8.10 «C, M la sveglia è suonata, muovetevi!» sbraitò scuotendo il letto per farle svegliare.
«Si, sono sveglia» risponde Chloe sbadigliando.
«Dai, alzatevi, io vado a preparare la colazione».
Sono sveglia da un po', ancora ho il ritmo scolastico, già mi sono vestita, lavata e truccata, si, avete sentito bene, Dafne che si trucca, evento più unico che raro, ma oggi è una giornata importante.
«Grazie» bisbigliano assonnate le altre due mentre, con gli occhi ancora chiusi, bevono il caffè che ho preparato. Siamo tutte pronte: io indosso uno shorts di jeans e una maglia molto semplice, i capelli raccolti in una coda alta per evitare che mi dessero fastidio, un po' di mascara ed illuminante, ovviamente, l'immancabile profumo. Mia, invece, un pantalone a palazzo di jeans e una t-shirt bianca, completamente anonima, i capelli sciolti e un filo di trucco. Chloe, un paio di jeans bianchi e una camicetta celeste, anche lei, capelli sciolti e mascara. Il clacson dell'auto, che ci avrebbe accompagnate all'IPM, risuona indicando che è ora di partire. Scendiamo rapidamente, saliamo in macchina e andiamo.
«Chef ansia» confessa Mia, «mamma mia, ma lo stiamo facendo veramente?» prosegue Chloe, «eh già, non sembra vero!» concludo io.
«Arrivati, buona giornata ragazze, ci vediamo più tardi» ci saluta l'autista. Scendiamo e ci fermiamo impalate davanti il portone d'ingresso. Guardiamo l'enorme struttura che ci sta per accogliere, siamo pronte.
«Ah no! Non ce la faccio, torno indietro» dice Chloe, come suo solito, presa dall'ansia. La prendo per la mano, cercando di farla stare calma, le provavo di ogni per farla tranquillizzare, non è un'impresa facile.
Suoniamo il campanello.
«Chi è?» domanda una voce maschile, «le ragazze del progetto formativo» comunichiamo, il portone si apre e, con lui, le sbarre. Una guardia, sulla trentina di anni, con la barba, gli occhi azzurri, ci accoglie e ci conduce all'interno portandoci dalla direttrice. Con lei abbiamo parlato di tutte le faccende organizzative, ci ha spiegato come funziona qua e cosa avremmo dovuto fare, sembra una cosa, decisamente, più grande di noi, mi chiedo se siamo realmente pronte.
«È veramente gentile, ci ha trattate come sue figlie, menomale che siamo capitate con lei» osserva Chloe.
«Bene, ci siamo, stiamo per conoscere i ragazzi, aiuto» balbetta Mia. Panico. Che avremmo dovuto fare? Non c'è tempo per pensarci, eccoli. Entrano tutti in due file, separati maschi e femmine, disposti ordinatamente, tutti piccoli soldatini. Alcuni con gli occhi colmi di paura, altri con la rabbia dentro, altri a ancora pieni di sicurezza e, alcuni, amorfi. Si schierano di fronte a noi con facce interrogative. Le ragazze sono incuriosite, sorridenti, sembrano felici della nostra presenza. I ragazzi ci squadrano dalla testa ai piedi, come se non avessero mai visto delle femmine.
«Perché ci guardano così?» bisbiglia Mia, «bella domanda, mettono quasi paura» le risponde Chloe.
«Bene» comincio, tra noi io sono la più espansiva, quella che si fa meno problemi a parlare, se non avessi preso in mano la situazione non saremmo andati da nessuna parte. Poi, questo mondo mi incuriosisce, ho tanto da scoprire e, di certo, non mi sarei fatta prendere dall'ansia.
«Noi siamo Dafne, Chloe e Mia» proseguo indicando le mie amiche.
