origini delle gerarchie angeliche

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Un primo accenno alle Gerarchie si ha nell'Antico Testamento, dove gli angeli, pur comparendo all'inizio come semplici controfigure di Jahvè, ed acquistando solo in seguito i connotati di entità distinte,nel sogno di Giacobbe appaiono posizionati su una scala che unisce il cielo alla terra. La loro presenza sarà più esplicita negli scritti ebraici diffusi fra il III secolo a.C. e il V secolo successivo, quali Hekhalot, ed il Libro di Enoch, dove l'ascesa al cielo dell'omonimo patriarca è descritta come l'attraversamento di successive schiere angeliche fino alla visione beatifica del Nome.

La figura degli angeli, tuttavia, potrebbe avere anche un'origine pre-biblica, nutrendosi di antiche conoscenze sapienziali, astrologiche, ed esoteriche riguardanti esseri divini e soprannaturali, appartenenti alle culture persiana, assiro-babilonese, egiziana, spogliandosi in seguito delle diverse connotazioni politeistiche.

All'inizio dell'era cristiana l'angelologia veniva coltivata soprattutto dagli gnostici. Paolo di Tarso, pur polemizzando contro costoro,rappresentò la fonte principale del Nuovo Testamento da cui attingerà la futura angelologia cristiana utilizzando i suoi stessi accenni . Il testo di riferimento più famoso su questo tema sarà appunto il De coelesti hierarchia. Occorre considerare inoltre i contributi della filosofia classica e neoplatonica, tra cui il concetto di dynamis della metafisica di Proclo, negli influssi sull'angelologia cristiana.

La Chiesa cattolica cercò di limitare il culto degli angeli ai tre soli citati nella Bibbia, dirigendo la pietà dei fedeli solo verso l'angelo custode. Si deve in ogni caso a Papa Gregorio la diffusione in Occidente delle gerarchie angeliche descritte dallo Pseudo-Dionigi l'Areopagita, anche se collocate in un ordine diverso da quello indicato da quest'ultimo.

Nel Medioevo altri schemi furono proposti, spesso collegati a considerazioni di natura astrologica e cosmologica. Riallacciandosi ancora a Dionigi, Tommaso d'Aquino che  scriveva :

«Vediamo dunque, da prima, il criterio della determinazione fatta da Dionigi. In proposito va ricordato che, secondo lui, la prima gerarchia apprende le ragioni delle cose in Dio stesso; la seconda, nelle loro cause universali; la terza nell'applicazione di esse agli effetti particolari. E poiché Dio è il fine non solamente dei ministeri angelici, ma di tutto il creato, alla prima gerarchia spetta considerare il fine; alla gerarchia di mezzo, disporre universalmente le cose da fare; all'ultima, invece, applicare le disposizioni agli effetti, e cioè eseguire l'opera. È evidente infatti che queste tre fasi si riscontrano nel processo di ogni operazione. Perciò Dionigi, che dai nomi degli ordini deriva le loro proprietà, nella prima gerarchia pose quegli ordini i cui nomi indicano un rapporto con Dio: cioè i Serafini, i Cherubini e i Troni. Nella gerarchia intermedia pose invece quegli ordini i cui nomi significano un certo universale governamento ovvero ordinamento: cioè le Dominazioni, le Virtù e le Potestà. Nella terza gerarchia infine pose quegli ordini i cui nomi designano l'esecuzione dell'opera: cioè i Principati, gli Arcangeli e gli Angeli.»

(ci ho messo venti secoli per scriverlo :) )

Secondo ulteriori concezioni astrologiche ed esoteriche, risalenti a remote dottrine iniziatiche e riprese anche da Dante Alighieri nella sua Divina Commedia, ogni gerarchia angelica dominava su una delle nove sfere celesti ruotanti al di sopra della Terra, da intendere come le orbite planetarie di luoghi celesti di cui i diversi pianeti non sarebbero che una manifestazione riduttiva a livello fisico. È questa una delle rappresentazioni più recenti dell'angelologia sviluppatasi a partire dalla scuola antroposofica creata dall'esoterista Rudolf Steiner.


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