Capitolo 3

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GALE
È brutto da parte mia dirlo, ma se Johanna fosse un uomo la avrei già dato un motivo reale per trovarsi in ospedale. Oh, quanto vorrei poter parlare, ma mi devo calmare, tra due settimane tutto tornerà come prima e non tornerò più qui, non parlerò più né con Katniss né con i suoi amici. Lei, è stata lei a cacciarmi in questo guaio, per una stupida domanda: cosa è successo a Beetee? Mi sono inventato tutto, veramente neanch'io non lo so, non era venuto all'appuntamento che realmente avevamo, per lo stesso motivo che ho detto a Katniss. Ma non volevo intraprendere una nuova avventura con lei e la sua banda, soprattutto quel Peeta. Lo avevo salvato da Capitol City, ma dopo la rivoluzione mi ha voltato le spalle insieme a Katniss, e da allora non abbiamo avuto alcun contatto, neanche per farmi sapere dei suoi figli: a questo ci aveva pensato la signora Everdeen.
Per rilassarmi decido di uscire un attimo fuori e fare una piccola passeggiata, giusto per sgranchirmi le gambe. Appena esco dall'ospedale mi sento osservato da tutti, non solo per via dell'apparecchio, ma anche perché credo che ci sia chi mi riconosce come un eroe. Incontro Katniss, e mi chiede:- Che ci fai qui fuori?
Io alzo gli occhi al cielo e scrivo sul blocchetto: Non posso uscire a fare due passi? Tu che ci fai qui?
-Sono qui per stare con te, penso sia evidente, perché non mi va che tu stia da solo. Annie deve rimanere con Johanna e non può lasciarla da sola per neanche un attimo quindi non commentare, io rimango qui. Punto.
Va bene, scrivo, ma dove starai?
-Ah sì, stavo per dirtelo, ho chiesto di farmi portare una brandina nella tua stanza. Il 13 non è un albergo, perciò non mi vogliono semplicemente assegnare una piccola unità abitativa, ecco perché.
Annuisco, poi continuiamo la passeggiata insieme, e nonostante la diffidenza tra di noi, Katniss intanto mi racconta tutto quello che le è successo negli ultimi 15 anni.

JOHANNA
Sono furiosa, voglio continuare il pestaggio di Gale da dove lo avevo interrotto, ma prima di tutto mi fa troppa pena, e poi ho promesso al dottor Aurelius di "assumere un comportamento mite e rispettoso nei confronti di Gale" se volessi andare a fargli una visita. Per questo mi limito solo a sbattere con forza la porta della mia stanza e buttarmi a peso morto sul letto mentre Annie si siede sulla sua brandina.
-Annie, perché non vai un po' da Finnick? Lui continua a non venire.- le chiedo d'un tratto. Sinceramente non ho idea di perché gliel'ho chiesto.
-Se vuoi gli telefono e gli dico di venire qui- mi dice, e io acconsento. Dopo un quarto d'ora Finnick viene e subito mi abbraccia.
-Zia, ma perché ti cacci sempre nei guai?- mi chiede ridendo. Mi piace un sacco quando mi chiama "zia": è come se la mia famiglia in qualche modo sia risorta, anche se neanche prima ero zia.
-Sai, nella vita ho imparato a farmi rispettare, non importa se vengo provocata oppure offesa, per me è la stessa cosa, e sai bene che succede se vengo stuzzicata, anche se lievemente.- rispondo. Una parte di me reclama il desiderio di cambiare questo comportamento, e per questo mi succede una cosa che avviene solo in presenza di pochissimi e molto raramente: due lacrime mi rigano le guance.
-Oh, vorrei che tu non prenda mai esempio da me in materia di carattere, e sono sicura che mi obbedirai, perché con la violenza non si risolve mai niente.
È vero, tutta la violenza degli Hunger Games, per esempio, è servita solo a procurarne altra e portare alla fine dei Giochi. L'unica cosa risolta sono centinaia di vite, forse migliaia, sparite, e la mia violenza che si ritorce appena qualcuno fa o mi dice qualcosa che non mi conviene. Finnick, intanto, mi abbraccia e sfodera tutta la tenerezza che un quindicenne può offrire dicendomi:- Tu non cambiare mai, non ti preoccupare di me o di quello che avviene nella vita, sii te stessa. Comunque con la violenza a volte si risolve qualcosa, ad esempio si capisce chi comanda o chi deve avere il pranzo in mensa gratis...
In quel momento, se non fossi sua zia, gli avrei fatto vedere io cosa significhi vera violenza, ma sono contenta che Finnick abbia imparato a farsi rispettare, proprio grazie ai miei insegnamenti, e che sappia essere così comprensivo con gli altri. Proprio come suo padre.

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