«faremo un progetto con voi. Consiste in un laboratorio di teatro, vi seguiranno Mia e Chloe, ed a fine percorso dovremmo mettere in scena uno spettacolo» termino. Le facce dei ragazzi sono sempre più perplesse, le ragazze sembrano entusiaste di questa iniziativa e, probabilmente, anche di interagire con i ragazzi che, al contrario, sono sempre più disinteressati. Non sarà facile.
«Io affiancheró le altre durante il corso di teatro» riprendo la parola, di fatto, io sono qui per valutare il comportamento dei ragazzi, imparare nuove nozioni al livello giudiziario, in sintesi? Metto le basi per diventare un magistrato, vivendo in una realtà che non è la mia.
«Possiamo cominciare» concludo.
Le altre si sono sciolte, la tensione iniziale è svanita. L'ansia c'è, c'è sempre, ma molto meno.
Tra le ragazze si sentono commenti e risatine varie, i ragazzi, invece, sempre più assenti.
«We, jamme ja» grida una ragazza dai capelli lunghi con un'energia che trapela e invade tutti. Cosa abbia detto? Ah non ne ho idea.
«È come dire "andiamo dai"» precisa Chloe, «sono felici quindi?» chiede Mia, «a quanto pare...» le risponde Chloe.
«Guardate gli altri, non li vedo molto coinvolti» commento indicando i ragazzi che, nel frattempo, si sono sparsi e hanno cominciato a parlare tra di loro. Tutti tranne uno: alto, molto più di Chloe, e ce ne vuole considerando che lei è veramente alta, riccio con i capelli castano scuro, quasi neri e gli occhi marroni che sembrano spaesati, non pare di certo un criminale, piuttosto uno che è finito qui per via di una cazzata che gli è costata tanto. Sorride, un bel sorriso,cavolo, un bellissimo sorriso: risplende, gli illumina il viso, sembra prenderti e portarti nel suo mondo. I suoi occhi lasciano trapelare ogni singolo aspetto di lui, quasi come se lo si conoscesse da una vita. Emana dolcezza, premura, un po' di paura ed anche un pizzico di ingenuità. Tutto l'opposto degli altri ragazzi.
«Ti fissa» sussurra Mia a Chloe, «eh, carino il ragazzo, però figuratevi se guarda me! Dai, continuiamo a lavorare» afferma con un leggero sorriso disinvolta.
Ci mettiamo all'opera. Come prima cosa dobbiamo trovare una trama per lo spettacolo e scrivere il copione. Non sappiamo cosa fare, però, sicuro, sarebbe dovuto essere un capolavoro perché, alla fine del progetto, chi di noi avrebbe svolto il lavoro migliore avrebbe ottenuto dei crediti a scuola.
Pian pian si avvicinano sempre più persone: quel ragazzo, che continua a fissare Chloe, si unisce, insieme al suo amico, alle ragazze, persino gli altri ragazzi si avvicinano interessati, solo un gruppetto rimane in disparte.
«Uguagliú, al lavuru!» ordina il comandante, evidentemente sa il fatto suo e sa come prendere i ragazzi che, ora, sono, ufficialmente, tutti.
«Vado a prendere io i fogli» mi affretto a dire alle altre che, intanto, continuano a lavorare. Tutto sta andando bene, questo progetto sembra davvero bellissimo e quasi la totalità delle persone, più o meno, partecipano attivamente. Che meraviglia!
«Eccoli» dico mentre porgo i fogli, «c'è ne hai messo di tempo» si lamenta Chloe, «esagerata, non ti va bene nulla» rido dandole una piccola spinta amichevolmente.
Proseguiamo con la ricerca delle idee, ne stanno uscendo fuori di meravigliose ed interessanti. Mia e Chloe sono sempre più a loro agio, io mi occupo di aiutare e, nel frattempo, cerco di farmi un'idea sui ragazzi.
