Incubi

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"Sherlock?" John non capiva perché Sherlock avesse mentito riguardo alla signora Hudson. Si stava avvicinando velocemente al Bart's, aveva una brutta, bruttissima sensazione.
"Fermati esattamente dove sei" ordinò Sherlock, dall'altra parte del telefono. John non aveva affatto intenzione di starlo a sentire.
"No, dove sei?" Chiese infatti continuando ad avanzare.
"Ti prego" supplicò. Non lo faceva mai, Sherlock non diceva mai ti prego o grazie, qualcosa non andava.
"Okay, va bene" cedette John fermandosi.
"Alza gli occhi, sono sul tetto" John alzò la testa e lo vide, vide il suo migliore amico sul cornicione del tetto dell'ospedale.
"Che ci fai lì?! Scendi" Ordinò cercando di mantenere la voce ferma mentre la mano che stringeva ossessivamente il cellulare tremava.
"Io non potrò scendere quindi procederemo in questo modo" disse Sherlock mentre guardava in basso verso John.
"Che cosa succede?" Chiese il biondo. C'era unica risposta per quella situazione ma John non la poteva accettare, non era così, non poteva essere, Sherlock non si stava per buttare.
"Ti devo delle scuse. È tutto vero, ho inventato io Moriarty." Disse il consulente investigativo, la voce incrinata e gli occhi che gli pizzicavano.
"Cosa? P-perchè stai dicendo queste cose?" John non capiva, perchè tutta questa messinscena? Sherlock non aveva inventato proprio un bel niente e anche lui lo sapeva. Perchè lo stava facendo?
"Sono un impostore" ammise Sherlock, la sua voce tremava leggermente. Faceva male.
"Sherlock-" John cercò di protestare, voleva solo che il suo amico scendesse da quel maledetto tetto.
"I giornali hanno sempre avuto ragione" continuò Sherlock interrompendo John "Voglio che tu lo dica a Lestrade, voglio che tu lo dica alla signora Hudson e a Molly. Anzi, dillo a chiunque voglia ascoltarti. Dì loro che ho creato io Moriarty, per scopi personali." John guardò Sherlock perplesso. Non era affatto vero, e lui non avrebbe detto un bel niente a nessuno. Chiuse una mano a pugno prima di riaprirla velocemente e strinse la mascella, cercando di resistere alla tentazione di scoppiare a piangere.
"Okay, zitto Sherlock, sta zitto. La prima volta che ci siamo visti... la prima volta che ci siamo visti sapevi tutto su mia sorella, giusto?" La voce di John era dura e determinata, avrebbe fatto scendere Sherlock da quel tetto.
"Nessuno potrebbe essere tanto intelligente" Sherlock sospirò mentre una lacrima scendeva dal suo occhio destro e gli rigava la guancia.
"Tu si" disse John fermamente. Dall'altra parte del cellulare si sentì una debole risata.
"Ho fatto delle ricerche su di te, prima che ci incontrassimo ho scoperto tutto il possibile per fare colpo su di te" disse Sherlock mentre il debole sorriso che aveva sulle labbra scomparve.
"Era un trucco, un semplice trucco di magia"
John lo guardò dal basso. Quello scemo doveva assolutamente scendere da quel cornicione o lo avrebbe fatto scendere lui.
"No okay, ora basta" disse facendo un passo avanti per riprendere a camminare verso l'ospedale.
"No. Resta esattamente dove sei, non ti muovere" ordinò Sherlock, e per quanto la sua voce prima tremasse, adesso era ferma e determinata.
"Okay, d'accordo" disse John rassegnandosi e rimanendo fermo.
"Mantieni gli occhi fissi su di me" Come se potessi distoglierli, pensò John mentre guardava in alto.
"Puoi farlo per me? Ti prego" la voce di Sherlock aveva ripreso a tremare.
"Fare cosa?" John era perplesso, cosa stava succedendo, perché Sherlock era lassù?
"Questa chiamata è il mio biglietto, è così che fanno le persone, no? Lasciano un biglietto." Continuò a parlare Sherlock mentre guardava di sotto.
"Lasciano un biglietto quando?" Chiese, ancora più perplesso. Sherlock non rispose, si limitò a sporsi ancora più avanti, verso il vuoto. La realizzazione di quello che Sherlock stava per fare colpì in pieno John.
"Sherlock?" Lo chiamò, sperando che non stesse per fare quello che aveva pensato che stesse per fare.
"Addio John" si limitò a rispondere il moro mentre spostava il peso i avanti e cadeva dal tetto del Bart's.
John era immobile. Non sentì nemmeno che urlava il nome del consulente investigativo, mentre correva, correva per andare dal suo migliore amico. Sherlock era morto e John insieme a lui.
John aprì gli occhi di scatto. Era madido di sudore e non riusciva a respirare. Si alzò dal letto e aprì una finestra per poi mettere la testa fuori, al freddo. Gli incubi erano peggiorati dopo il matrimonio. Piano piano ricominciò a respirare regolarmente e girò la testa per osservare l'orologio sul comodino. Erano le 4 del mattino. Mary dormiva beata nel loro letto. John si guardò la mano. Ad un dito spiccava luccicante una fascetta d'oro. Alla fine il matrimonio non aveva cambiato niente. Non si sentiva meglio o peggio di prima, neanche più felice. Sherlock aveva ragione. Il matrimonio non serviva a niente. Sospirando si rimise seduto sul letto. Aveva fatto la scelta giusta? No. Come al solito John aveva sbagliato tutto. Non voleva stare con Mary, ma con un altra persona. Allora perchè, perchè si ostinava a ripetere che doveva avere una vita normale quando tutto quello che voleva era un uomo fuori dall'ordinario? Il perchè non importava, non importava quello che aveva fatto in passato e gli sbagli che aveva commesso, quello che doveva fare era andare da Sherlock e dirgli quello che provava, al diavolo Mary. Con questa nuova determinazione John si rimise a letto e chiuse gli occhi. In qualche minuto si era già addormentato, ma il suo sonno non era tormentato dagli incubi, sognava Baker Street e l'uomo che ci abitava dentro.

Le emozioni sono complicate Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora