Prologo - IL CONSIGLIO DEGLI DEI

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 Gli dei non erano mai stati così nervosi.

La sala del trono tremava alla pressione causata dai poteri delle dodici divinità. Erano giorni che discutevano sullo stesso argomento, e ancora non erano riusciti a raggiungere un accordo che potesse definirsi tale, anche se alcuni di loro avevano già le idee in chiare.

"Lo ripeto per l'ultima volta: la risposta è NO! La discussione finisce qui." esclamò Zeus, stanco del fatto che nessuno lo ascoltasse.

"Invece continuiamo!" ribatté Poseidone: "I nostri figli hanno bisogno di noi più che mai! Non possiamo semplicemente lasciarli ad affrontare gli effetti delle guerre in cui anche noi siamo direttamente coinvolti! È una cosa sbagliata."

 Poseidone era praticamente la ragione per cui la riunione era stata aperta in primo luogo, dal momento che Zeus aveva scoperto che era andato diverse volte al Campo Mezzosangue per vedere Percy. Il dio del mare, infatti, voleva farsi perdonare dal figlio per la sua assenza durante la guerra contro Gea: la personalità di Nettuno era particolarmente iraconda e odiava i romani per averlo reso un dio così poco importante; aveva avuto paura che se avesse incontrato Percy insieme ai romani, allora avrebbe fatto una cosa simile a quello che Atena aveva fatto ad Annabeth e non sarebbe stato in grado di perdonarsi.  

"Le regole dicono chiaramente che -"

"Al Tartaro le regole! I nostri figli hanno bisogno di noi! L'anno scorso abbiamo promesso che saremmo stati dei genitori migliori, che avremmo iniziato a trattare meglio i nostri figli! Ora che hanno bisogno del nostro aiuto, decidiamo di lasciarli ad affrontare da soli un periodo difficile come questo!?" Esclamò Ermes, che più di tutti si stava battendo per questa causa: non voleva che altri suoi figli si sentissero abbandonati e traditi; non voleva... non voleva altri Luke.

"Fratello, capisco perfettamente che tu non voglia infrangere le regole, ma tieni presente che quelli sono dei ragazzi giovanissimi, e hanno già visto molti più orrori di quasi tutti gli eroi esisti fino ad adesso." Iniziò Estia seduta accanto al focolare, mentre guardava Zeus con un'espressione triste: "Non pensi che, almeno questa volta, sia giusto infrangere le regole per aiutare quei ragazzi?"

"Concordo." si intromise Ares: "Per quanto vorrei che i semidei, e soprattutto i miei figli, superino i loro ostacoli e le loro difficoltà da soli, questa non è una di quelle volte. Hanno affrontato fin troppe battaglie a poca distanza l'una dall'altra, e non sono in grado di sconfiggere da soli."

Ares normalmente non si intrometteva nella vita dei propri figli, ma questa non era una di quelle volte: conosceva fin troppo bene i traumi causati dalla guerra, soprattutto sui giovani, e sapeva bene che non era una cosa che si superava facilmente. Non senza aiuto.

"Esatto. Inoltre quelle battaglie non sono state una loro scelta. Perché dovremmo lasciare i nostri figli ad affrontare le conseguenze di qualcosa che non hanno chiesto o voluto?" chiese Demetra.

"Io sono convinta che non dovremmo intervenire: queste regole non sono come un cuore, che si può aggiustare se spezzato; una volta le avremo infrante una volta, il danno sarà fatto, e non ci sarà modo di tornare indietro." disse Afrodite, però non era questa la ragione per cui non voleva intervenire: in questo momento in entrambi i campi c'era un'atmosfera ottima per creare delle relazioni, spezzarne alcune, evolverne altre e renderne complicate altre ancora.

Le possibilità che questa situazione creava per i rapporti romantici erano davvero allettanti, e non avrebbe lasciato che questa occasione venisse sprecata.

"Padre." disse Artemide: "Ho visto lo stato delle mie cacciatrici, e sono tutte a pezzi, in particolar modo Thalia." iniziò la dea della caccia, sperando che la menzione della figlia potesse addolcire un minimo il re degli dei, prima di continuare: "Trovo che sia davvero ingiusto lasciare che, mentre le mie Cacciatrici possono avere il mio aiuto ogni volta che vogliono, i semidei non possono avere neanche un po' di conforto dai loro genitori."