«Perché quello sta così sulle sue?» domando alle altre indicando un ragazzo più in disparte rispetto ai compagni. Ha i capelli neri, più neri della pece, tirati tutti da un'abbondante dose di gel, gli occhi sono ancora più scuri, inermi, costantemente arrabbiati, sembrano non far trapelare nulla. Quello sguardo ermetico, gelido, freddo che, a molti potrebbe incutere timore ma, a me, sembra profondo, pieno di emozioni, con mille storie da raccontare, non a tutti, ma solo a chi vuole veramente saperle. Ha l'aria di chi ha mille turbamenti dentro ma che cela al mondo perché possono farlo apparire vulnerabile. Sogna il potere, ha negli occhi quella scintilla che denota il desiderio di non deludere qualcuno che, per lui, è un esempio di vita, ha la voglia di diventare lui quell'esempio per gli altri. In quello sguardo, se lo incroci, ti ci perdi, ti rapisce, ti porta con sé, ti fa sentire protetta contro tutti e contro tutto, solo se lui lo vuole, si nota, basta guardarlo con gli occhi giusti. E poi, quel sorriso, raro a vedersi ma che se lo si vede illumina più del sole, lo fa risplendere, ti fa risplendere, ti gioisce il cuore. Ha un fisico abbastanza definito, che lo fa apparire ancora più duro. È uno di quelli che ha il suo charme, ha quel fascino a cui nessuno potrebbe resistere, uno di quelli che ha tutte ai suoi piedi, ma che pensa solo al potere.
Incrocio il suo sguardo, mi guarda dalla testa ai piedi e inarca leggermente i lati delle labbra, quasi in un sorriso, non definibile tale. I suoi occhi freddi, senza emozioni, eppure, in quei dieci secondi ci ho visto un mondo. Mi giro di nuovo verso le ragazze in attesa di una risposta.
«È un caso perso. Non si metterà di certo a fare questi lavori, lui qui dentro è il "boss", e l'altro è il suo braccio destro» dice guardando un ragazzo che sta parlando con Mia. Anche lui, classico stile napoletano: capelli all'indietro, occhi azzurri, né alto né basso, pare il ragazzo perfetto. Dai capelli castano chiaro che, seppur tiene tirato indietro, sono indomabili, qualche ciuffo, infatti, gli cade delicatamente sul viso coprendo, di tanto in tanto, gli occhi. Quegli occhi blu, si, come il mare, che a guardarli ci si casca dentro. Il suo sguardo lascia capire il desiderio di essere qualcuno, la sua tenacia, il suo coraggio, ma anche la sua dolcezza, la sua ineffabilità ogni volta che guarda Mia, come se non fosse più in grado di ragionare. Come l'amico: se ti passa a fianco lo noti, eccome se lo noti, ha il fascino da "cattivo ragazzo", uno di quelli, però, che gli importa delle ragazze, quello che le ha tutte per lui ma che cerca, l'unica, che non gli sbava dietro.
Stanno sempre vicini, lui le guarda ogni centimetro del suo corpo. I suoi occhi brillano, le sue labbra accennano un sorriso, quasi imbambolato. Mia non gli presta troppa attenzione: lei ha un ragazzo e, è completamente presa di lui, non smette mai di parlarne. Siamo qui da due giorni e si sono detti più volte "mi manchi" di quanto fosse possibile.
Tenta, in ogni modo, di distogliersi dal suo sguardo, eppure, quel ragazzo non molla. Sembra perso.
«Che guardi così interessata?» mormora Chloe ridendo, «non ti piacerà mica» ironizza, «scema! guarda, non le leva gli occhi di dosso, sembra incantato» spiego rivolgendo lo sguardo su quei due.
«Ma chi? Edoardo?» domanda perplessa, «torna con i piedi per terra, è fidanzato» mi riprende nel mentre che torna a scrivere, «sarà...» borbotto.
