la figura del coglione con tuo padre una volta. Sai quando Aurora si è rotta il polso cadendo dalla bici? Beh Dante l’ha portata in pronto soccorso ed io sono corso lì appena mi ha telefonato ed avevo la tua giacca. Non ha mai detto nulla a riguardo, ma so che lui sapeva.»
«Perché mi hai mandato via? Perché quando Iris è morta non hai voluto che ti stessi vicino?»
«Te l’ho detto, non puoi sempre risolvere i miei impicci.»
«Che facciamo ora?»
«Ci facciamo un bel sonno innanzitutto, poi domani mattina andiamo a lavoro e nel pomeriggio andiamo in Villa ad impacchettare la tua roba.»
«Tu sei pazzo, lo sai, si?»
«Sono stato separato dalla mia metà fin troppo. Fanculo pure a Zeus e Platone.»Dopo questa dichiarazione d’amore il sonno può davvero attendere.
Dormire è sopravvalutato, no?Si addormentano solo intorno alle tre del mattino e, quando suona la sveglia, Simone vorrebbe possedere la capacità di mandare indietro il tempo per ricominciare quella notte da capo. È terrorizzato al pensiero che Manuel si sia pentito, che si rimangi tutte le belle parole dette la sera prima. Lo guarda aprire gli occhi e, quando si volta verso di lui, ha paura di ciò che potrebbe leggere nel suo sguardo.
«Mi guardavi dormire? Non t’è ancora passata sta brutta abitudine eh?»
«Stai bene? Tutto… tutto ok?»
«Quella faccia da cane bastonato è colpa mia? Smettila di fare gli occhi da Bambi, non ho intenzione di spararti.»
«Scemo, sono serio.»
«Pure io sono serio, Simò, se non vieni qua e mi baci subito ti butto giù dal letto.»
«Io credevo che…»
«Lo so che credevi, ma finiscila.»
«È successo tutto così in fretta.»
«In fretta? Sono anni che ci giriamo intorno e facciamo la ruota come i pavoni. Altro che in fretta.»Dante ed Anita non sembrano affatto sorpresi quando, rincasando la sera, trovano i due intenti ad impacchettare le cose di Simone. Anzi sarebbe meglio dire ri-impacchettare considerato che solo pochi giorni prima aveva finito di sistemare tutto dopo il suo ritorno a Roma.
Una persona meno impulsiva si fermerebbe a riflettere, prenderebbe le cose con calma, farebbe un piccolo passo alla volta, ma come diceva Arisa, “non è razionale, non lo puoi spiegare, tremano le gambe mentre ride il cuore.” Possono due come Manuel e Simone andare contro le parole di Arisa?
Assolutamente no.
Dopotutto è come se non si fossero mai veramente lasciati, come se tra loro non fosse cambiato nulla anche se, in realtà è cambiata ogni cosa. E qui può venirci in aiuto una canzone di Venditti. “Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”. Il loro giro immenso è durato quasi vent’anni. Nessuno dei due ha voglia di sprecare ancora un solo secondo.Manuel non vuole comunicare la grande notizia ai ragazzi per telefono, ma sente comunque la necessità di mandare un messaggio ad Aurora.
La Manuel&Simone Associati è
tornata. Papà non è più triste.La ragazza risponde soltanto con un cuoricino. Avranno tempo per parlare, tempo per spiegare tutto sia a lei che a Filippo. E Manuel spera con tutto il cuore che i suoi figli sia felici almeno un quarto di quanto è felice lui.
Una volta finito di sistemare il primo carico di scatoloni di Simone e dopo aver ricevuto un abbraccio spacca-ossa da Anita ed una pacca sulla spalla da Dante, finalmente possono prendere l’auto di Manuel ed andare verso quella che ormai è da considerare casa loro.«Ho una canzone in testa da ieri, mi sta facendo impazzire.»
«Che canzone?»
«Non so il titolo, è di Cremonini. Dice qualcosa tipo: “per quanta strada ancora c’è da fare…»
«…amerai il finale.»
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Come nelle favole
FanfictionLo scorrere del tempo. Sentimenti che si evolvono, maturano, cambiano intensità e natura. Gli anni passano, ma qualcosa rimane, nei ricordi, nei pensieri, in una frase, in un gesto. Ricordate però che niente è come sembra. E come dicono i PTN: "Però...