La dea non aveva un debole per i semidei, in particolar modo per i maschi, ma se la loro situazione era grave anche solo la metà delle cacciatrici, allora meritano avere l'aiuto e il supporto dei propri genitori.

"Perché dovremmo negargli qualcosa che è loro diritto avere in momenti come questo?" concluse Artemide.

"Perché non è un loro diritto." rispose sprezzante Era: "I semidei non dovrebbero neanche esistere, il minimo che possano fare è prendersi le loro responsabilità. Non possiamo infrangere le regole solo per un loro bisogno di attirare l'attenzione."

"Forse a te non interesserà Era, ma noi li abbiamo osservati, e il loro non è un semplice bisogno di attenzione." iniziò Atena: "Padre, abbiamo visto che cosa succede quando ignoriamo i nostri figli. Se decidiamo di farlo anche questa volta, le conseguenze potrebbero essere molto peggiori di quella precedente."

Atena aveva osservato i suoi figli, e riusciva a percepire la loro fatica e la paura che molti di loro stanno accumulando nella loro mente. Più di tutti, però, pensava ad Annabeth: in un momento di grande difficoltà l'aveva caricata di un peso enorme, e dicendole delle cose orribili; aveva anche provato a riappacificarsi con lei, però la ragazza nonne aveva voluto sapere niente, svelandole anche della sua caduta nel Tartaro insieme a Percy.

I sensi di colpa erano nella mente della dea della saggezza: il pensiero che, a causa dell'impresa che le aveva affidato, la figlia fosse caduta in un luogo che persino gli dei temevano la stava ferendo più di quanto credesse. Non lo avrebbe mai ammesso, ma era grata al figlio di Poseidone per non averla lasciata andare ed essere rimasto insieme a lei.

"Senti un po' da che pulpito viene la predica." disse Era, tirando Atena fuori dai suoi pensieri: "Tu infatti, devo ammettere, sei stata bravissima nel tenere d'occhio i tuoi figli. Dimmi, hai già in mente un'altra impresa suicida da far fare alla tua figlia preferita? Magari, questa volta, potresti spedirla nel Tartaro direttamente tu stessa, che ne dici?"

Atena esplose: si alzò dal trono e i suoi vestiti formali vennero sostituiti da un'armatura da battaglia, con la lancia in una mano e l'Egida originale nell'altra; non parlava, ma la sua rabbia era palpabile all'interno della sala.

Anche Era si alzò dal suo trono: "Osi minacciarmi Atena?" ringhiò la regina degli dei.

"Complimenti per la perspicacia, forse il suo cervello non è quello di una mucca, sua maestà." rispose con sprezzo Atena, calcando la mano sulle ultime parole.

Lei generalmente non perdeva il controllo, cercando di essere sempre calma e razionale, ma questa volta era seriamente di pessimo umore e il ricordo di quello che era successo ad Annabeth non aiutò la situazione. Per una volta lasciò che le sue emozioni presero il sopravvento.

La sala del trono tornò nella confusione, finché non vennero interrotti da una nuova presenza.

Le tre Parche si trovavano di fronte a loro, con sguardi severi, ma davano alle tre l'aria di qualcuno che sta pianificando qualcosa.

Il sospetto venne confermato quando, ai piedi delle tre vecchie, comparvero 5 libri diversi. Qualsiasi cosa stessero progettando le Parche, si trattava di qualcosa di totalmente diverso rispetto a quello a cui erano stati abituati gli dei. 



A. N. Bene, ci siamo: ho caricato il primo capitolo della mia prima fanfiction. Probabilmente mi pentirò di questa cosa, però ora come ora volevo almeno provare a fare questa cosa. Vedrò se ne varrà la pena. 

Ho già scritto queste cose nella sezione "Conversazioni", ma lo riscriverò qui: so che la mia idea non è esattamente delle migliori, anzi, soprattutto in questo capitolo è fin troppo simile a "The Reading" di fair1015 (che vi invito davvero a leggere), però se avrete un po' di pazienza troverete delle cose che ho deciso di includere per provare a diversificare questa storia dalle altre. 

Questo è tutto. Spero che almeno questi primi capitoli vi piacciano, alla prossima.

LETTURA ATTRAVERSO IL TEMPODove le storie prendono vita. Scoprilo ora