«Ma poi, come fai a sapere tutte queste cose?» la interrogo, «me lo hanno detto le ragazze» replica, «e di quel ragazzo, che ti hanno detto?» continuo girandomi verso il riccio che prima la fissava, «nulla, è da poco qui, si chiama Filippo ma lo chiamano tutti chiattil, a quanto pare è di Milano» spiega.
«C, vieni, mi servi» urla Mia, «ecco».
«Dafne, così va bene?» chiede una ragazza dalla voce squillante e solare, «è un'idea fantastica, aspetta, vado a prendere altra carta, così la scrivi bene».
«We piccerè» sussulto, sono talmente immersa nei miei pensieri che mi avrebbe spaventato anche una mosca. Mi giro. Ah, è quel ragazzo, l'amico di Edoardo.
«Piccerè, pecche guardi tanto?»
«Eh?», figuriamoci se lo capisco, per me parlare arabo e napoletano è la stessa cosa.
«Perché mi guardi tanto?» ripete in una lingua che riesco a capire, «Ciro» continua prima che potessi dargli una risposta.
«Dafne» replico guardandolo negli occhi.
«Piccerè, te si incantata?» sorride, un sorriso vero stavolta. Lo sto guardando troppo? Oddio, non me ne sono resa conto, però, a quanto pare, lui si.
«Figurati! Piuttosto, perché non aiuti gli altri?» contesto intanto che me ne vado per evitare di continuare la conversazione.
«D, dov'eri finita?» chiede Mia venendomi incontro, «stiamo facendo un bel lavoro, hanno tirato fuori un sacco di idee» vado avanti, «si, e partecipano tutti, incredibile» aggiunge, «tutti tranne uno» correggo, «no no, tutti tutti, guarda» replica e accenna alla sua sinistra mostrandomi Edoardo e Ciro che si danno da fare. Mi ha dato ascolto? Nah, impossibile.
«Che hai?» si rende conto che sto pensando a qualcosa, «nulla, sono stanca, te invece, Edoardo sembra preso...» cambio discorso, «figurati, questo l'amore non lo conosce, pensa solo ad una cosa e, poi, ha la ragazza» contesta, «ma dite tutte così? Non è possibile» sorrido, «però è un bel ragazzo, questo lo ammetto» si lascia scappare. Le do una spinta sulla spalla e ci mettiamo a ridere. Nello stesso tempo davanti a noi quei due mormorano chissà cosa, Edoardo lancia qualche occhiata a Mia e Ciro gli sorride. Certo che insieme sono proprio carini, hanno un rapporto fantastico, si vede da lontano.
«Per oggi abbiamo finito, tutti in mensa, svelti» comandano i sorveglianti conducendo i ragazzi a pranzo.
Il ragazzo, quello che tutti chiamano "chiattil", passa a fianco a Chloe, la guarda, le studia ogni millimetro del corpo, il suo sguardo, dolce, premuroso, quasi impaurito, si posa sui suoi occhi, le accenna un sorriso, abbassa la testa e va avanti.
«Hai fatto colpo» la prende in giro Mia. Sorridiamo. Ecco quei due: la coppia che scoppia. Edoardo passa: testa alta, gli occhi che gli brillano, privi di paura, l'opposto di chiattil, sfiora il braccio di Mia, la mangia con lo sguardo, si porta una mano sul ciuffo e se lo sistema, si avvicina all'orecchio e si sente che le sussurra: "a domani principessa". E dietro a lui l'amico che continua a camminare dritto per la sua strada.
«Se non sono innamorati quei due di voi...» commento, «viaggi troppo te» contesta Chloe, «però sono carini. Ma non è come pensi te, fidati» conclude. Ma è tanto strano piacere a qualcuno? Boh, va beh, magari hanno ragione.
«Ragazze oggi è stata veramente stupendo, non ho mai visto i ragazzi così interessati, state facendo un bel lavoro, sono fiduciosa che sarà una bellissima esperienza per tutti» si complimenta la direttrice, «vi lascio sistemare, se volete rimanere fate pure, per me non ci sono problemi, potete vedere come funziona qua dentro, farvi un idea e magari ispirarvi per il progetto, siete sempre le benvenute» termina con un espressione felice ed orgogliosa, poi, torna nel suo ufficio.
«Finiamo di sistemare così andiamo a mangiare, ho fame!» dice Chloe, «che novità! Te non hai mai fame!» la prende in giro Mia.
«Apri la scatola» le chiedo nel frattempo, «ao, M, la scatola!» possibile che abbia, sempre, la testa tra le nuvole, «MIA!» urlo.
«Sh, guarda» e indica Chloe che era andata a raccogliere le ultime cose e il chiattil.
«Ti serve una mano?» le domanda lui con un tono basso, mangiandosi le parole per l'imbarazzo, «no tranquillo, ho quasi fatto» risponde Chloe ancora più in imbarazzo.
«Comunque io sono Filippo, piacere»
«Chloe»
Si fissano negli occhi per qualche secondo stringendosi la mano, sembrano incantati. Il suo sguardo è sempre più dolce, quello di Chloe, invece, è un mix di sensazioni: vergogna, dolcezza, paura...
Il ragazzo scuote lievemente la testa, sembra essere tornato sul pianeta terra. Si gira.
«Ma come, già se ne va?» sussurra Mia, «no, aspetta, guarda là» la rassicuro facendole notare che la sta aiutando a sistemare.
«Vieni» le ordina.
«Dove andiamo?» chiede incuriosita e titubante Chloe, «fidati, non ti uccido mica» sorride.
«Ma dove vanno?» mugugno a Mia, «non lo so, però adesso lo vediamo» risponde, «ma che fai?» le dico stupita, «li seguo, anzi, li seguiamo». Mi sembra ovvio, stupida io che non ci ho pensato. Le vengono certe idee, mi chiedo come sia possibile esserle amica: o si è pazzi o si è fuori di testa.
«Smettila di lamentarti, guarda» mi rimprovera.
«Ti faccio sentire una cosa» le mormora.
Inizia a toccare delicatamente il pianoforte: sue dita scorrono veloce su quei tasti neri e bianco. Ora lente, di nuovo velocissime, poi ancora lente. Tocca quei tasti con una delicatezza innata, una naturalezza inspiegabile. Alza la testa, guarda Chloe e continua a suonare, fa scivolare le sue dita sul pianoforte cercando di staccarsi dagli occhi di lei. Chloe lo guarda, si siede accanto a lui, vede le sue mani sfrecciare, rallentare, intrecciarsi su quello strumento. Prova una tranquillità, una sensazione indescrivibile. Sembrano immersi nella musica, come se ci fossero solo loro. Mantengono il contatto visivo, stavolta, però, sono entrambi più sicuri, più rilassati, come se si conoscessero da una vita. «Vorrei tanto saper suonare così!» sibila Chloe.
«Ti insegno io, lasciati andare e fidati di me...» ribatte lui più sicuro, la musica è la sua casa, li si sente forte, da di esserlo. Cercando di nascondere un sorriso posa delicatamente le mani sopra quelle di Chloe e iniziano a suonare.
Non riescono a non sorridere e lui non smette di guardarla con quel fottuto sguardo, con cui, ogni ragazza, avrebbe desiderato essere ammirata. Magico.
«Dai, andiamo» sussurro all'orecchio di Mia per non farmi sentire e, con estremo silenzio li lasciamo soli.
«Sono proprio belli, sembrano fatti per stare insieme» commenta Mia, «vorrei anche io un ragazzo che mi guarda così» prosegue, quasi scoraggiata.
«Ma come, sei fidanzata» la prendo in giro, «si, ma non mi guarda come lui guarda C». Effettivamente non ho mai visto nessuno guardarsi così, soprattutto, quando si conoscono da nemmeno cinque ore e, di certo, il suo ragazzo non l'aveva mai guardata in quel modo.
«Un ragazzo che ti guarda però c'è l'hai, e come ti guarda...» le faccio notare.
«Chi, Edoardo? Per favore, lui l'amore non sa dove sta di casa» replica subito cercando di smontarmi. Tenta di convincere me o lei?
«Io sono sicura che lui sa perfettamente cosa sia l'amore, dagli fiducia» contesto e me ne torno a sistemare le cose.
«We piccerè, ancora non mi hai risposto alla domanda di prima» tipica sfacciataggine, non poteva che non essere Ciro.
«Che domanda?» mi fingo indifferente, anche se, so perfettamente a che domanda si riferisce.
«Cummè, già te si scurdata piccerè? Pecche guardi tanto, piccerè ti piaccio?» ironizza sorridendo, «te piacesse» ribatto con l'unica parola che ho imparato in due giorni qua a Napoli.
«Impari in fretta piccerè» replica, «visto, ti stupisco» lo stuzzico mentre mi allontano.
«Allora, abbiamo fatto?» chiede Chloe, «la domanda è se te hai finito con chiattil» ridiamo, «siete sceme, dai andiamo, voglio mangiare»
«Ciao comandante» salutiamo all'unisono, «a domani uaglione» dice a sua volta sorridendo.
«Allora? Non hai nulla da dirci?» interroghiamo, sappiamo cosa fosse successo ma vogliamo sentirlo da lei.
«Ma vi prego, lo so che ci avete seguiti», questo non ce lo aspettavamo, o ci avevano viste o siamo troppo prevedibili.
«Ci avete visti?» si allarma Mia, «no, però vi conosco». Ridacchiamo.
«Nel frattempo ho trovato un ristorante sul mare, vicino casa, possiamo pranzare li» propongo, «umh, se ordinassimo da asporto e mangiassimo a casa, così ci riposiamo e stasera usciamo?», controproposta di Chloe, un classico. Ma possibile che io abbia delle amiche così pigre?
«D'accordo» rispondo sconsolata.
La pizza un'altra volta non l'avremmo mangiata, direi proprio di no, «che ordiniamo?» chiedo, «MC?» suggerisce Chloe, «si!» concorda Mia. Andata per il mc. Non solo pigre, non sono nemmeno salutari, di questo passo torniamo ingrassate di tre chili.
«Vado a dormire, sono esausta, mi riposo così stasera usciamo» dice Mia, «ti raggiungo» segue Chloe. Non è possibile, ma come fanno? Anzi, come faccio io a stare con loro? Va beh, vado a farmi una corsetta. No aspettate, l'ho detto veramente? Io che corro? Bah, però, il lungomare è splendido, Napoli è meravigliosa, con tutto quello che ci stiamo mangiando, direi che si può fare, almeno passo anche il tempo.
Metto la felpa, lego i capelli in una coda alta, allaccio le scarpe, cuffiette, musica e via.
La città gremita di gente, sembra che metà della popolazione mondiale sia li. C'è vita. Davanti a me due ragazzi, probabilmente fidanzati, si prendono in giro con una dolcezza meravigliosa. Magari io avere un fidanzato! Distolgo lo sguardo, wow, ma è stasera! Alla mia destra c'è un ragazzo che distribuisce volantini, riguarda un locale che dovrebbe fare una festa, fantastico! Continuo la mia corsa, strano ma non ero ancora stanca, mi era mancato allenarmi! Torno a casa, mi lavo e mi butto sul divano con il telefono aspettando che le altre si svegliano per dirgli di sta sera.
«Finalmente» esulto nel vederle in piedi, «preparatevi, sono già le 20, stasera andiamo ad una festa» comando senza farle parlare.
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FanfictionQuattro amiche, ignare che quella sarebbe stata l'estate più inaspettata, avventurosa e più bella della loro vita. (fan fiction - mare fuori)